INTERVISTA Susta (Sc): “Sì alla decadenza Casini? Forse separarsi svelenisce il clima”

Pubblicato il 21 Ottobre 2013 alle 16:58 Autore: Gabriele Maestri

Nemmeno lui, che rappresenta Scelta civica a Palazzo Madama, si immaginava che Mario Monti potesse lasciare la presidenza del partito e il gruppo. Gianluca Susta, capogruppo di Sc al Senato, è però convinto che quel gesto solleciti un chiarimento definitivo all’interno del soggetto politico, tra chi (come lui) ritiene che sia ancora valido il principio ispiratore di Scelta civica (ossia scardinare il bipolarismo e combattere determinate battaglie) e chi pensa di superare l’esperienza Monti guardando a un Ppe in Italia.

Susta non capisce l’atteggiamento di Mario Mauro e di chi è del suo parere (“Una scelta legittima, ma è fatta per dividere e non è coerente”) e al momento non vede le condizioni perché Udc e Sc continuino un cammino comune; rivendica però con forza il diritto di richiamare il governo di larghe intese sui temi che stanno a cuore al partito. E sul voto ormai prossimo del Senato su Berlusconi spiega: “La maggioranza di noi si è già espressa a favore della decadenza, la legge Severino va applicata”.

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Senatore Susta, che sta succedendo in Scelta civica?

Beh, direi che in Scelta civica c’è un confronto politico. Da una parte c’è chi ritiene ormai maturo il tempo di superare Sc e scioglierla in un nuovo contenitore che si richiami in maniera esplicita al Partito popolare europeo e che comprenda Scelta civica, l’Udc e la parte meno estremista del Pdl, preparando così un bel listone per le elezioni europee; dall’altra parte, invece, c’è chi come me ritiene che le ragioni che hanno portato a creare Scelta civica, un partito plurale in cui convivono anime liberaldemocratiche e popolari per superare questo bipolarismo, siano ancora attuali, per cui il tempo non sarebbe già scaduto.

In che senso?

Per noi Scelta civica non ha esaurito il suo compito. E’ paradossale che, di fronte all’evidente crisi e incapacità di rappresentare un’alternativa da parte del Pdl e alla confusione che c’è nel Pd, si possa immaginare di essere risucchiati dentro a questo bipolarismo invece che continuare il nostro lavoro di scardinamento del bipolarismo stesso.

Quindi, se capisco bene, l’idea dell’altra parte di Sc di fatto va a impantanarsi in una logica bipolare?

Guardi, io credo che oggi si scrive “Partito popolare europeo”, ma si legge ancora “Berlusconi”. Io mi ritengo tuttora un uomo di centrosinistra, ma non sento minimamente il “richiamo della foresta” da parte di questo Pd, che forse rappresenta benino la storia della sinistra ma, al di là dei tanti ex democristiani e non solo che ci sono dentro, di fatto è parte integrante della famiglia socialista europea. Dall’altra parte, io credo che l’iniziativa dei senatori Mauro e Casini abbia una sua legittimità e dignità politica, ma troverà ancora Berlusconi sulla sua strada da qui alle elezioni. Quindi è un po’ contraddittorio dire “Mai con Berlusconi” e poi lavorare per andare oltre Scelta civica in quella direzione, dove però si trova solo Berlusconi, come le dichiarazioni di Alfano dimostrano.

mario monti attacca casini mauro e berlusconi

Si aspettava da Monti un gesto forte come l’abbandono di Scelta civica?

Quelle sono state anche per noi un fulmine a ciel sereno: io ero del tutto impreparato a una decisione del genere, che però credo abbia avuto lo scopo di accelerare il chiarimento, proprio perché siamo lontani da un momento elettorale. Mi sembra che, nonostante tutto quello che si può pensare, non ci sia nessuno di noi che immagina di voler mettere in crisi il governo, semmai vogliamo stimolarlo di più: mi auguro che la messa in sicurezza che è avvenuta tre settimane fa resista anche alle ulteriori vicende berlusconiane e a queste fibrillazioni. Credo quindi che, a distanza di sei, sette mesi dalle elezioni europee, Monti abbia voluto accelerare per capire se dobbiamo frettolosamente archiviare l’esperienza di Scelta civica, oppure ribadirne le ragioni: questo non si può trascinare fino a un mese prima delle elezioni, va affrontato adesso.

