I poteri del Presidente degli Stati Uniti

Pubblicato il 2 Novembre 2020 alle 13:38 Autore: Riccardo Izzo

In molti si sono posti questo quesito per capire di quali diritti e doveri disponga il leader del prima potenza mondiale. Nonostante gli USA siano una repubblica (federale) presidenziale, questo non significa che i poteri del Presidente siano illimitati.

Poteri esecutivi

Partiamo dalla tipica funziona attribuita al vertice di un esecutivo nazionale. È la stessa Costituzione a stelle e strisce che sancisce all’articolo 2

Del potere esecutivo sarà investito un Presidente degli Stati Uniti d’America. Egli curerà che le leggi siano fedelmente eseguite e darà ordini a tutti i funzionari degli Stati Uniti.

L’inquilino della Casa Bianca è pertanto posto a capo dell’apparato amministrativo a livello federale.

In questa funzione non è però solo: è difatti coadiuvato dal Gabinetto, composto dai Segretari (l’equivalente dei ministri) posti a capo dei vari rami dell’amministrazione (chiamati “Dipartimenti”), e dall’Ufficio Esecutivo, un organo consultivo composto dal Vicepresidente, consiglieri e alti funzionari e guidati dal Capo di Gabinetto, una figura nominata direttamente dal Presidente, a lui fedelissimo e che dirige l’intero personale al suo servizio.

Le persone preposte all’amministrazione dei Dipartimenti, al pari di qualsiasi funzionario di livello federale, non entrano però pienamente nell’esercizio delle loro funzioni senza l’approvazione del Senato (ricordiamo, composto da 2 Senatori per ciascun Stato) che fornisce il c.d. “advice and consent”.

L’atto per eccellenza del quale dispone il Presidente come capo dell’amministrazione federale è l’ordine esecutivo, una disposizione vincolante per indirizzare le politiche delle Agenzie governative.

Il primo della storia fu emanato da George Washington nel 1789, dove ordinò ai segretari dei dipartimenti di “impressionarlo con una chiara, completa e precisa panoramica degli affari degli Stati Uniti”. Ha forza di legge quando il Congresso delega al Presidente parte dei suoi poteri e sono impugnabili per violazione della Costituzione.

In politica estera gioca un ruolo fondamentale: non solo nomina gli ambasciatori ma può proporre e presiedere i negoziati con altri paesi. Gli accordi con quest’ultimi devono tuttavia ricevere l’assenso del Senato a maggioranza dei 2/3.

Il ruolo nella funzione legislativa

Il Presidente non può essere contemporaneamente membro del Congresso, da qui la conseguenza che non può proporre direttamente un disegno di legge (salva la annuale proposta di bilancio federale). Può avvalersi però di parlamentari a lui favorevoli per una presentazione indiretta; non è raro dunque vedere un Presidente redigere un disegno di legge e chiedere la disponibilità ai membri del Congresso per la sua presentazione.

Il potere più famoso nell’ambito in questione è senza dubbio quello di veto (il primo citato in Costituzione): il Presidente promulga le leggi entro 10 giorni dall’approvazione del Congresso oppure appone il suo “niet”.

In quest’ultimo caso, se il disegno di legge (bill) è riapprovato dal Congresso a maggioranza dei 2/3 (override), il Presidente è obbligato a firmare la legge.

Può anche non compiere alcun atto, ovvero non firmare ma nemmeno opporre il suo veto. In questo caso, gioca un ruolo fondamentale lo status del Congresso:

  • Se il Congresso è in sessione, il “bill” diventa norma a tutti gli effetti
  • Se i lavori del Congresso sono “rinviati” (adjourned), la restituzione del disegno di legge al ramo del Congresso proponente è impossibile dunque la norma non entra in vigore e de facto viene esercitato un veto (chiamato “pocket veto”) senza l’innalzamento della soglia di approvazione ai 2/3

Poteri giudiziari

Tipico potere di un Capo di Stato, attribuito anche a quello degli Stati Uniti, è quello di grazia.

Il Presidente può perdonare per crimini puniti da una legge federale (questo perchè la Costituzione specifica che sono graziabili i soli crimini compiuti “contro gli Stati Uniti”) con la sola esclusione dei casi di impeachment. La richiesta deve pervenire al Dipartimento di Giustizia.

Esercita di norma questo privilegio al termine del suo mandato (vedi Bill Clinton con Patty Hearst durante il suo ultimo giorno di presidenza) ma non è la regola (vedi Gerald Ford, succeduto al dimissionario Nixon a seguito dello scandalo Watergate, che graziò un mese dopo l’ingresso alla Casa Bianca). È controverso se il Presidente possa graziare se stesso.

Ma è mediante le nomine dei giudici federali (tra tutti i membri delle Corti di Appello e, soprattutto, gli Associate Justice della Corte Suprema) che il Presidente esercita la sua influenza sul ramo giudiziario. Tuttavia tali nomine, alla pari dei funzionari federali, devono essere approvate del Senato al fine di evitare una composizione politicamente orientata delle corti.

Commander in Chief

Il Presidente degli Stati Uniti è il Comandante in capo delle Forze Armate.

Per il tramite del Segretario della Difesa, dirige e dispone lo schieramento delle Forze Armate (si pensi che lo stesso Abraham Lincoln fu direttamente protagonista nell’elaborazione giornaliera delle strategie durante la guerra civile americana).

La Costituzione affida tuttavia la formale proclamazione della dichiarazione di guerra al Congresso, che esercita un controllo mediato anche mediante la voce in capitolo sulle autorizzazioni di spesa.

Dopo che la realtà dei fatti (si veda l’invasione di Panama del 1903, le guerre di Corea e Vietnam e i bombardamenti segreti in Cambogia) ha visto disattendere la funzione in capo al Senato, il Congresso ha approvato nel 1973 il c.d. War Powers Resolution (nonostante il veto del Presidente Nixon), che impone al Presidente di poter adoperare le Forze Armate all’estero soltanto previa dichiarazione di guerra del Congresso, “regolamentare autorizzazione” oppure in caso di “emergenza nazionale dovuta ad attacchi contro gli Stati Uniti, le sue Forze Armate, i suoi territori o possedimenti”.

Il Presidente deve notificare l’uso della forza al Congresso entro 48 ore e il dispiego delle Forze Armate in territorio straniero è proibito oltre il 60° giorno (con 30 giorni concessi per il ritiro) se nel frattempo non viene dichiarata formalmente guerra o viene garantito dal Congresso una autorizzazione all’uso della forza militare (AUMF).

In tempo di pace il Presidente ha inoltre facoltà di mantenere o ripristinare l’ordine in uno Stato federato, su richiesta del Governatore locale. Può disporre infine della federalizzazione della Guardia Nazionale locale qualora si renda necessaria la concreta e urgente attuazione di leggi federali, disattese in loco (avvenuta ad esempio durante il celebre “Stand in the Schoolhouse Door in Alabama nel 1963, dove il Governatore democratico Wallace, in attuazione della promessa “segregation now, segregation tomorrow, segregation forever”, si oppose alla porta d’entrata dell’Università dell’Alabama all’ingresso di due studenti afroamericani).