Dal Salone di Francoforte uno sguardo al mondo dell’auto

Pubblicato il 12 Ottobre 2009 alle 23:27 Autore: Luigi Zoppoli

Dal Salone di Francoforte uno sguardo al mondo dell’auto

 

Dal Salone di Francoforte uno sguardo al mondo dell’auto

La scorsa domenica si è chiuso il Salone di Francoforte, uno dei più importanti show mondiali dedicati al mondo delle 4 ruote. Decine di novità, prime assolute, prototipi quali manifesti tecnologici di costruttori alla ricerca del futuro, tecnologia a profusione, rincorsa verso il mito di emissioni zero con vetture ibride o a propulsione elettrica o dotate di motori tradizionali dalle caratteristiche talmente avanzate che solo qualche anno fa sarebbero state impensabili.

Dimostrazione di vitalità dell’industria dell’auto, positiva effervescenza a connotare una realtà che sotto la superficie scintillante non è per nulla rassicurante. L’eccesso di capacità produttiva ed il conseguente basso utilizzo degli impianti sono il moloch contro il quale ogni costruttore cerca di battersi. E’ una questione di sopravvivenza. La crisi che in America ha coinvolto le oramai ex big three di Detroit se ha comportato la riduzione di forza lavoro e la chiusura di impianti senza risparmiare neppure la mitica Toyota ha sparigliato il gioco. Negli USA l’intervento pubblico ha impedito che i costruttori americani ad eccezione, forse, di Ford si disfacessero e scomparissero. In Europa questo processo di selezione non è avvenuto ancora per l’intervento degli stati che stanno reiterando gli interventi di sostegno attraverso incentivi alla sostituzione della propria auto. Il cash for clunkers americano. Le battaglie non sanguinose ma violente che i costruttori europei stanno combattendo hanno ad obiettivo la sopravvivenza da conquistare con strategie e tecnologie diverse che vanno dai 4 miliardi investiti dalla Renault che a Francoforte ha annunciato per il 2011 una intera gamma di vetture elettriche al caso FIAT che ritiene prematuro puntare tutto e subito sulle vetture a propulsione interamente elettrica ed investe, con risultati lusinghieri sulla tecnologie tradizionale che la pone, attualmente, allo stato dell’arte tecnologico per bassi consumi, basse emissioni, prestazioni elevate e piacevolezza di guida. A livello intermedio grandi gruppi come il mastodontico VW Group che percorre con cautela la strada verso vetture carbon free a Toyota ed Honda che, leader mondiali nel segmento delle vetture ibride (propulsione mista elettrica-motore tradizionale) declinano in maniera diversa una strategia che non è eccessivo definire di sopravvivenza.

Sulla propulsione elettrica pesa anche in’altra incognita: la Cina. Essa è quasi monopolista dell’estrazione di ‘terre rare’ da cui si ricavano elementi come il lantanio ed il neodimio essenziali nella costruzione di motori elettrici e di moderne batterie. Sono recenti iniziative cinesi per contingentare le esportazioni di questa materia prima con conseguenti ricadute sui prezzi.

L’Europa è però la patria dei ‘campioni nazionali’ imprese importantissime per numero di addetti, impianti di produzione e valori economici . Un esempio per tutti, ben più che la FIAT è la francese Renault. Il governo francese ha impresso il sigillo di ‘prodotto strategico’ sull’auto carbon free, alimentata cioè con carburanti non fossili coprendo di fatto le spalle alla Renault. Bisognerebbe infatti chiedersi se priva delle spalle coperte dall’Eliseo l’azienda sarebbe stata disposta a rischiare non solo 4 miliardi ma la sua sopravvivenza nel caso di insuccesso delle sue strategie. Secondo molti costruttori, i più tecnologicamente avanzati, le tecnologie oggi disponibili per le vetture elettriche non sono sufficientemente mature per affrontare la produzione di massa neppure a livello di convenienza economica. Il rischio statalista incombe ad inquinare la partita.

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