Leggi elettorali italiane e disproporzionalità

Pubblicato il 4 Aprile 2014 alle 21:11 Autore: Piotr Zygulski
leggi elettorali 2014

Leggi elettorali italiane e disproporzionalità

di Piotr Zygulski

Un sistema elettorale costituisce l’insieme delle leggi attraverso le quali i voti espressi degli elettori vengono utilizzati per ripartire i seggi posti in palio nella consultazione elettorale.

Solitamente nella teoria si usa distinguere i sistemi maggioritari (nel più diffuso caso uninominale: pluralità di piccoli collegi, ognuno dei quali elegge il candidato che ottiene la maggioranza assoluta o relativa dei voti) da quelli proporzionali (che tendono a ripartire i seggi in proporzione al numero dei voti, su base solitamente nazionale). Tuttavia è assai più comune trovare modelli “corretti” o “misti” che si collocano a cavallo tra i due estremi “puri” per ricercare un equilibrio, in molti casi precario, tra due principii che da molti vengono considerati vitali: la rappresentatività e la governabilità. Quest’ultima però è una parola dietro la quale spesso si nasconde, da parte di una forza politica, la pretesa di autosufficienza per governare da sola. Mi spiego meglio, ponendovi una domanda: un sistema politico orientato al proporzionale come quello tedesco, che garantisce dal 2005 un ruolo stabile alla cancelliera Angela Merkel, può forse considerarsi non governabile? Sarebbe più governabile un sistema maggioritario in un contesto bipolare forzato, in cui i due partiti/coalizioni sono al loro interno così altamente litigiosi che ogni occasione può essere buona per sfaldarsi?

Quindi sulla “stabilità” può influire maggiormente la storia politica nazionale e l’attitudine a collaborare tra le diverse forze politiche, anche se un sistema elettorale può indirizzare lo scenario politico in una direzione o in un’altra. E la stessa contingenza può a sua volta fare pressioni per operare una modifica al sistema elettorale, nel modo in cui è avvenuto molte volte in Italia, almeno negli ultimi dieci anni, anche perché continua a prevalere il malcostume di scrivere le leggi “a scadenza”, con orizzonti temporali brevi che tengono conto prevalentemente dei sondaggi per la tornata elettorale successiva.

In un modello costituzionale che prevede due assemblee legislative, come quello italiano, è possibile altresì che la temuta instabilità possa derivare da una differente ripartizione dei seggi nei due rami del Parlamento. Si pensi al Porcellum che, a fronte di una maggioranza del 55% assicurata alla Camera dei Deputati, si rivela imprevedibile al Senato, con premi di maggioranza assegnati regionalmente. Lo stesso potrebbe sorgere dall’Italicum, che riguarda solo l’elezione della Camera dei Deputati, poiché nelle intenzioni di Matteo Renzi il Senato della Repubblica “presto” non sarà più elettivo,  sebbene i tempi per la revisione della Carta Costituzionale siano notoriamente lunghi proprio per permettere un’attenta analisi della riforma da attuare.

Comunque sia, per analizzare la (dis)proporzionalità nella rappresentazione in Parlamento del corpo elettorale, la statistica ci fornisce numerosi indici che possono fornirci dati significativi. Va notato che questi indicatori misurano la disproporzionalità della forza politica nel suo complessivo peso elettorale, a prescindere da “quote” interne (rosa, abbronzate e birulò), da “primarie”, da voti disgiunti, dalle preferenze esprimibili e dalla lunghezza delle liste, elementi che in effetti – potenziando o limitando la libertà di chi vota – possono avere una notevole rilevanza nell’ottica di una valutazione più completa della rappresentatività di un sistema elettorale.

Fatte queste premesse iniziali, vorrei ora mostrarvi il valore di tali indici in una nostra simulazione che tiene conto dello scenario politico presente per poter confrontare alcune differenti leggi elettorali italiane per il riparto dei seggi limitatamente alla sola Camera dei Deputati.

A tal proposito, prendiamo in considerazione innanzitutto il già citato Porcellum, ossia la legge 270/2005, che la Corte Costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima nei punti concernenti le liste lunghe bloccate e l’attribuzione immediata di un ampio premio di maggioranza, che andava alla forza politica che avesse ottenuto anche solo un voto in più delle altre. A seguito della sentenza della Corte resta in vigore il cosiddetto Consultellum, un sistema proporzionale puro, senza premi di maggioranza e con la possibilità di esprimere una preferenza per il singolo, tuttavia all’attuale parlamento è consentita la promulgazione di una nuova legge elettorale che sia rispettosa dei dettami costituzionali. Il Consultellum mantiene i quorum del Porcellum, cioè una soglia di sbarramento al 10% per le coalizioni, al 4% per le liste non coalizzate, il 2% per quelle coalizzate, oltre alla clausola del “miglior perdente” che permette l’accesso al riparto dei seggi alla lista coalizzata più votata tra quelle che non superano il 2%. Ciò ha permesso, ad esempio, l’ingresso in parlamento di 5 deputati del Centro Democratico di Tabacci con appena lo 0,49% dei consensi.

