Spagna, gli indipendentisti fanno tornare i conti a Sánchez

Pubblicato il 29 Novembre 2020 alle 13:02 Autore: Dario Trimarchi

Dopo mesi di incertezze, sembra essersi delineata la posizione ufficiale dei partiti politici Spagnoli riguardo all’approvazione della legge di bilancio: i “Presupuestos Generales del Estado” (per l’analisi dei contenuti principali della legge, clicca qui).

Il governo di Pedro Sánchez, che guida una coalizione fra il suo partito di centro-sinistra (il PSOE) e il partito populista di sinistra Unidas Podemos, si appresta ad ottenere una vittoria di misura nel Parlamento Spagnolo. Sono infatti arrivati in suo soccorso i partiti regionalisti Baschi e Catalani. La domanda però è una: qual è il prezzo di questo supporto?

Indipendentisti: chi sono e cosa chiedono

Dopo un lungo periodo di contrattazioni fra le forze politiche (per approfondire, clicca qui), si è giunti finalmente ad un accordo che potrebbe portare all’approvazione della legge di bilancio grazie ai voti del partito indipendentista Catalano Esquerra Republicana de Catalunya ( Sinistra Repubblicana della Catalogna, ERC) e dei partiti baschi EH Bildu (tendente a sinistra) e PNV (Partido Nacionalista Vasco, di orientamento centrista).
L’obiettivo degli indipendentisti, oltre che ottenere alcuni benefici economici per le proprie regioni, è anche quello di tagliare le gambe al partito unionista e liberale Ciudadanos, che già da tempo era entrato in una serie di trattative con il governo. La missione è stata chiaramente un successo, e Inés Arrimadas, leader del partito, ha dichiarato che la presenza degli indipendentisti entra in diretta contrapposizione con un possibile appoggio alla legge di bilancio. Unidas Podemos, il partito populista che fa parte della maggioranza, ha ottenuto quello che voleva evitando l’apertura al centro, al contrario Sánchez cerca ancora di tendere la mano verso Ciudadanos, forse anche per spezzare la sua collaborazione con la destra e/o per contrastare alcuni esponenti del suo stesso partito (tra cui l’ex-Presidente del Consiglio Felipe Gonzalez) che non vedono di buon occhio l’accordo con gli indipendentisti.
Preferenze personali e politiche a parte, le richieste degli indipendentisti accolte non sono state poche. Come annunciato dal Catalano Gabriel Rufián (ERC) l’accordo raggiunto prevede, oltre che un’estensione della moratoria per gli autonomi, due punti particolarmente controversi e che rappresentano un chiaro attacco all’opposizione di centro-destra del Partido Popular (PP): la creazione di un comitato bilaterale per una riforma fiscale più progressiva (il partito è infatti a favore di una patrimoniale a livello nazionale) e la fine del controllo da parte del Ministero dell’Economia sui conti della Catalogna.

