Monti, e le province?

Pubblicato il 1 Dicembre 2011 alle 09:24 Autore: Matteo Patané

Applicando le quattro semplici regole sopra esposte, è possibile in primo luogo ridurre le province italiane da 110 a 83, riportandole al valore più basso dal lontano 1926; sebbene si possa obiettare che rispetto a quel periodo la popolazione italiana è indubbiamente incrementata, è altrettanto innegabile che è aumentata la capacità e la velocità di fornire servizi, giustificando quindi il paragone.
Le regioni impattate dai cambiamenti sarebbero:

  • Abruzzo: da quattro a tre province
  • Basilicata: da due a una provincia
  • Calabria: da cinque a tre province
  • Campania: da cinque a quattro province
  • Emilia Romagna: da nove a otto province
  • Friuli Venezia Giulia: da quattro a due province
  • Lazio: da cinque a quattro province
  • Liguria: da quattro a due province
  • Lombardia: da dodici a dieci province
  • Marche: da cinque a quattro province
  • Molise: da due a una provincia
  • Piemonte: da otto a cinque province
  • Sardegna: otto a quattro province
  • Sicilia: da nove a sette province
  • Toscana: da dieci a otto province
  • Umbria: da due a una provincia

In tre casi (Basilicata, Molise e Umbria) si arriva ad avere una sola provincia, le cui funzionalità potrebbero essere assorbite dalla regione portando a 80 il numero complessivo degli enti.

Sia dal punto di vista geografico che da quello di vista politico la manovra di taglio è sufficientementebipartisan per evitare campanilismi; al contrario, è piuttosto chiaro che si tratta di una manovra in grado di unire la Casta contro di essa. Ma proprio per questa ragione, quando ancora l’utilità di Mario Monti per i partiti è elevata e la crisi è da combattere, una simile riforma sarebbe da attuare con urgenza. Maggiori saranno i ritardi, maggiore sarà l’opposizione che i partiti sapranno mettere in campo.
Se Monti vuole dare un vero segnale di discontinuità al Paese, questo è uno dei punti principali su cui battere, forse non così rilevante dal punto di vista finanziario, ma sicuramente vincente dal punto di vista dell’opinione pubblica.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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