Nella nostra analisi includiamo ovviamente l’Italicum da poco approvato alla Camera dei Deputati e attualmente in esame al Senato, (proporzionale drogato da premio di maggioranza a soglia minima o a ballottaggio, con sbarramenti e circoscrizioni di dimensione provinciale) e la proposta  – che abbiamo battezzato Pentasiderum elaborata dagli iscritti al Movimento 5 Stelle attraverso una serie di consultazioni successive. Essa non è ancora stata redatta analiticamente, ma sembrerebbe andare nella direzione di un sistema elettorale “alla tedesca” con uno sbarramento nazionale al 5%, ma con accenti “spagnoli” per quanto riguarda la suddivisione in collegi plurinominali “intermedi” per favorire la rappresentatività locale. Il metodo di riparto prescelto è il divisore D’Hondt rettificato (1; 1,5; 2; 2,5; 3; 3,5; …), che tende a conferire un seggio in più alla/e forza/e con maggiori consensi. I dati introdotti per la simulazione con il sistema Pentasiderum possono soffrire di un margine di errore più ampio a causa proprio della indeterminatezza della dimensione dei collegi. Al momento non si capisce neppure se siano delle circoscrizioni (con riparto nazionale, come nel Porcellum) oppure – molto più probabilmente – dei veri e propri collegi “alla spagnola” (con riparto circoscrizionale, come se si trattasse quasi di elezioni indipendenti). Quest’ultimo caso comporterebbe un’inevitabile sbarramento “naturale”: se un collegio eleggesse 5 deputati, lo sbarramento sarebbe al 100/5=20%; inoltre la distorsione dovuta al D’Hondt potrebbe moltiplicarsi per il numero delle circoscrizioni. Molto varierebbe a seconda della geografia elettorale e non sappiamo se il M5S opterà per una dimensione “provinciale”(5 seggi per collegio) o “regionale” (30 seggi). Per ovviare a molti problemi, in questa simulazione mostriamo i dati sia per l’eventualità di un riparto circoscrizionale (C), calcolato su collegi con una media di 15 deputati da eleggere per ciascuno di essi, sia per quella di un riparto nazionale (N).

Per un confronto più completo utilizziamo l’Europaeum, in altre parole la legge elettorale proporzionale, utilizzata dal 1979 per  ripartire i seggi italiani al Parlamento Europeo, che dal 2009 pone uno sbarramento al 4% per i partiti che si presentano alla competizione elettorale.

Qui abbiamo uno schema riassuntivo:

tabella riassuntiva

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Dalle stime qua sopra emerge l’elettorato italiano è diviso in quattro spicchi: una parte vota Partito Democratico, una Forza Italia, un’altra M5S e un’altra ancora partiti che non superano il 5%, tra cui Nuovo Centrodestra, Lega Nord, Sinistra Ecologia e Libertà e Fratelli d’Italia, che costituiscono la metà di questi elettori.

Passiamo ora agli indici di disproporzionalità ricavati con la nostra simulazione:

tabella1

A valori elevati – segnalati con una intensità crescente di rosso – corrisponde una disproporzionalità elevata, ma poiché possono non essere di immediata comprensione provo a commentare il significato di ciascuno di essi.

Il Loosemore-Hanby si ottiene dalla sommatoria delle differenze assolute tra percentuale di voti (Vi) e percentuale di seggi (Si), il tutto diviso per due.

formula1

I dati storici riferiti ai sistemi elettorali degli anni ’80 registravano una media dell’8,1 e l’Italia, con il suo proporzionale “costituzionale” classico del 1946, si mostrava virtuosa, con valori attorno al 5. Guardando alla tabella qui sopra, il Consultellum mantiene valori contenuti, sotto il 10, Europaeum e Porcellum tra il 10 e il 20, mentre gli altri tre sistemi si collocano tra il 20 e il 30, che sono invece valori propri dei sistemi di impianto maggioritario. Si noti che anche il Pentasiderum, pur non assicurando alcun premio di maggioranza, ha un elevato indice Loosemore-Hanby dovuto soprattutto allo sbarramento al 5% che esclude i partiti sotto questa soglia, permettendo la spartizione dei seggi solo tra le tre maggiori forze politiche (oltre alle minoranze linguistiche che godono di un’apposita tutela). In questo senso, il Loosemore-Hanby può essere considerato una stima approssimativa della percentuale di tali elettori esclusi.

