Nel frattempo, cambiamo la politica

Pubblicato il 8 Dicembre 2011 alle 19:37 Autore: Alessandro Siro Campi
Nel frattempo, cambiamo la politica

Pippo Civati scrive un post sul suo blog riprendendo a sua volta un articolo di Michele Salvati sul Corriere.
Sono d’accordo quasi completamente con entrambi, anche se con qualche precisazione. Michele Salvati dice che

Se tutto andrà bene, la politica, quella vera, la competizione tra i partiti, riprenderà in forza nella primavera del 2013

Non sono proprio d’accordo su questo. Il Governo Monti è la migliore soluzione possibile per l’oggi, per gestire un’emergenza che non può aspettare i tempi di un’elezione, non per gestire il lungo periodo. Il Parlamento di oggi è ancora a maggioranza PDL e Lega, è sempre il Parlamento degli Scilipoti, il Parlamento dove i presidenti delle commissioni più importanti sono stati scelti da PDL e Lega. Questo Governo è debole e la sua debolezza si vede nella manovra. L’evasione fiscale è appena intaccata con misure assolutamente insufficienti, si colpiscono gli evasori scudati in misura al limite del ridicolo (e dell’offensivo per gli onesti che hanno sempre pagato il dovuto).
Come può un Parlamento così affrontare di petto i problemi della precarietà, dell’evasione fiscale, dello stato sociale che è stato devastato da tagli ciechi, della scuola e dell’università massacrate dalla politica di Gelmini e Tremonti?
Pippo ha ragione quando dice che

Mi ha sempre colpito un paradosso: in questi anni di populismo spinto, che ha sempre cercato di blandire l’elettorato con proposte che ricalcassero perfettamente quello che i cittadini volevano sentirsi dire (la stagione di Berlusconi e Bossi, ma non solo), è aumentato l’astensionismo dichiarato e consapevole ed è cresciuto lo spread tra eletti ed elettori.

