Obama e le sabbie mobili irachene

Pubblicato il 15 Settembre 2014 alle 13:17 Autore: Guglielmo Sano

Le operazioni contro lo Stato Islamico stanno per cominciare. John Kerry, Segretario di Stato Usa, nel suo tour mediorientale ha convinto 10 paesi arabi a fare parte della coalizione che affronterà l’Isis. Sembra che anche Francia e Regno Unito si uniranno alle operazioni militari. L’attuale amministrazione americana non può più ritardare la propria azione anche a causa dell’amara eredità ricevuta dalla Presidenza di George W. Bush: in molti sottolineano che gli odierni successi del Califfato hanno le radici nel rovesciamento del regime di Saddam Hussein. Di fronte alla minaccia che l’Isis rappresenta in primo luogo per i paesi arabi filo-occidentali, Barack Obama ha dovuto per forza di cose annunciare una nuova operazione in Iraq e ricacciare la Casa Bianca nelle sabbie mobili irachene.

L’Isis si sta dimostrando ben altro rispetto agli altri gruppi jihadisti. Innanzitutto la porzione di territorio di cui è riuscito a impossessarsi e il fatto che sia riuscito renderla un quasi-stato denota un’organizzazione e una disponibilità di risorse finanziarie molto diverse da quelle di un’organizzazione alveolare. Da non sottovalutare neanche l’appeal ideologico che l’azione dello Stato Islamico sta esercitando tra i musulmani sparsi per il mondo: secondo la Cia sarebbero 15mila provenienti da 80 paesi diversi, su un totale compreso tra i 20 e i 32mila effettivi, gli “stranieri” combattenti tra le sue fila. 2000 sarebbero occidentali. Per l’intelligence americana, dopo la proclamazione del Califfato, il numero degli jihadisti è raddoppiato.

obama iraq

L’avanzata dello Stato Islamico non può essere fermata solo con un intervento militare: bisogna controllare le frontiere dell’Iraq e ancor prima combattere la propaganda dell’Isis per impedire che altri stranieri si uniscano alla sua battaglia. Parallelamente bisognerà impedire il finanziamento dello Stato Islamico: può contare sul monopolio del mercato nero del petrolio, oltre a depredare le risorse finanziare dei territori che conquista – famosa è rimasta la rapina alla Banca Centrale Irachena di Mosul – ha già dato il via a un sistema di tassazione parallelo. Da chiarire chi siano i suoi finanziatori occulti: i sospetti su Qatar e Arabia Saudita non si sono mai sopiti.

Lo scontro militare non vedrà in ogni caso coinvolte delle truppe americane: saranno i curdi peshmerga a confrontarsi sul campo con le truppe dell’Isis. Inoltre gli Stati Uniti penseranno all’equipaggiamento e all’addestramento del dissestato esercito iracheno, letteralmente crollato di fronte all’offensiva jihadista: sono state la corruzione e i favoritismi distribuiti tra i militari durante il governo di Al Maliki a indebolirlo. Curdi ed esercito iracheno potranno contare sull’appoggio degli aerei della coalizione. Probabile, invece, da parte di Obama un ritorno sui propri passi per quanto riguarda i bombardamenti contro l’Isis in territorio siriano. Le forze del fronte anti-Assad al momento non sono ritenute abbastanza credibili, il loro finanziamento in chiave lotta al Califfato sembra essere più rischioso di un lavoro di intelligence volto a degradare la leadership dei capi dell’esercito islamico.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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