Questo indice però non dice molto riguardo le proporzioni del riparto dei seggi. Se infatti il Porcellum e dell’Italicum, per via del premio di maggioranza, offrono una distorsione goduta dalla forza politica che prende più voti degli altri, il Pentasiderum la equidistribuisce tra tutte le forze entranti in Parlamento.

Ci vengono allora in aiuto gli indici di Lijphart e di Gallagher.

Quello di Lijphart, molto semplicemente, assume il valore della sovrarappresentazione della lista più rappresentata. Se si tratta di un partito che ottiene il 30% di voti e il 50% dei seggi, l’indice sarà pari a 50-30=20, se il partito ottiene la stessa percentuale di voti ma il 32% dei seggi, l’indice scende a 2. Quindi a valori inferiori si ha una maggiore aderenza alle percentuali di voti ottenuti nella tornata elettorale. Verrebbe di conseguenza che, se è presente un premio di maggioranza, il Lijphart è pari alla percentuale dei seggi premiali. Si noti che nel caso dell’Italicum, pur non potendo il premio superare formalmente il 15%, l’indice Lijphart è più elevato di tale limite perché l’unica lista della coalizione vincente (ad oggi sarebbe il centrosinistra) in grado di oltrepassare il quorum del 4,5% (il PD) otterrebbe tutti i seggi anche aggiuntivi attribuibili alla coalizione, originariamente composta anche da liste minori. Il Pentasiderum invece, non contemplando premi di maggioranza, si colloca in un valore intermedio tra l’alta disproprorzionalità dell’Italicum e quella bassa del Consultellum. Anche il Porcellum ha valori intermedi, perché il premio di maggioranza tende ad essere equidistribuito tra le forze della coalizione vincente.

Otteniamo risultati simili con l’indice Gallagher, chiamato anche indice del quadrato minore, che raffina il Lijphart con un procedimento più articolato. Si ottiene elevando al quadrato la differenza tra la percentuale di voti e la percentuale di seggi per ogni partito, ponendo in una semi sommatoria questi valori e calcolandone la radice quadrata.

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Esso, mediante l’elevamento al quadrato, ci permette di dare maggior peso alle deviazioni più grandi. Di conseguenza, evidenzia una maggiore disproporzionalità agli indici che prevedono un premio di maggioranza. Esso può assumere un valore compreso tra 0 (rappresentatività perfetta) e 100 (massima disproporzionalità) e, se applicato ad un medesimo sistema elettorale, tale indice può essere un buon indicatore dell’andamento della disproporzionalità nel tempo, poiché su di essa influiscono anche le scelte degli elettori. Ad esempio, il Porcellum nel 2013 registrava un Gallagher pari a 17,34 mentre oggi il dato è stimabile a 12, dovuto principalmente al fatto che il Partito Democratico oggi pare abbia recuperato consensi in termini percentuali rispetto allo scorso anno e pertanto la differenza tra la percentuale di seggi (55% – liste collegate = circa 47%) e la percentuale di voti (lo scorso anno 25,4%, oggi si stima 32,1%) si sarebbe ridotta di qualche punto, con un premio di maggioranza che introdurrebbe una disproporzionalità (SiVi) sempre significativa ma di minore entità (circa 16 punti anziché 22). L’indice Gallagher medio dei sistemi elettorali degli anni ’80 era pari a 5,6; in Italia il proporzionale della Prima Repubblica consentiva di collocarci ad una disproporzionalità ancora minore, da 1,6 a 3,7 (nei dati storici raccolti in Gallagher 2014), assimilabile a quella delle socialdemocrazie scandinave, mentre fu l’ibrido Mattarellum a spingerla su valori molto elevati, attorno al 20, se comprendiamo quota maggioritaria e quota proporzionale.

Veniamo dunque al Sainte-Laguë, un indice di disproporzionalità che eleva gli scarti al quadrato e li rapporta alla percentuale di voti della rispettiva lista, per poi farne una sommatoria complessiva.

formula3Essendo una misura relativa, alcuni lo ritengono preferibile a quello precedente, mentre altri lo ritengono meno interpretabile, considerando che il valore massimo può tendere ad infinito e potrebbe essere meno adatto per un confronto. Comunque sia, disponendo dei dati calcolati da Gianni Balduzzi per Youtrend e di altre ricerche statistiche sui sistemi elettorali (vedi Gallagher 1991: Proportionality, disproportionality and electoral systems) possiamo stilare una classifica:

abella leggi elettorali

In corsivo i dati stimati con la presente simulazione, in grassetto quelli calcolati sui risultati delle più recenti elezioni italiane.

