L’obsolescenza programmata, una pratica commerciale scorretta?

Pubblicato il 29 Settembre 2014 alle 17:39 Autore: Guido Scorza

Si chiama “obsolescenza programmata” la prassi straordinariamente diffusa tra i produttori di ogni genere di beni di consumo – e, naturalmente, in modo particolare di prodotti tecnologici – per effetto della quale un nuovo prodotto viene concepito e realizzato dandosi, tra gli altri, l’obiettivo che lo stesso soddisfi le esigenze del consumatore per un intervallo di tempo limitato di modo che questi debba poi acquistarne uno nuovo, migliore o, semplicemente, più moderno.

Ed è all’obsolescenza programmata che il Parlamento francese sembra intenzionato a dichiarare guerra.

Nei giorni scorsi, infatti, è stato presentato al Parlamento di Parigi un emendamento ad una legge in materia di tutela ambientale che mira a ricondurre l’obsolescenza programmata alle pratiche commerciali scorrette, legittimando così il consumatore ad agire contro il produttore reo di aver volontariamente progettato un determinato bene per durare meno di quanto sarebbe lecito attendersi.

Non sarà però una battaglia facile.

A prescindere, infatti, da ogni considerazione di carattere macro-economico sulla quale, pure, a Parigi ci si interroga perché l’obsolescenza dei beni di consumo è, in buona parte, anima della produzione industriale e del commercio, il punto è che per un consumatore fornire la prova del carattere “programmato” dell’obsolescenza di un prodotto sarà, comunque, un’impresa difficile.

E non basta.

Spesso, infatti, l’obsolescenza di un prodotto non è data dalla circostanza che il produttore ne ha più o meno artificiosamente limitato la durata di vita ma, semplicemente, dal fatto che il produttore medesimo – o magari un suo concorrente – “persuadono” i consumatori dell’obsolescenza di un prodotto attraverso martellanti ed efficaci campagne di marketing.

In questo caso, ovviamente, il consumatore potrebbe continuare ad utilizzare ancora per anni il prodotto in questione ma viene “convinto” a considerarlo “obsoleto” e a cambiarlo, pur in assenza di un’effettiva esigenza.

Non sarà facile, quindi – anche se la proposta di legge diventasse legge – veder affermato davanti ai Giudici il principio dell’obsolescenza programmata come pratica commerciale scorretta.

Si tratta, però, di un principio di straordinaria rilevanza sul quale – specie nella società dell’informazione e della tecnologia di massa – sembra opportuno avviare una riflessione equilibrata e ponderata senza strattoni, esasperazioni e balzi in avanti.

Non è detto che, specie in certi settori, non si scopra che dichiarare guerra all’obsolescenza programmata, possa spingere i produttori a lanciare nuovi prodotti sul mercato solo quando c’è, davvero, un salto inventivo del quale la società nel suo complesso può avvantaggiarsi.

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