Libia, oggi al via il consiglio di sicurezza ONU Gentiloni fissa i paletti: “Agire rapidamente” M5S: “La guerra sarebbe il nostro Vietnam”

Pubblicato il 18 Febbraio 2015 alle 10:21 Autore: Emanuele Vena
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La diplomazia internazionale inizia faticosamente a muoversi. L’escalation della situazione in Libia, con il bombardamento di Derna da parte delle forze egiziane, ha spinto la comunità internazionale – a partire dall’Italia, tra i Paesi a maggior rischio di coinvolgimento diretto, stante la vicinanza geografica – a cercare di mettere a punto contromisure adeguate.

E così, mentre il raid aereo e l’assedio di Sirte starebbero iniziando a dare i primi frutti – con un primo arretramento dell’Isis, a partire dalla cittadina di Nawfaliya, a 145 km da Sirte – oggi è il giorno del vertice Onu, organizzato su iniziativa francese e sponda egiziana. Nel frattempo Europa e USA, tramite una dichiarazione congiunta, avvertono: “Non sarà consentito a chi tenta di impedire il processo politico di condannare il Paese al caos e all’estremismo”.

Intanto ieri sera il premier italiano Matteo Renzi ha sentito il presidente francese François Hollande. Attivo anche il responsabile della Farnesina, Paolo Gentiloni, che ha avuto un colloquio telefonico con il Segretario di Stato americano John Kerry. Un Gentiloni che dalla riunione ONU odierna si attende “la presa di coscienza al Palazzo di vetro della necessità di raddoppiare gli sforzi per favorire il dialogo politico”.

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Libia, Gentiloni: errori anche da Comunità internazionale

Nell’informativa presentata oggi alla Camera, il ministro degli Esteri spiega di non volere “avventure e tantomeno crociate”, chiedendo però di agire in tempi stretti, visto l’aggravarsi della situazione e il rischio di un cortocircuito tra gruppi locali e Isis, che richiede la massima attenzione. E’ un Gentiloni che fa anche autocritica: “Le origini della crisi attuale vanno cercate negli errori compiuti anche dalla comunità internazione nella fase successiva alla caduta di vecchio regime”. E intanto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, spiega a RepubblicaTV i motivi della chiusura dell’Ambasciata italiana in Libia: “l’abbiamo chiusa perché poteva diventare un potenziale bersaglio”. Poi caldeggia l’invio dell’ex premier Romano Prodi come mediatore, salvo poi fare una mezza marcia indietro.

Lo stop del M5S

Dura la critica del M5S all’ipotesi di intervento armato. “Una guerra in Libia sarebbe una catastrofe, sarebbe il nostro Vietnam: se Gentiloni e Pinotti vogliono fare i marines, si accomodino pure. Spenderemo i loro stipendi da casta per cose più utili”. L’attacco arriva da Alessandro Di Battista, deputato del Movimento Cinque Stelle, durante il dibattito alla Camera a seguito dell’esposizione di Gentiloni. E aggiunge: “Per voi l’unica soluzione sono le bombe perché le lobby degli armamenti pressano”.

Critiche anche da Forza Italia, tramite le parole di Daniele Capezzone, che ritiene il discorso di Gentiloni alla Camera “una neutra e anodina rassegna stampa, più che a una informativa”. E aggiunge: “Sono favorevole a un intervento in Libia, e sollecito una forte iniziativa dell’Italia a livello Nato e Onu. Ciò detto, però, mi pare quantomeno approssimativo e superficiale il modo in cui da troppe parti si imposta la questione (e, sia chiaro, la colpa non è certo del Ministro degli Esteri)”. Anche perché, spiega, “la missione non potrà certo risolversi in qualche settimana, o con poche migliaia di uomini, o solo con interventi aerei”. Per Capezzone ciò che manca è anche una visione a lungo termine: “Ammesso che tutto vada bene, abbiamo uno scenario credibile per il ‘dopo’? Qual è lo scenario ‘post-bellico’ al quale puntiamo?”.

La Lega Nord invece, per voce del deputato Gianluca Pini e del capogruppo al Senato Gianmarco Centinaio, chiede un blocco navale: “scartata l’ipotesi diplomatica, anche per l’assenza di istituzioni libiche con cui interloquire, non rimane che la strada di una azione militare che preveda non un’azione di terra ma un blocco navale. È infatti urgente e necessario far cessare lo scempio del pericoloso esodo di clandestini, diventato una delle armi oggi in mano all’Isis”. Ma il Senatur, Umberto Bossi, rilancia: “Come combattere l’Isis? Colpendolo alla testa, se vuole uccidere un polpo il pescatore lo morde alla testa e si fermano i tentacoli, tagliando la testa. Vanno quindi colpiti in Iraq, non ha senso andare in Libia, semmai quando hai colpito la testa si fermano i tentacoli, allora la Libia diventa un’altra cosa”.

Nella discussione interviene anche il presidente emerito Giorgio Napolitano: “Non possiamo tirarci indietro, non possiamo evadere o scappare, è il nostro dovere. L’Italia faccia la sua parte, così come non ci tirammo indietro nel 2011”. E ricorda “l’ampissimo consenso parlamentare” con cui le Camere approvarono l’intervento di quattro anni fa.

Isis attaccherà sud Europa e navi Crociate

L’Isis vuole utilizzare la Libia per portare “il caos nel sud dell’Europa”. Lo rivela il Daily Telegraph citando documenti segreti dei jihadisti. Secondo uno dei principali reclutatori dello Stato islamico in Libia, l’Isis vuole infiltrarsi sui barconi di immigrati nel Mediterraneo e attaccare le “compagnie marittime e le navi dei Crociati”. I piani segreti dell’Isis contro il sud dell’Europa sono contenuti in un documento, di cui il think tank anti-terrorismo britannico Quiliam è entrato in possesso. La grande quantità di armi che circolano in Libia e la sua vicinanza con “gli stati crociati” rendono il Paese il punto di partenza ideale per l’Isis, scrive Abu Arhim al-Libim che, secondo gli analisti, è una figura di spicco dello Stato islamico. Al-Libim cita in particolare la possibilità per i jihadisti di “utilizzare e sfruttare in modo strategico i tanti barconi di ‘immigrati clandestinì che partono dalle coste libiche attraverso i quali l’Isis può portare il caos nel sud dell’Europa e colpire le compagnie marittime e le navi dei Crociati”.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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