Con quale spirito vorreste arrivare al voto per Strasburgo?

Le elezioni europee sono una battaglia molto lunga, nella quale non solo devi definire un profilo, cosa che non è semplice per un partito plurale che non aderisce a nessuna famiglia europea, ma occorre anche trovare persone disposte a impegnarsi, radicarsi sul territorio, abbiamo appena iniziato a farlo… non possiamo andare avanti con quelli che tutti i giorni dicono che bisogna essere generosi, superare Scelta civica, scioglierci nel contenitore più grande del Ppe in italia in cui confluire con altri. Se questo continua a essere il mantra quotidiano, come posso andare a chiedere sul territorio le adesioni a Scelta civica, per dire poi che andiamo a finire nel Ppe? Tra noi ci sono quelli come me che nel Ppe non ci andrebbero mai e mai si iscriverebbero a un partito del genere: bisogna anche andare a dire a quale partito si aderisce. Credo allora che questa sia stata l’accelerazione di Monti: un conto sono le critiche al governo, un conto sono le dimissioni da presidente del partito. Lui ha voluto introdurre una cesura tra le due cose perché si chiarisca una volta per tutte cosa succede in Scelta civica.

Non è bastato dunque che Monti minacciasse a suo tempo le dimissioni, ottenendo la testa di Olivero…

Già quella situazione era un’avvisaglia importante, ma il problema è che quell’avvisaglia ha avuto molto seguito. Sono innumerevoli le iniziative più o meno riservate, dal convegno pubblico al pranzo di Mauro con Berlusconi, che fanno dire che c’è un fil rouge che porta in quella direzione – anzi, un fil noir, visto che il colore della Cdu è il nero…

casini

Certo è che Casini, subito dopo le elezioni di febbraio, ha parlato espressamente dell’Udc come “donatore di sangue” in favore di Monti. Un disegno come quello che sta portando avanti ora non era già immaginabile allora?

Beh, sì. Guardi, Casini in questa vicenda ha avuto il pregio della chiarezza: non ha aspettato ottobre, già un mese dopo le elezioni lui ha detto innanzitutto che era stato sbagliato fare la lista unica al Senato, secondariamente che bisognava andare velocemente nella direzione che poi altri hanno intrapreso. Sul piano della trasparenza non ho nulla da rimproverare a Casini: lui ha quel profilo e quella storia lì, lui ha rotto con Berlusconi perché non ha voluto farsi assorbire nel “partito del predellino” e da un Pdl governato da un “cerchio magico” che ha una deriva populista, reazionaria, poco credibile anche su altri piani. Casini non ha mai nascosto che la sua vocazione fosse il Ppe o di essere un uomo che lavora per un nuovo centrodestra. Ma lui è anche il leader di un altro partito, non di Scelta civica. Quello che è inaccettabile è che qualcuno di Scelta civica abbia “sposato” completamente questa tesi e che a incarnarla oggi ci sia l’unico ministro “politico” vero di Sc.

Che però le anime di Scelta civica fossero due è emerso abbastanza presto…

Non c’è nulla di male se Scelta civica ha una componente popolare e una liberaldemocratica, con Monti che esercitava la sintesi: comunque noi andremo verso elezioni europee in cui la forza dell’euroscetticismo e dell’antieuropeismo sarà tale per cui dovrà esserci un asse di governo nel Parlamento europeo per fare le cose che tutti auspichiamo in Europa nei prossimi 5 anni. Questo asse dovrà essere rappresentato dall’incontro della famiglia liberaldemocratica e della famiglia popolare, con una trattativa con l’altra grande famiglia democratica – quella dei socialisti – e in parte anche con i verdi. Quindi non credo che il tema sia se in Scelta civica c’è una componente liberal e una popular: io non ho mai nascosto di voler essere parte della componente liberaldemocratica, ma lavoro perché Scelta civica sia Scelta civica, con la sua autonomia e originalità, con la sua lista e il proprio simbolo alle prossime elezioni europee, nel nome di Monti e di valori che in Europa sono incarnati prevalentemente dai libdem e anche in parte dai popolari. Diverso è invece chi, dall’interno di Scelta civica, lavora per dissolverla immediatamente, o comunque nei prossimi mesi, perché si crei un contenitore – i Popolari per l’Europa – che è un’altra cosa e costringerebbe noi a entrare in un mondo che non riteniamo nostro. Chi lavora per questo lavora per dividere, non per unire. Posso capirlo se lo fa Casini, dunque l’Udc, che è un partito, un alleato di Scelta civica ma non è Scelta civica; capisco meno quegli amici di Scelta civica che vogliono accelerare questo processo.

