Spagna: è cominciata l’era delle larghe intese

Pubblicato il 17 Dicembre 2016 alle 11:23 Autore: Alessandro Faggiano
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Spagna: è cominciata l’era delle larghe intese

In un principio, il principale sostenitore delle larghe intese fu niente meno che lo storico presidente socialista, Felipe González. Un nome di peso, non solo all’interno delle file del PSOE, ma anche per l’opinione pubblica nazionale. 12 anni di governo non si dimenticano così facilmente, specialmente quando la ‘lunga decade’ segna l’ingresso della Spagna nell’Unione Europea, celebra le Olimpiadi di Barcellona, l’expo di Sevilla e molto altro. Uno dei padrini della politica post-franchista sembra aver avuto la ragione e, a distanza di praticamente un anno dalle storiche elezioni del 20 dicembre 2015, le larghe intese si sono concretizzate.

La genesi delle larghe intese

Il partito di Mariano Rajoy (attuale presidente del governo e in carica dal 2011) ha professato, a lungo, la posizione presa dal leader socialista, Felipe González. Il massimo dirigente del PSOE di allora, Pedro Sánchez, non ha voluto cedere alle pressioni del partito di maggioranza né, tantomeno, a quelle della élite del suo partito. Il lungo tira e molla interno, alla fine, ha debilitato elettoralmente il partito socialista (uscito con le ossa rotte dalle successive elezioni del 26 giugno 2016) e screditato lo stesso segretario Sánchez. Da lì a poco, la fronda interna avrebbe pressato Sánchez fino a costringerlo alle dimissioni. Le elezioni nei Paesi Baschi e in Galizia di fine settembre hanno fatto registrare uno dei peggiori risultati della storia per la compagine socialista. Tornare a nuove elezioni generali (le terze in un anno solare) avrebbe provocato quasi  certamente il crollo definitivo del Partito Socialista. Da lì, la necessità di esautorare lo stoico Sánchez. A nulla è servita la poetica protesta in Calle Ferraz (sede del partito) della base elettorale. Tolto di mezzo l’ex segretario, il Re Felipe VI ha chiesto a Rajoy di cercare la formazione di un nuovo governo. Questa volta, al suo secondo tentativo, ci riesce. Il 29 ottobre, Mariano Rajoy consegue la sua seconda presidenza. Decisivo l’appoggio di Ciudadanos e l’astensione del PSOE. L’astensione dei socialisti fu vista come il primo segnale di larghe intese da parte dell’opposizione. In effetti, così è stato.

Spagna: PP (popolari) e PSOE (socialisti) pattano su bilancio, riforma costituzionale e unità nazionale.

Dopo un primo mese ‘di assestamento’ (in cui il PP ha avuto grandi difficoltà nel portare avanti le proprie riforme) il momento cruciale di svolta è avvenuto verso gli inizi di questo mese. Il partito di Pablo Iglesias e Íñigo Errejón, Podemos, propose l’aumento del salario minimo interprofessionale da 650 a 800 euro entro il 2018. La proposta di legge passò al Congresso, costringendo il governo ad agire. Tuttavia, con un ‘colpo d’ala’,  il PSOE (che al principio votò favorevolmente alla proposta di Podemos) raggiunge l’accordo con il PP per derogare l’aumento a 800 euro e fermarlo a 707 euro. In cambio, il PP ha derogato alcuni elementi dell’infelice ley mordaza (legge che minava gravemente la libertà d’espressione). Alle veementi proteste di Podemos, si aggiunge il silenzio assordante di Ciudadanos che, da alleato principale di governo, passa alla semi-irrilevanza politica.

podemos

Da allora, PSOE e PP si sono avvicinati sempre di più e nella giornata di ieri il PSOE ha avallato il presupuesto (bilancio) senza fare troppe richieste. Non finisce qui, perchè socialisti e popolari sembrano pronti a riformare insieme la Costituzione. I capisaldi sono l’unità nazionale e la Monarchia: due punti fermi delle future politiche riformatrici. Proprio sulla questione più spinosa, riguardante l’unità nazionale e la sfida del governo catalano (che vuole il referendum sull’indipendenza per settembre dell’anno prossimo) PSOE e PP fanno quadrato, minacciando la Generalitat. 

Spagna: le larghe intese basate su temi trasversali

Il voto ideologico, nel paese iberico, esiste. La differenza nell’immaginario collettivo tra sinistra e destra è ancora molto presente e pertanto è un elemento da tenere in forte considerazione. Rispetto al nostro Paese -dove la forza politica antisistema (M5S) si professa al di là delle ideologie- Podemos si dichiara apertamente di sinistra. Pertanto, le larghe intese devono necessariamente fondarsi in elementi trasversali che trascendano l’ideologia. In questo senso, PSOE e PP si ritrovano molto vicini su unità nazionale (chiamato desafío soberanista), valore della Monarchia e la tanto celebre “responsabilità verso il Paese e i suoi cittadini”. Elementi non direttamente legati alla posizione ideologica. Su queste basi si fonda la nuova alleanza: un governo popolare di destra, appoggiato da una accondiscente Partito Socialista, sempre più spostato verso il centro dello scacchiere ideologico e lontana dalla sua base elettorale originaria.

Alessandro Faggiano

Twitter: @AlessFaggiano

L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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