La Fiamma guarda ad An, tra realismo e dubbi

Pubblicato il 20 Novembre 2013 alle 12:47 Autore: Gabriele Maestri
romagnoli Fiamma guarda ad An

Chi pratica la politica da tempo sa che, in quell’ambito, è rarissimo che due più due faccia quattro: quasi sempre la somma dei voti di più partiti che si uniscono per partecipare alle elezioni va arrotondata per difetto. Se però la somma supera comunque gli sbarramenti imposti dalle leggi elettorali che singolarmente non sono raggiungibili, il risultato può andare. Si spiegano così gli sforzi dell’ala destra della politica italiana, dall’Officina Italia promossa da Fratelli d’Italia al Movimento per l’Alleanza nazionale che riavvicina varie realtà che facevano riferimento ad An.

E se il promotore più convinto della “rinascita” di An resta Francesco Storace con la Destra, è interessante vedere il comportamento del Movimento sociale Fiamma tricolore. I motivi ci sono tutti: degli otto soggetti che hanno costituito la federazione, la Fiamma è l’unico che con An non ha mai avuto nulla a che fare (essendo nato proprio in reazione alla trasformazione del Msi) ma, per lo stesso motivo, ha la storia politica più lunga rispetto agli altri. Anche per questo, è il gruppo che ha sperimentato più a lungo le difficoltà di agire politicamente “con numeri piccoli” e, dunque, può essere motivato a guardare pagina.

romagnoli Fiamma guarda ad An

Come stanno reagendo gli iscritti alla Fiamma al progetto An? “Mi sembra che il vertice accolga l’idea in un modo e la base in un altro. Da quello che avverto attraverso la Rete, mi pare che la base sia più concreta e badi ai risultati che possono venire da quell’operazione” spiega il segretario del partito, Luca Romagnoli. Qualche dubbio, dunque, ci sarebbe, più tra i dirigenti che tra i militanti: “Le perplessità riguardano soprattutto il nome della federazione e l’uso del simbolo, molti non ne sono convinti, anche se credo che per loro conti più il fatto sentimentale di quello oggettivo di ridare un corpo tangibile alla destra”.

Su questo punto Romagnoli insiste molto, anche se comprende e rispetta le resistenze di chi nel 1995 non aveva scelto la via di An (“Capisco che il progetto non trovi simpatie, anch’io ho perplessità, ma non baserei mai la scelta solo su questo”). Per il segretario le valutazioni di realtà e opportunità devono essere considerate: “La politica si fa con i ‘perché’, non c’è dubbio, ma anche con i ‘come’ e qui la questione è importante”.

Nei prossimi giorni la Fiamma terrà il suo comitato centrale, per ratificare la scelta di Romagnoli di partecipare alla federazione del Movimento per An: lì potrebbe arrivare un assenso, ma non è scontato. “Se l’organo non dovesse ratificare la decisione – spiega – credo che si dovrebbe convocare un congresso straordinario, sarebbe la cosa più giusta”. Si andrebbe così a una conta, in cui avrebbe voce anche quella parte della base che vede con favore il percorso intrapreso: “Ricevo segni di apprezzamento anche da persone che mi dicono che finora non ci avevano votati perché avevano paura di disperdere il loro voto, mentre attraverso An potrebbero sceglierci”.

alleanza nazionale storace Fiamma guarda ad An

Che succederebbe, però, se l’assise dicesse no alla federazione, preferendo a questo punto una via solitaria? “Non so quanti la seguirebbero – ammette Romagnoli -. Io personalmente non credo che rimarrei in un contesto che parte da valutazioni che non tengono conto della realtà e dell’opportunità, degli sbarramenti sempre più alti dei sistemi elettorali, dei problemi dei finanziamenti e di altri punti incontestabili. Si fa un partito perché nelle istituzioni ci sia chi ti rappresenta, ma mi pare difficile continuare a partecipare in queste condizioni e la situazione non sembra migliorare: per continuare così ci vorrebbero mezzi che nessuno di noi ha”.

La questione non è solo pratica: ci sono anche ragioni politiche: “Non si cercano alleati solo per superare gli sbarramenti, ma anche perché qualcosa in comune si troverà pure, almeno come “minori distanze”. Se non si trovano con nessuno, si resta isolati, ma la politica non è fatta per stare isolati: è fatta per confrontarsi, altrimenti per cos’altro la si fa?” E se qualcuno ha difficoltà ad accettare un percorso comune con chi negli anni ha seguito Fini, Romagnoli invita a guardare oltre: “Ci sono persone che, anche se non hanno fatto le nostre scelte in passato, sono inappuntabili o dignitosissime: possiamo contestare una scelta diversa da allora, ma sono anche passati vent’anni”. Qualcuno nella Fiamma guarda ad An con sospetto, per qualcun altro è una risorsa: presto si capirà meglio.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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