Eppure la storia e l’immediato passato di Mario Mauro in Forza Italia e nel Pdl sono noti, in questi giorni in molti hanno avuto gioco facile a ricordarli…

Guardi, io sono uno di quelli che, per mantenere le stesse idee, ha dovuto cambiare partito. Io mi sono candidato nel Pd nel 2009 da vicepresidente dell’Alde (il gruppo europeo cui aveva aderito la Margherita nel 2004, ndr), non dei socialisti: dopo le elezioni europee il Pd ha avviato una trattativa col gruppo socialista che doveva prevedere il riconoscimento dell’autonomia dei democratici pur in un’alleanza coi socialisti, mentre di fatto siamo finiti in un gruppo unico, che non è la stessa cosa. A quel punto uno come me prima si è dimesso dagli incarichi, poi è uscito dal partito. Tre anni fa, non l’altro ieri. Così come so dell’assoluta linearità, trasparenza e buona fede del mio comportamento, presumo che un disagio analogo l’abbia provato Mario Mauro. Scelta civica è il classico luogo che ha unito quelli che avevano una visione di dove andare a prescindere del luogo da cui si veniva. Ci sono ex Ds come Ichino o Maran, ex democristiani come Maria Paola Merloni, liberali come Gino di Maggio, come c’è gente che non ha mai fatto politica. Scelta civica era nata come un partito plurale che univa persone diverse che però volevano andare nella stessa direzione: quella ispirata dall’agenda Monti, dall’attività di governo, di un’Europa federale e fortemente integrata, con una governance economica europea orientata all’economia sociale di mercato, molto competitiva. Era questo l’idem sentire di un partito che metteva insieme le culture riformiste migliori che ci sono – e che ovviamente non sono presenti solo in Scelta civica – le amalgamava intorno al programma dell’agenda Monti e le immetteva nell’orizzonte del federalismo europeo.

mario mauro ministro difesa

Però, mentre c’era questo idem sentire, qualcuno aveva un altro programma in mente o ne ha elaborato uno diverso via via…

No, io credo che sia stato un po’ il riflesso del risultato elettorale e che sia anche un elemento legato ai sondaggi non così favorevoli, quindi alla paura che lo strumento non fosse in grado di reggere da solo. Il problema è che in politica, se ci si avvita su queste cose, si finisce per contribuire a dissolvere e non a far risorgere: la delusione di alcuni per il risultato elettorale e la maggior insoddisfazione per i sondaggi non favorevoli e la speranza che il Pdl potesse dissolversi in fretta ha portato alcuni frettolosamente a credere che l’esperienza di Scelta civica potesse essere superata e ci si potesse facilmente avviare verso un nuovo partito italiano che facesse riferimento al Ppe, magari con qualche “benedizione” arrivata nel frattempo dall’Europa. Questo ha fatto scattare la molla: dentro a questo, evidentemente, come sempre nelle dialettiche politiche si innescano aspetti umani, caratteriali, relazionali, assieme alla difficoltà oggettiva della situazione… tutte cose che complicano il quadro. E alla fine è entrata anche la questione del governo.

A questo punto, le dimissioni di Monti sono una porta definitivamente chiusa per Casini? 

Mah, il problema non è una porta chiusa a Casini, ma la non condivisione – che credo riguardi la maggioranza di Scelta civica, ma lo vedremo al direttivo di domani e all’assemblea degli eletti di dopodomani – del progetto di archiviare l’esperienza di Sc. Casini oggi è nel gruppo parlamentare con noi, ma è il leader di un altro partito e sono i partiti a decidere la linea politica, non i gruppi parlamentari. Fino a oggi Udc e Scelta civica sono riusciti a convivere nello stesso gruppo; bisogna capire se la linea che uscirà da Scelta civica nei prossimi due giorni sarà compatibile con il disegno dell’Udc e permetterà di mantenere i gruppi uniti. Io spero che ci sia il massimo di chiarezza possibile: io non credo che oggi ci siano le condizioni per proseguire un cammino comune.

