Presidenziali USA: Trump verso la nomination (ma perderebbe sia contro Clinton che Sanders)

Pubblicato il 5 Maggio 2016 alle 13:34 Autore: Emanuele Vena
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Sondaggi elettorali, presidenziali USA: Trump senza rivali (in campo repubblicano) ma perdente alle elezioni

Donald Trump sembra non avere più rivali in campo repubblicano. Eppure tutto ciò potrebbe non bastare per conquistare la Casa Bianca. Almeno stando alle ultime elaborazioni condotte dai maggiori esperti di sondaggi statunitensi, che prendono in esame le intenzioni di voto da parte della popolazione a stelle e strisce.

Prima di esporre i dati, è opportuno effettuare due precisazioni fondamentali. La notevole distanza dal decisivo appuntamento elettorale – previsto l’8 novembre, cioé praticamente tra 6 mesi – rende necessario prendere tali dati con le molle, anche in virtù delle notevoli oscillazioni registrate nei mesi precedenti, le quali potrebbero ovviamente ripresentarsi anche da qui all’election day.

Inoltre, va sottolineato che i dati si basano su intenzioni di voto sul piano nazionale, ovvero rappresentano le percentuali della somma delle intenzioni di voti in ogni singolo Stato federato. Un dato che quindi è indicativo sino ad un certo punto, considerando che la legge elettorale statunitense prevede un’elezione sostanzialmente indiretta – ovvero, tramite la conquista di cosiddetti “Grandi Elettori” – basata sul winner takes all (tradotto: ogni candidato che ottiene la maggioranza dei voti nel singolo Stato federato ottiene tutti i Grandi Elettori in palio in tale Stato). Per capirci: un candidato potrebbe ottenere la maggioranza dei voti sul piano nazionale ma essere sconfitto sul versante dei Grandi Elettori – come già accaduto nella contestatissima tornata elettorale del 2000, che vide la vittoria di G.W. Bush su Al Gore. O ancora, potrebbe ottenere un vantaggio di Grandi Elettori molto superiore a quello in termini di voti complessivi (come nel caso di John Fitzgerald Kennedy, che nel 1960 ottenne 84 Grandi Elettori in più di Robert Nixon, pur distanziandolo di poco più di 100 mila voti).

Pur restando l’unico candidato seriamente in lizza in campo GOP – dopo il ritiro di Ted Cruz e John Kasich – aspetto che dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) metterlo al riparo da ipotetiche imboscate in sede di convention nazionale, Trump sembra però essere abbastanza indietro in uno scontro con i candidati democratici.

Secondo Pollster, per esempio, il miliardario accuserebbe più di 6 punti di distacco da Hillary Clinton, che sembra ormai avere la strada spianata per la candidatura sul versante dem. Un distacco che sembrava essersi ridotto sino a 2 punti ad inizio 2016, per poi riprendere a salire nelle settimane successive.

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Molto simili sono anche i dati di Realclearpolitics (RCP), – che a dicembre scorso aveva segnalato un distacco tra i due candidati di appena 6 decimi – che vede la Clinton al 47.3%, con 6 punti e mezzo di margine su Trump.

Sondaggi elettorali, presidenziali USA: Trump perdente anche con Sanders

 

Ma i maggiori esperti di sondaggi hanno preso in considerazione anche la (remota) ipotesi di un duello tra Trump e Bernie Sanders, che nonostante l’ampio distacco dall’ex first lady Clinton non sembra voler abbandonare la battaglia delle primarie dem.

Secondo Pollster, in questo caso il vantaggio del candidato democratico sarebbe ancora maggiore, con un gap che si è progressivamente ampliato negli ultimi mesi, passando dagli 8 decimi di metà novembre agli attuali 11 punti e mezzo. Un dato confermato – ed ulteriormente ampliato – da RCP, che vede il candidato “socialista” avanti di oltre 13 punti, rimontando così i 4 decimi di svantaggio registrati nella prima metà dello scorso dicembre.

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In sostanza, i dati – che, ribadiamo, risultano indicativi sino ad un certo punto e suscettibili di ulteriori corpose oscillazioni – sembrano avvalorare l’ipotesi che l’aggressività campagna elettorale portata avanti da Trump gli si stia progressivamente ritorcendo contro, confermando l’opinione di chi lo considera come uno dei candidati più divisivi di sempre. Un aspetto che, nonostante una crescente polarizzazione della politica statunitense – in particolar modo dalla presidenza di G. W. Bush in poi – potrebbe non fare le fortune del tycoon.

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L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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