Basta scorrere ciò che la gente pubblica su facebook o ascoltare le chiacchiere da bar per vedere il disprezzo che le persone hanno per la politica. Non credo che un periodo di 18 mesi in cui la politica si ritira aiuterà a ricucire il rapporto tra le persone e la politica. Anzi, dire che un governo tecnico in cui la politica fa un passo indietro è utile per il Paese alimenta proprio l’antipolitica. La politica dovrebbe avere il coraggio di parlare dei tagli che Monti sta facendo ai costi della politica (taglio delle Giunte e dei Consigli Provinciali, maggiore rapidità nell’applicare il taglio agli stipendi dei Parlamentari, …) e dovrebbe proporne di più incisivi.
La politica non può aspettare il 2013 per riprendere a discutere e per riprendere a progettare un’Italia migliore. Ci sono troppe cose importanti che aspettano da troppo tempo. Ci sono situazioni incancrenite che portano a perdere la speranza.
Una volta una mia amica mi disse: “Se mai avrò un figlio non voglio nasca in Italia. Voglio vederlo crescere in un Paese civile dove potrà avere una vita dignitosa”.
Dovremmo iniziare subito a pensare al dopo Monti stimolati da queste parole, dovremmo trovare il modo di farle cambiare idea.
Viviamo in un Paese che ha paura del futuro, un Paese senza sogni o che non sa sognare di meglio che un tronista, un calciatore semianalfabeta o una velina. Precarietà, scuola, università e mille altre cose aspettano da 10 anni degli interventi efficaci. Interventi mai fatti perché c’erano cose più urgenti da fare (come adesso). E a furia di aspettare per molti è troppo tardi. Da docente universitario assisto ormai a un esodo, chi si laurea ha un solo desiderio: andarsene. Andarsene non per curiosità di vedere posti nuovi o provare nuove esperienze. Andarsene per avere un lavoro vero con uno stipendio e farsi una famiglia. Fare proposte concrete su questa tema ormai è più che urgente. Non c’è tempo da perdere. È doveroso farlo e sarebbe anche efficace: con una sola proposta toccheremmo un tema caro a più generazioni (i giovani interessati, i loro genitori e i loro nonni).
Dovremmo, su ogni tema, subito, da domani mattina, iniziare a preparare delle proposte capaci di toccare i cervelli e i cuori degli Italiani. Dovremmo, subito, proporle in Parlamento. E se ci accorgiamo che questo Parlamento non le realizza, affidare a Monti il compito di traghettarci alle elezioni appena possibile per iniziare appena possibile a fare ciò che attende di essere fatto da troppo tempo.
E mentre aspettiamo dobbiamo iniziare a far crescere le nostre idee, dobbiamo capire che i cervelli e i cuori vanno preparati a recepire le nostre proposte con un lungo lavoro che crei frame (per citare Lakoff) o reti neurali (per citare Western) capaci di recepire i nostri messaggi.
Oggi stiamo sprecando un’occasione cercando di costruire l’alternativa aggregando i moderati. Il concetto di moderato è il vero punto nodale della politica italiana. Ogni singola azione viene prima valutata chiedendosi “cosa penseranno i moderati?”. Non facciamo proposte estreme contro l’evasione fiscale per non spaventare i moderati. Ci siamo completamente dimenticati di chiederci “Cosa penseranno le persone oneste?”. Cosa penseranno le persone oneste se governiamo e non combattiamo l’evasione fiscale davvero?
Niente di tutto ciò, il mantra è “recuperare i moderati”. Lo vorremmo un medico moderato? “Hai la polmonite, ti do questi medicinali che non ti faranno guarire, però dovrebbe ridursi a bronchite, di quella non si muore”. Lo vorremmo un Governo moderato? Un Governo che risolve i problemi un po’?
Siamo tutti stanchi di proposte che sono finte mediazioni scritte per provare a non scontentare nessuno. Servono soluzioni vere che affrontino alla radice i problemi. Non voglio essere frainteso, la politica è mediazione e ricerca del bene comune. E il bene comune lo si cerca sedendosi tutti attorno a un tavolo e cercando insieme di conciliare i bisogni (prima) e gli interessi (dopo) di tutti. E partendo dal presupposto che è più ciò che ci unisce che ciò che ci divide. Però dev’essere una mediazione che cerca davvero il bene comune, una mediazione che guarda davvero i bisogni di tutti e dà risposte vere e efficaci. Non è una mediazione se lascia qualcuno disperato o se finge di risolvere i problemi e invece si limita a rimandare il momento in cui esploderanno. Lo so benissimo che è difficile. E che non si può avere tutto subito. Dobbiamo essere radicali negli obiettivi e realistici nei passi concreti per arrivarci. La capacità umana di immaginare il cambiamento sociale è limitata. I tentativi di immaginare un futuro migliore sono spesso semplicistici e schematici; di solito si propone l’esatto opposto dello stato presente, invece di qualcosa di semplicemente diverso. Il problema è che spesso siamo incapaci di immaginare come raggiungere grandi obiettivi attraverso i lenti e piccoli progressi conquistati a furia di compromessi e concessioni all’avversario.
A volte siamo addirittura incapaci di immaginare i grandi cambiamenti.
Non possiamo spaventarci di fronte alle sfide troppo grandi. Non possiamo avere paura di dire che vogliamo recuperare i 120 miliardi che si stima vengono evasi ogni anno. O i 60 miliardi che si stima ci costi ogni anno la corruzione e la mala gestione del settore degli appalti. Ci sembra impossibile e non realistico porci un tale obiettivo? Abbiamo l’obbligo di provarci. Certo, un po’ alla volta con misure come quelle che a suo tempo presero Ciampi, Visco o Padoa-Schioppa. E sfruttando le tecnologie informatiche e le strategie collaborative.
Le tecnologie informatiche rendono possibile oggi incrociare tutti i dati in possesso della pubblica amministrazione in modi impensabili fino a pochi anni fa. Basta volerlo e nessuno potrà più essere nullatenente e proprietario di un’auto di lusso contemporaneamente. Inoltre oggi è possibile rendere la gestione dello Stato più trasparente. Ormai si acquista online, si paragona online, si fanno molte cose online. Dovremmo trasferire i vantaggi della rivoluzione informatica al modo in cui viene governato il nostro Paese. E dovremmo coinvolgere i cittadini in questo processo. Le persone vogliono usare il loro tempo libero per migliorare la società. Pensiamo al volontariato, ai movimenti, ai partiti, pensiamo al tempo che dedicano migliaia di persone a editare gratuitamente le pagine di Wikipedia o alle inchieste fatte da cittadini su portali come Timu.
Abbiamo a disposizione tecnologie che mai abbiamo avuto, abbiamo a disposizione voglia di partecipare e di migliorare il mondo in cui viviamo.
Dobbiamo solo diventare consapevoli e usarle.
Perché le cose cambiano, semplicemente, cambiandole.

L'autore: Alessandro Siro Campi

Alessandro Siro Campi nasce nel 1975. Si laurea nel 2000 in Ingegneria Informatica e consegue il dottorato nel 2004. Dal 2005 è ricercatore presso il Politecnico di Milano dove si occupa di Web e di interrogazioni e mining dei dati. Il suo blog personale è Alesiro
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