Stati Uniti: Repubblicani contro Democratici e Democratici contro Obama

Pubblicato il 17 Ottobre 2014 alle 07:57 Autore: Antonio Scafati

Il 4 novembre negli Stati Uniti gli elettori voteranno per le elezioni di metà mandato e a oggi uno degli elementi a fare la differenza tra i Repubblicani e i Democratici è l’entusiasmo: i primi ne hanno abbastanza, i secondo ne hanno poco.

Normale che sia così, visto che i Repubblicani possono vincere. Nei sondaggi sono avanti: la  Camera resterà a loro e hanno la possibilità di ribaltare gli equilibri in Senato, prendendosi la maggioranza. Ma le battaglie nelle battaglie sono talmente tante che sbilanciarsi sull’esito finale è complicato. Anche perché  entrambi gli schieramenti non sono al massimo delle forze.

Julian Zelizer, docente di Storia alla Princeton University ha sottolineato sulla CNN come Repubblicani e Democratici abbiamo tanti problemi interni da affrontare. L’appuntamento di novembre negli Stati Uniti segna una tappa di passaggio: le elezioni presidenziali del 2016 sono meno lontane di ciò che sembra.

I Repubblicani sono impegnati ormai da qualche tempo in una battaglia tutta interna al recinto della destra, dove il Tea Party spinge per dettare un cambio d’agenda. Le elezioni di metà mandato in programma il 4 novembre serviranno alle due anime per concentrarsi momentaneamente su ciò che li unisce (l’ostilità nei confronti di Obama) piuttosto che su ciò che li divide.

Stati Uniti 2

Photo by Steve JurvetsonCC BY 2.0

Per molti membri del Partito Democratico, invece, il problema è proprio Obama. Il presidente è scivolato in basso negli indici di gradimento e sta vivendo i suoi ultimi due anni alla Casa Bianca. Perdere il sostegno degli elettori è un fenomeno piuttosto comune per i presidenti arrivati al loro sesto anno: la spinta propulsiva del secondo mandato va esaurendosi, il peso politico pure, intorno a loro si comincia già a pensare e a organizzare il dopo.

Il Time ha sottolineato che “i Democratici si augurano che questo appuntamento elettorale non diventi un referendum sul presidente, come spesso accade per le elezioni di metà mandato”. Non bastasse, infatti, negli ultimi due anni Obama ha perso appeal soprattutto in alcuni degli stati che potrebbero decidere l’esito delle elezioni e il destino del Senato: Kentucky, Arkansas e Alaska.

In tanti all’interno del partito gli rimproverano di non aver centrato diversi obiettivi che si era prefissato: dalla lotta al cambiamento climatico all’immigrazione passando per la legislazione sulle armi. Sul fronte della politica estera, poi, le incertezze dell’amministrazione – ad esempio sull’Isis – sono tutti punti a sfavore.

È soprattutto nel sud degli Stati Uniti che i politici del partito Democratico stanno provando a smarcarsi dall’inquilino della Casa Bianca: un esercizio molto complicato, però, dove tutto sta nel trovare l’equilibrio politico più efficace e la strategia più tagliente.

Non è un caso che fino a oggi Obama si sia fatto vedere tanto nelle raccolte fondi ma meno durante gli appuntamenti per la campagna elettorale. Se c’è da mandare un Obama in prima linea, quel qualcuno spesso è Michelle, sua moglie, la first lady, i cui indici di gradimento restano alti.

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L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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