L’Italicum, pur configurandosi come un proporzionale (fortissimamente) corretto, presenta valori di Sainte-Laguë addirittura superiori a quelli degli storici maggioritari francese e inglese, noti per gli effetti eccessivamente disproprorzionali. A seconda degli scenari politici, si stima che l’Italicum possa superare senza problemi il valore di 50. Lo stesso varrebbe per il Pentasiderum a riparto circoscrizionale corretto con il metodo D’Hondt, che di fatto rappresenta una forma premiale. La media degli equilibri locali potrebbe divergere anche ingentemente dalle percentuali complessive nazionali e attualmente ciò avvantaggerebbe il Movimento 5 Stelle, che in molte regioni è la lista più votata. Se il riparto invece fosse sulle cifre nazionali, il Pentasiderum potrebbe avere conseguenze meno disproporzionali, ma lo sbarramento al 5% continuerebbe ad avere un impatto considerevole nell’indice.

Anche il Porcellum mostra una elevata flessibilità al variare delle scelte elettorali ma entro limiti più contenuti: applicato in uno scenario con tre forze politiche medio/grandi e altre minori (2013) mostra un indice di 34,7 ma in un contesto sostanzialmente bipolare (2008) la disproporzionalità risulta molto più contenuta: 11,1. Confrontando i due rami del Parlamento, il Senato di solito si mostra maggiormente rappresentativo per via dei premi regionali che tendono ad avvantaggiare più di una lista. Sul Pentasiderum, come vedevamo anche considerando l’indice di Loosemore-Hanby, pesa molto l’esclusione di alcuni partiti che raccolgono un consenso tra il 4% e il 5% e che quindi restano esclusi dallo sbarramento. Basterebbe infatti uno sbarramento al 4% – come quello vigente alle europee – per far scendere l’indice ad un valore di 17 circa. L’Europaeum tende ad occupare questa posizione mediana attorno a 15 che, come osservava Gianni Balduzzi, “sembra essere una soglia sperabilmente da non superare per non spezzare quel legame, anche di fiducia e credibilità, tra voto degli elettori e rappresentanza in Parlamento”.

Infine l’indice di disproporzionalità D’Hondt – da non confondersi con il riparto omonimo – il cui scopo è minimizzare la sovrarappresentazione delle liste più sovrarappresentate. Esso è il rapporto tra la percentuale di seggi e la percentuale di voti del partito maggiormente sovrarappresentato. Più è basso, con valori che si approssimano a 1, più vi è proporzionalità nell’attribuzione dei seggi. Poiché questo indice è molto sensibile alla disproporzionalità dei piccoli partiti quali possono essere ad esempio le liste delle minoranze linguistiche nella tabella che mostriamo all’inizio l’indice è raffinato al 5%, come spesso si usa fare; in pratica si considerano nell’analisi solo le liste che ottengono almeno il 5% dei voti. La sovrarappresentazione è evidente nell’Italicum per il partito più votato che ottiene il premio di maggioranza, effetto mitigato nel Porcellum per via della condivisione del premio tra le liste coalizzate. Il Pentasiderum con riparto nazionale mostra un indice alto che risente della divergenza tra sommatoria di contesti locali e percentuali nazionali, accentuata dai premi d’Hondt. Con un riparto nazionale, invece, l’imperfetta – anche se molto migliore – proporzionalità è data dallo scenario politico con sole tre forze in grado di accedere nell’assemblea legislativa che si spartiscono i seggi. Perciò una soglia di sbarramento più accessibile permette al Consultellum e all’Europaeum di ottenere risultati ottimali, pari a quelli del proporzionale italiano negli anni ‘80.

Per chi volesse approfondire il significato statistico degli indici di disproporzionalità, rimandiamo a Aikaterini Kalogirou 1999, Analysis and Comparison of the Greek Parliamentary Electoral Systems of the Period 1974-1999, in particolar modo al capitolo 5.

