Le spine nel fianco

Pubblicato il 17 Maggio 2010 alle 12:35 Autore: Livio Ricciardelli
Le spine nel fianco

E’ di questi giorni la notizia secondo cui Silvio Berlusconi è fortemente intenzionato a coinvolgere l’Udc di Pierferdinando Casini all’interno della compagine governativa. O di farla collaborare, tramite un sostegno esterno, su singole tematiche inerenti specialmente ai temi della crisi economica e della manovra biennale 2011-2012 che, secondo fonti di via Venti Settembre, dovrebbe aggirarsi tra i 25 e i 27 miliardi di euro.

La notizia non è stato ufficializzata ma i retroscena ben hanno colto le reali intenzioni del Cavaliere fortemente stretto tra la morsa interna della neo-corrente finiana e quella esterna rappresentata dalla Lega Nord, il vero partito dominante in Italia.

Se si considera tra l’altro che dei plenipotenziari di Berlusconi (Letta e Alfano) hanno già avviato consultazioni e colloqui con i maggiorenti dell’Unione di Centro e che al tempo stesso continua misteriosamente l’interim di Berlusconi presso il ministero dello sviluppo economico, non si può che prendere la notizia di un allargamento all’Udc come attendibile.

Ovviamente però le cose non sono avvenute in modo lineare e Umberto Bossi ha subito tuonato contro l’ingresso di Casini nel governo dichiarando che “quello è peggio di Fini” e che “i democristiani è bene non averli” (saranno contenti i molti diccì del Pdl!).

Casini dunque, anche se forse non entrerà mai nel governo, realizza in ogni caso quello che è il suo più perverso e a tratti autoreferenziale scopo: essere al centro della partita. I famosi forni.

Infatti Casini mentre tratta per entrare nel governo Pdl-Lega, al tempo stesso spara bordate contro Bossi e sogna un governo d’unità nazionale (anche se nelle intenzioni l’idea casiniana appare alquanto dissimile dalla proposta di Franceschini, che appare più che altro come una conventio ad excludendum, più che legittima, nei confronti di un rischio elezioni anticipate paventate da Berlusconi).

Ma considerato che, come disse un mio caro amico nel corso di un congresso di circolo del Pd, “Posso pure essere contento per Casini. Ma la cosa non mi importa più di tanto” è giusto analizzare una forte contraddizione berlusconiana in caso di ingresso dell’Udc nel governo. Una contraddizione che di fatto è già avvenuta con le ripetute avance del Pdl nei confronti dell’ex alleato.

Abbiamo spesso ricordato in questa sede come, all’inizio dell’avventura governativa del Berlusconi IV, qualche fazioso o poco informato commentatore abbia sottolineato che questo governo disponeva di più poteri di quelli di De Gasperi. Si tratta di un’affermazione istituzionalmente più che erronea, anche se sul fronte politico ha forse qualche parvenza di verità.

Infatti, sempre questi commentatori, ricordavano che il Berlusconi IV, rispetto alla legislatura 2001-2006, dispone di una maggioranza parlamentare uguale ma al tempo stesso più omogenea proprio per la mancanza del’Udc.

Senza dubbio se si guida una coalizione con due e non con tre partiti si è a capo di uno schieramento più omogeneo. Ma al tempo stesso appariva alquanto ingeneroso bollare il Berlusconi dal 2001 al 2006 come un uomo incapace di governare “perché al governo con l’Udc”. Di quale immenso potere dispone lo Scudo Crociato bonsai!?! Sembra, senza alcuna malizia, come un tentativo di giustificare l’immobilismo brezneviano di quegli anni. Un immobilismo che, tramite gli slogan del “Governo del fare”, appare nascosto anche nei nostri tristi giorni contemporanei.

Senza dubbio in quel dimenticato periodo storico la figura di Marco Follini creò qualche problema al Cavaliere. Ma il segretario centrista assunse il ruolo di “Spina nel fianco” (ereditando l’ambito titolo dal “gran maestro” Bruno Tabacci) solo a seguito delle europee del 2004 quando egli argomentò, non senza una legittima base politica, che col calo di oltre 8 punti percentuali Forza Italia il “partito liberale di massa” non rappresentava più la maggioranza assoluta della Casa della Libertà. Da qui la richiesta di specifiche rivendicazioni per i centristi. E’ comunque giusto sottolineare come Follini, dopo aver ottenuto la vicepresidenza del consiglio, fu sostituito alla guida del partito (al suo posto fu eletto Lorenzo Cesa per evitare il rischio di una faida fratricida tra Erminia Mazzoni e Mario Tassone, la prima filo-berlusconiana il secondo filo-folliniano) e anche dal governo dopo pochi mesi.

Non si capisce dunque che necessità abbia Berlusconi di ricoinvolgere nel governo quel partito che gli creò così tanto problemi seconda la stessa logica berlusconiana!

La verità è che gli assetti politici nello schieramento berlusconiano sono come la scissione dell’atomo: c’è sempre un tentativo di “polarizzare” le situazioni di attrito e di dialettica politica.

Avevi Casini che ti creava casini? Ora c’è Fini. Ricoinvolgi Casini? Se te ne sarà grato lo sbarramento leghista si farà sentire ancor di più. Nella migliore delle ipotesi.

I finiani tra l’altro, entusiasti dell’apertura di Berlusconi, si dicono esplicitamente pronti a fare asse con Casini in chiave anti-Lega. George W. Bush a confronti era un pacifista!

Nel Pdl non si vota (salvo documenti inutili) e vige il culto del capo.

Ma questo non allontana i problemi: Berlusconi è vittima della polarizzazione di uno schieramento politico che lui stesso ha costruito. Ed elogiato.

I nodi alla fine vengono sempre al pettine. E le spine nel fianco ritornano.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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