Quindi le componenti sono destinate a separarsi in Parlamento?

Per esperienza da avvocato credo che sia sempre meglio una separazione consensuale di un litigio quotidiano. Forse una separazione consensuale aiuta a svelenire il clima e aiuta anche il governo a non dover subire le fibrillazioni di una situazione come questa: qui il governo rischia di pagare una dialettica politica che è meglio concludere al più presto. Io credo che la maggioranza di Scelta civica non voglia archiviare l’esperienza di Scelta civica, perché non sono esaurite le ragioni per cui abbiamo organizzato questo movimento che si sta radicando come partito: superare un bipolarismo muscolare caratterizzato da una destra che mette insieme euroscettici, antieuropeisti, democratici, liberali, reazionari, clericali, fascisti e post-fascisti e una sinistra che fa riferimento a una sinistra socialista europea. Crediamo che in mezzo molti, soprattutto i “moderati”, non abbiano altro punto di riferimento che Scelta civica e vogliamo offriglielo: dipenderà da noi il riuscire a farci capire sui temi concreti.

In che modo?

Abbiamo fatto battaglie nella maggioranza per far capire dove vogliamo andare: non credo sia lesa maestà verso il governo dire che le decisioni prese sull’Imu sono un errore perché abbiamo tolto 4 miliardi all’economia nazionale, quando ne bastava uno per togliere l’imposta al 70% degli italiani con la prima casa e avremmo dirottato il resto su altre cose; abbiamo fatto la battaglia per correggere il decreto sui precari perché alcune cose non andavano nella logica del merito e della competizione. Sono battaglie politico-culturali: saremo stati poco capaci di “venderle”, ma abbiamo provato a farle. Non è quindi un atto di slealtà verso il governo, ma di lealtà per richiamare il governo a fare cose cui, a quanto pare, teniamo solo noi: se il governo dev’essere solo un patto tra Pd e Pdl, hanno i numeri per farlo, ma se partecipiamo anche noi avremo pure il diritto di portare all’attenzione del governo alcune delle peculiarità che sono nostre, no? O dobbiamo rinunciare solo perché non siamo numericamente determinanti? Non esiste essere attaccati dall’interno del proprio partito con accuse di incoerenza e slealtà solo perché si vuole porre l’attenzione del governo su certe questioni. Forse che il Pd con Epifani ha detto cose migliori sulle scelte del governo? Le dimissioni di Fassina sono una cosa normale? La Camusso, che pure è l’azionista di maggioranza del Pd, non ha forse dichiarato lo sciopero generale? O dal Pdl non sono venute critiche in questi mesi? Solo su quelle di Scelta civica si deve fare un caso nazionale?

Letta

Quale dovrebbe essere la strada, allora?

Se questo è un governo di larghe intese, tutti ci dobbiamo assumere la responsabilità di andare a raccontare agli italiani la verità, cioè che siamo ancora vicini al baratro: siamo il fanalino di coda dell’Europa, non cresciamo perché lo Stato non funziona, la spesa pubblica fa paura, il debito ammazza le nuove generazioni. Interveniamo su questo, invece che discutere se tagliare l’Imu di uno o due punti. Eppoi smettiamo di considerare Louis Vuitton, gli spagnoli di Telefonica come stranieri invasori: di cosa parliamo, nell’Europa del ventunesimo secolo? La stabilità è importantissima, purché sia una stabilità del fare: una stabilità del sopravvivere non ci interessa. Siccome abbiamo un grande presidente del Consiglio, che ha continuato l’attività di Monti sul piano internazionale e che sta cercando faticosamente di guidare la barca in questo frangente, dobbiamo richiamare al senso di responsabilità non Letta, ma gli altri partiti. Il problema è che, se qualcuno di noi invece pensa a intese con qualcun altro, è evidente che non funziona.