La disproporzionalità rilevata dai suddetti indici può essere principalmente di due tipi. In un primo caso può riguardare la rappresentazione dei rapporti di forza tra i partiti in Parlamento, nel secondo riguarda invece la fetta di votanti che elegge almeno un rappresentante e quella di coloro che rimangono senza rappresentanza (questa evidenziata ad esempio dall’indice Loosemore-Hanby). Tra i fattori che possono essere considerati, strumenti come i premi di maggioranza e i riparti “corretti” (es. con il metodo D’Hondt) vanno ad incidere sul primo aspetto, mentre gli sbarramenti (fissi o “naturali”) sul secondo.

L’Italicum opera distorsioni su entrambi i versanti, quando invece il Porcellum poteva includere anche elettori di forze minori, con uno sbarramento medio agilmente superabile in coalizione. Nel Pentasiderum lo sbarramento è più elevato di quello del Porcellum, ma la distribuzione dei seggi può essere un’incognita, a seconda delle distribuzioni locali. Se la mancanza di un premio di maggioranza nazionale potrebbe essere un fattore che inciderebbe per una migliore proporzionalità, questa potrebbe essere inficiata sia dallo sbarramento fisso nazionale, sia dai riparti. I risultati potrebbero essere paragonabili a quelli del Senato eletto con il Porcellum, con la differenza non trascurabile che con la vecchia legge erano possibili coalizioni, mentre nella proposta a cinque stelle si gioca tutto tra liste singole. Ciò può essere a vantaggio del M5S, che in molte circoscrizioni può raccogliere percentuali addirittura superiori a quelle del PD, ma difficilmente è in grado di prendere più voti del centrosinistra nel suo complesso. Così facendo, il Pentasiderum sembra non garantire né la “governabilità”, né la proporzionalità in senso lato, perché esclude dalla rappresentanza persino più elettori del vecchio Porcellum. Da una forza politica che si definisce “movimento” e si scaglia verbalmente contro la “partitocrazia” probabilmente ci saremmo aspettati più coraggio, ad esempio un progetto che permettesse, o incoraggiasse, le candidature indipendenti, senza l’obbligo di presentare liste partitiche. La bozza giornalisticamente denominata Toninellum e presentata dallo stesso Movimento 5 Stelle lo scorso anno aveva perlomeno uno spunto di discussione stimolante, ossia la possibilità inedita di “preferenze negative” per i candidati meno graditi, in un’ottica di una maggiore rappresentatività locale.

Riguardo il Consultellum e l’Europaeum, essi hanno effetti simili, con una buona proporzionalità in entrambi gli aspetti – migliore nel Consultellum per via di un minore sbarramento per le liste coalizzate e per la clausola del “miglior perdente” – tuttavia se le forze minori dovessero scendere sotto lo sbarramento nazionale l’Europaeum potrebbe mantenere solo il vantaggio di una fedele rappresentazione delle proporzioni tra le poche forze politiche maggiori e, di conseguenza, registrare valori simili a quelli del Pentasiderum (con riparto nazionale). Quest’ultimo invece potrebbe godere di una minore disproporzionalità, anche inferiore al 10 del Sainte-Laguë, nel caso di un rafforzamento (o di un forte indebolimento) delle forze minori che le allontanasse di molto dalla soglia dello sbarramento, per esempio dando vita ad uno scenario simile a quello tedesco del 2009. Nel giro di quattro anni, tuttavia, le cose in Germania sono mutate, si pensi ai Liberaldemocratici della FDP e ad Alternative für Deutschland che per poco non hanno superato la percentuale per entrare in Buntestag e l’indice Sainte-Laguë è salito al 18,8. Quindi anche i processi aggregativi/disgregativi influiscono sulla disproporzionalità dei sistemi elettorali. Circa la legge elettorale italiana per le Europee, non ponendosi in tale contesto alcuna questione di governabilità, non vi possono essere scuse per introdurre correttivi disproporzionali nella prima accezione, mentre il quorum del 4% attua una disproporzionalità del secondo tipo che impedisce l’accesso in Parlamento Europeo a partiti di peso minore.

Per l’elezione della assemblea legislativa nazionale sarebbe sempre preferibile ampliare il più possibile l’elettorato rappresentato, anziché restringerlo, come vorrebbero fare l’Italicum e il Pentasiderum, anche al fine di evitare l’insorgere di fenomeni aggregativi innaturali, strategie di “voto utile” a forze politiche in cui l’elettore non si riconosce pienamente o l’accentuazione della tendenza al non voto. La governabilità, come abbiamo visto all’inizio, in alcuni casi può essere un problema minore, perché la finalità del Parlamento – organo principe di una democrazia parlamentare quale avrebbe dovuto essere quella italiana nell’intenzione dei Padri Costituenti – non sarebbe quella di “essere governato”, ma quella di esercitare la propria funzione legislativa.

L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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