Addio classe media, disuguaglianze come nell’800

Pubblicato il 23 Gennaio 2014 alle 19:00 Autore: Marco Caffarello

Addio classe media, disuguaglianze come nell’800

L’ultimo libro dell’attuale ministro alla cultura francese, Thomas Piketty, teorizza la fine della classe media e il ritorno alle disuguaglianze sociali come nell’800. A determinare la scomparsa della classe media è l’attuale sistema fiscale. Se si vuole invertire rotta per il ministro è ora necessario ritornare a tassare i grandi patrimoni e rendere più snella la pressione fiscale sui lavoratori.

Premiato come economista dell’anno in Francia, il giovane Thomas Piketty, appena quarantenne, attuale ministro della cultura nel governo del discusso Hollande, nel suo ultimo lavoro editoriale pubblicato per la casa editrice Seouil nel settembre 2013, dal titolo ‘Per una rivoluzione fiscale, un’imposta sul redditto per il XXI secolo”, saggio che ha ottenuto un grande successo tanto da meritare anche l’interesse delle più autorevoli riveste economiche internazionali come il Financial Times, denuncia senza troppe parole la fine ormai prossima della classe media e parallelamente la crescita delle disuguaglianze sociali.

A determinare la desertificazione della borghesia, secondo le teorie di Piketty, la sempre più ampia forbice tra il reale e più concreto reddito percepito dalle masse, il salario, e il patrimonio dei più ricchi; in pratica alla crescita della ricchezza, da intendersi anche come possesso di patrimoni, beni immobili, proprietà, oro, aziende, quotazioni di borsa, ec, è corrisposta l’esatta ed inversamente proporzionale riduzione dei salari destinati al lavoratore.

Sotto la lente d’ingrandimento del ministro, dunque, tanto la forbice tra le classi ricche e povere, quanto le cause che l’avrebbero determinata, a suo dire, derivabili dall’eccessiva pressione fiscale che progressivamente ha finito per schiacciare i salari dei lavoratori, con l’inevitabile riduzione della domanda e dei consumi ( in antitesi, dunque, con la più classica delle teorie Keynesiane), e a fronte di un sempre più ampio raggio d’azione dei più ricchi e di coloro che di fatto detengono la proprietà dei beni, sempre meno ‘storicamente’ vincolati all’inflessibilità della tassazione e della legge.  Se il trend non dovesse cambiare, spiega l’economista, a determinare quella che sarà la ricchezza delle prossime generazioni non sarà più, come noi ancora crediamo, il lavoro tout court, ma spiega Piketty, il più semplice dei retaggi del feudalesimo, l’eredità.  Come infatti nel XVIII secolo il sistema, lo status quo, sta radicalizzando il privilegio di pochi a danno di molti, favorisce, spiega Piketty, politiche regressive che tutelano la proprietà dei grandi capitali e i ‘privilegi dinastici’ di pochi, a solo danno delle masse, che anziché vedersi riconosciuto il diritto all’uguaglianza, non solo nei termini di ‘legge’, ma anche e sopratutto di beni e di avere, rappresentano la perfetta base su cui far ricadere il peso della ‘società’: in pratica negli anni il sistema anziché caricare la pressione fiscale sulla proprietà dei beni, ha preferito aggravare il peso della tassazione sui redditi del lavoratore, una ‘mossa’, ovviamente, che non può che soddisfare, e rassicurare, chi un patrimonio ce l’ha già. Solo in Francia, ad esempio, se solo fino a qualche decennio fa, sopratutto nel dopoguerra, il rapporto tra patrimonio e redditto era di 2 a 1, a partire dalla fine degli anni 70′, spiega Piketty, i due termini sono sempre più andati distanziandosi e sempre più a favore del patrimonio, fino a stabilizzarsi in quello che è oggi l’attuale rapporto, di 7 a 1, ossia come nel 800′.

E non si creda poi che questo sia un fenomeno solo francese, ma, ahimè, è una realtà ormai globale, anzi è figlia stessa della globalizzazione; tralasciando, infatti, tutti i fenomeni sociali ed economici che alla globalizzazione sono inevitabilmente legati, come ad esempio la ‘delocalizzazione’ delle imprese, il trasferimento dei grandi capitali nei cd. ‘paradisi fiscali’, e la libertà di cui godono i grandi capitalisti liberi  anche di imporre quelle che sono le regole del e nel lavoro, è interessante notare come solo qualche giorno fa anche il ‘liberale'( e non socialista) William Hutton ha denunciato sulle pagine del The Guardian la sempre più crescente disuguaglianza della società inglese, determinata a suo dire dalla recente ‘bolla immobiliare’ che ha avuto solo il merito di gonfiare la ricchezza dei landlord brittanici per un equivalente di 800 miliardi di sterline.

A determinare la scomparsa della classe media, secondo Piketty, è quindi l’attuale sistema fiscale, sostanzialmente regressivo e a danno delle sole classi meno abbienti, che paradossalmente devono anche caricarsi il maggior peso della pressione fiscale, a tutto vantaggio dunque dei più ricchi; non a caso in Francia il minor peso del fisco sul patrimonio ha concentrato( ed in soli pochi anni) il 60% della ricchezza nel 10% della popolazione (dati del 2010). Et voilà.  E in Italia il rapporto patrimonio-salario è in pratica identico a quello dei nostri cugini d’oltralpe, così come il sistema fiscale. Come in Francia, infatti, anche nel Bel Paese la ricchezza è in mano a pochi e la tassazione è in pratica a tutto vantaggio di chi un patrimonio lo può vantare; non a caso, solo per fare un esempio, l’imposta di successione per gli eredi in linea retta e coniuge è infatti nulla fino a un milione di euro. Dati recenti della Banca d’Italia dimostrano ufficialmente che la ricchezza in Italia è in pratica ‘un affare per poche famiglie’; Il 10% delle famiglie italiane infatti detiene poco meno della metà della ricchezza totale, il 47%, e il restante 53%  è suddiviso invece tra il 90% delle famiglie( nel quale dovrebbe anche risiedere la fantomatica classe media), in pratica le briciole, e come spesso avviene ‘la guerra si fa tra poveri’. Ora per Piketty se si vuole invertire la rotta, e scongiurare così un domani l’esistenza di soli pochi ricchi e soli tanti poveri, è necessario sin da ora introdurre un’imposta sul reddito unica e progressiva, ripartita equamente tra lavoro e capitale, così come una tassazione dell’eredità tra il 50 e il 60% . Bisogna riportare, secondo Piketty, il fisco a livello del singolo, tanto per la sua realtà salariale, quanto per quella patrimoniale. Stando dunque alle idee sin qui riportate, si deduce a posteriori che la recente abolizione dell’IMU in Italia da parte del governo Letta rappresenta la migliore e più realizzata delle politiche regressive, a tutto vantaggio infatti dei già ricchi e a solo danno dei sempre più poveri.