Nel frattempo, però, si avvicina il giorno del voto del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Se Monti ha espresso chiaramente il suo favore per la decadenza, all’interno del vostro gruppo a Palazzo Madama Casini si è esposto molto meno: avete già preso qualche decisione?

Beh, io ho letto dei giudizi di alcuni che dicono che vedranno. Io dico che invece noi a fine agosto abbiamo deciso che voteremo per la decadenza: ne abbiamo parlato in gruppo, prima che Della Vedova andasse in giunta a esprimersi, e io ho sentito qualcuno che manifestava qualche perplessità – ricordo ad esempio Gabriele Albertini e forse altri due – ma il grosso del gruppo era perché si votasse a favore della decadenza. Rispetto ad allora sono intervenuti fatti nuovi, a parte quelli politici? No, nessuno. Io dico che noi voteremo la decadenza come Scelta civica, perché la legge Severino va applicata. Se il senatore Berlusconi ritiene che la legge sia incostituzionale, avrà la possibilità di far valere il suo dubbio impugnando il provvedimento di decadenza ed eventualmente la Corte costituzionale deciderà. Non vedo per quale ragione una persona, che è stata condannata in via definitiva a quattro anni di reclusione di cui tre sono già stati “indultati”, debba ritenersi vittima della giustizia e noi dobbiamo assecondare questa deriva. E’ veramente la negazione dello stato di diritto.

Il voto però sarà segreto?

Credo che lo scrutinio sarà segreto – perché non sono per cambiare le regole contro Berlusconi, finora si è votato sempre a scrutinio segreto sulle persone, tranne quando la persona stessa chiedeva il voto palese – ma spero che tutti abbiano il coraggio e la responsabilità di dire prima come voteranno. Io sono per votare la decadenza, perché le leggi della Repubblica vanno applicate. Non si capisce perché nove mesi fa tutti erano per votare la Severino e oggi si dice che è incostituzionale: questa schizofrenia della politica deve veramente finire.

Berlusconi

Quindi si può dire che abbiate già deciso?

Noi abbiamo avuto quel dibattito prima della seduta di Giunta, abbiamo parlato a lungo: avevamo anche suggerito le modalità di un approfondimento che si è poi verificato lungo il percorso, anche con un minimo di dilatazione dei tempi che in effetti abbiamo riscontrato. Ma è chiaro che la stragrande maggioranza di noi si era espressa per la decadenza. Prima del voto in aula, ovviamente, ci dovrà essere un altro passaggio nel gruppo, visto che quella di fine agosto era un’indicazione che davamo al nostro membro in Giunta: liberi tutti anche di cambiare idea, nella vita è sempre legittimo, ma non cambiamo un’impostazione ribadita tante volte da me come capogruppo, da Monti finché è stato presidente e mai smentita da altri. In fondo, credo che nemmeno Casini abbia detto che non avrebbe votato la decadenza, mentre ha sempre parlato di una procedura garantista che desse modo a Berlusconi di difendersi: considerando che siamo arrivati al 21 ottobre senza il voto dell’aula e addirittura dopo la sentenza della Corte d’appello di Milano per il ricalcolo dell’interdizione, cosa dobbiamo aspettare ancora? Che si pronunci la Cassazione? Da avvocato dico che il diritto non deve diventare farsa, a tutto c’è un limite.

Per come la vede lei, che speranza di vita dà al governo Letta?

Io credo che il governo abbia i margini per andare avanti, altrimenti vuol dire che la presa di posizione dei 23 del Pdl di tre settimane fa è stata una pagliacciata. Se questo tempo dall’ultimo voto di fiducia è servito a Berlusconi a ricompattare il Pdl al punto da riuscire a convincere tutti che se lui decade si va a votare, allora forse era meglio che ci si arrivasse a settembre. Siccome voglio credere che l’iniziativa di Quagliariello, Lorenzin, Alfano e altri fosse un punto fermo, che avrebbe impedito una caduta del governo per vicende legate a Berlusconi, qualunque cosa accada a Berlusconi il governo andrà avanti. Io voglio credere che il governo duri e secondo me durerà, altrimenti vorrà dire che Berlusconi è riuscito di nuovo a ricompattare non solo i falchi, ma anche le colombe.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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