Gabriel Rufián Romero, Parlamentare di ERC e indipendentista Catalano

Il primo punto, come detto esplicitamente da Rufián stesso, rappresenta un attacco diretto al governo della Comunità di Madrid, alla cui guida vi è Isabel Díaz Ayuso, esponente del PP. Il suo governo viene accusato di “Dumping” fiscale per aver mantenuto le tasse troppo basse rispetto ai governi delle altre regioni autonome, attraendo così un numero maggiore di capitali ed industrie. Di tutta risposta, la Ayuso ha accusato il governo di voler mettere le mani negli affari di Madrid, limitandone l’autonomia fiscale per finanziare la “corruzione indipendentista“. Un consigliere del ministero dell’Economia ha fatto notare che, effettivamente, la politica delle tasse basse ha portato a un risparmio medio per il contribuente di Madrid di circa 15.000 euro negli anni della sua applicazione e ha permesso alla comunità di essere l’artefice della creazione dell’80% dei nuovi posti di lavoro nel paese nell’ultimo trimestre.
Il secondo punto, invece, si riferisce a un’altra battaglia del partito indipendentista, ovvero quella contro il cosiddetto “155 finanziario” , una metafora che richiama all’articolo 155 della Costituzione Spagnola, attraverso cui il governo del PP di Mariano Rajoy ha giustificato le proprie azioni contro gli indipendentisti Catalani alla vigilia del Referendum del 2017. Questo provvedimento – che in realtà non ha nulla a che vedere né con la Costituzione, né coi fatti del 2017 – era stato voluto sempre da Mariano Rajoy, e prevedeva un controllo da parte del Ministero dell’Economia sulle spese del governo della Catalogna. Questa era una condizione necessaria per accedere a degli aiuti finanziari volti a contrastare la crisi economica. In realtà molte delle restrizioni sono già state eliminate da tempo, ma le rimanenti rappresentano un’importante questione politica per l’ERC, che vuole eliminarle del tutto.
Il leader del Partito Nazionalista Basco (PNV), Andoni Ortuzar, da molti considerato un moderato, ha ottenuto un investimento di 30 milioni in ricerca e sviluppo e, cosa più importante, la cessione dei territori del “cuartel de Loiola” ( un’area militare del governo centrale)  alla città di San Sebastián, che fa parte della regione dei Paesi Baschi. Sicuramente un’importante vittoria simbolica per il partito, nonostante il governo abbia annunciato che l’esercito resterà presente, ma troverà semplicemente una nuova sistemazione. L’area dei Paesi Baschi ha rappresentato per molti anni un terreno di scontri violenti e di terrorismo che hanno visto contrapporsi il governo centrale agli indipendentisti, il che spiega l’importanza di una presenza militare.
L’alleanza con gli indipendentisti è, in realtà, un “remake” dell’accordo che ha portato Sánchez alla Presidenza e potrebbe dunque rappresentare una riconferma di una collaborazione che sarebbe in grado di durare a lungo. Il problema rimane però uno: quanti sacrifici sono disposti a fare i Socialisti, pur di mantenere questo rapporto?

Opposizioni insoddisfatte

I partiti di opposizione hanno ufficialmente annunciato il loro “no” alla proposta economica del governo. La destra populista di Vox si era già defilata ai primi segnali di avvicinamento del governo agli indipendentisti. Di contro, i centristi di Ciudadanos, avevano mostrato un’iniziale apertura, ottenendo anche importanti concessioni sull’aumento degli aiuti per autonomi ed imprese, sull’abbassamento dell’IVA sul diesel e sulla tessera sanitaria unica a livello nazionale. Nonostante ciò, la presenza degli indipendentisti si è rivelata un “deal breaker” vista la vocazione unionista del partito di centro.

Inés Arrimadas García, leader di Ciudadanos

Il Partido Popular, invece, ha chiaramente manifestato la sua opposizione ideologica a questa riforma. Il PP è avverso a qualsiasi aumento della tassazione, e non vede certamente di buon occhio gli indipendentisti Catalani. Il partito, insieme alla “Coalición Canaria” e al partito Catalano “PDECat”, lamenta anche una chiara mancanza di apertura verso le opposizioni da parte dell’esecutivo. Quest’ultimo ha infatti rifiutato ben 90 emendamenti da parte del PP grazie al suo potere di veto sugli emendamenti economici che prevedono coperture non specificate, scatenando l’ira e il disappunto del partito di centro-destra che accusa il governo di non voler abbassare le tasse e di non dare aiuti sufficienti ai lavoratori autonomi e alle imprese.

A prescindere da queste osservazioni, anche senza l’appoggio delle opposizioni, il governo dovrebbe riuscire a far passare la legge di bilancio con appena tre voti in più rispetto alla maggioranza assoluta richiesta. Un numero risicato, che spiegherebbe la tentazione da parte del Presidente del Consiglio di far tornare Ciudadanos sui propri passi per approvare una legge fondamentale per l’esecutivo e per il Paese.

 

Ovviamente, un appoggio del partito centrista sembra ormai molto improbabile, così come lontane sono le aspirazioni di apertura ai moderati da parte di Sánchez, che si ritrova ad essere spinto sempre più a sinistra dalle dinamiche di una Nazione e di un Parlamento estramamente frammentati.