Sondaggi politici: secondo SWG per i ceti più poveri serve la rivoluzione

Pubblicato il 27 Dicembre 2016 alle 13:55 Autore: Emanuele Vena

Sondaggi politici: secondo SWG per i ceti più poveri serve la rivoluzione

Le riforme non bastano, per migliorare le cose serve una rivoluzione. Ad evidenziarlo è il sondaggio condotto da SWG sulla percezione della società, dell’economia e della politica da parte delle classi sociali italiane, con particolare attenzione rivolta ai ceti più poveri.

I dati di SWG permettono di analizzare una situazione che sembra essere piuttosto eterogenea, a seconda degli occhi con cui la si guarda. Se per esempio nei ceti bassi al momento prevale una sensazione di disgusto e rabbia, per le classi più agiate il sentimento predominante è di attesa.

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Entrambi i livelli della società condividono un giudizio negativo sull’evoluzione del Paese, ritenendo che stia regredendo, sebbene l’opinione risulti molto più critica tra le classi più povere.

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Sondaggi politici: per i ceti bassi serve la rivoluzione

Tuttavia, questa lieve disparità di opinione, associata al differente sentimento di cui sopra, si traduce in risposte politicamente molto diverse. L’attesa delle classi più agiate si traduce nell’auspicio di un profondo ed efficace percorso riformista. Viceversa, il disgusto e la rabbia dei ceti più poveri lasciano trasparire la convinzione che l’unica soluzione alla situazione attuale sia una vera e propria rivoluzione.

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Diversa è anche l’opinione in merito ai veri nemici dell’Italia e alle maggiori fratture presenti nella nostra società. Per i ceti più alti il problema maggiore sono i corruttori, ed il grande cleavage riguarda principalmente la dicotomia tra onesti e furbi. Le classi meno agiate individuano invece il male principale nei poteri forti, mentre la più grande frattura riguarda – e non c’è da sorprendersi – le disparità economiche tra ricchi e poveri.

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Inevitabile risulta anche la preoccupazione dalle classi più benestanti – e più propense al riformismo – nei confronti dell’avanzata dei populismi. Lo stesso vale per la rabbia dei più poveri, che tende facilmente a tradursi in un giudizio negativo nei confronti di alcuni di quelli ritenuti come i simboli delle diseguaglianze attuali, come per esempio le banche.

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(Nota – Sondaggio condotto il 14-15 dicembre su un campione di 1500 soggetti maggiorenni rappresentativi della popolazione italiana. Metodo di rilevazione: CATI-CAWI.)

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L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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