Disoccupazione, la vera emergenza è tra i 25 e i 34 anni

Pubblicato il 9 Dicembre 2013 alle 11:45 Autore: Gianni Balduzzi
Disoccupazione, la vera emergenza tra i 25 e i 34 anni

Disoccupazione, la vera emergenza è tra i 25 e i 34 anni. L’Istat finalmente se ne è accorta, e ha deciso di pubblicare nei propri report mensili il dato del tasso di disoccupati sulla popolazione totale, non solo sugli attivi, ma l’idea comune sulla disoccupazione dei 15-24enni come principale emergenza rimane.

In realtà se analizziamo i dati messi a disposizione dall’ISTAT osserviamo alcune cose interessanti: il tasso di attività sui cui si misura normalmente la disoccupazione, ovvero le persone che lavorano o sono disposte a lavorare è molto basso e in calo per i 15-24enni, in quanto moltissimi stanno studiando, e invece è alto e stabile per esempio per i 25-34enni, come vediamo nel grafico seguente.

E’ chiaro che misurare i tassi di disoccupazione come numero di coloro che cercano lavoro sugli attivi è fuorviante, in quanto il denominatore è molto diverso, e un denominatore basso fa risultare un tasso di disoccupazione molto alto, per esempio ormai il 40% per i più giovani. E’ più interessante allora per usare misure omogenee osservare il numero dei disoccupati in proporzione alla popolazione totale di una data classe di età, e scopriamo qui quanto segue nel grafico:

I disoccupati tra i 25-34enni sono di più, e non solo, ma sono in aumento strutturale, mentre nel caso dei più giovani c’è un ritorno a valori già presenti in passato.

 

La vera emergenza è qui, si può osservare anche dall’andamento del tasso di disoccupazione nel tempo, che ha un senso dato che gli inattivi sono pochi:

C’è un trend di aumento della disoccupazione anche relativamente a periodo con disoccupazione totale alta, per esempio nel 1993 si era per i 15-64enni sul 12% come oggi, ma per la fascia 25-34enni invece la differenza è allarmante, +7%.

Certamente vi sono molte ragioni di questo peggioramento che va al di là anche della crisi stessa, come l’aumento dell’occupazione dei lavoratori più anziani, il prolungamento degli studi e il relativo aumento degli inattivi però accompagnato dall’aumento dell’attività di molte donne che prima in questa età si sposavano e preferivano essere casalinghe-

E a questo proposito vediamo la disoccupazione maschile e femminile.

Per le donne l’aumento della disoccupazione è stato relativo e più marcato al Nord-Ovest rispetto al 1993, mentre in altre aree si è tornati ai livelli di quell’anno. E’ in corso un riallineamento ai livelli di occupazione maschile soprattutto in queste fasce giovani:

Il dramma maggiore è quello maschile:

Qui vediamo tassi quasi triplicati, da 6 al 17%, dal 10% al 27% al Sud, più che triplicati al NordOvest, dal 3% a più del 10%. E’ anche diminuito il tasso di attività maschile.

Volenti o nolenti cambia il modello di società, quello che voleva che l’uomo sui 30 anni che mette su famiglia, avvia una carriera e ha un posto stabile e in questo modo forma la spina dorsale dell’economia nazionale è irrimediabilmente in crisi, ben più di quanto la crisi economica nazionale abbia provocato, visto che tale peggioramento era già in atto, non avendo goduto questo segmento del calo di disoccupazione generale in atto fino al 2008.

E’ un campo che riguarda anche la sociologia e la demografia, che va oltre l’economia strettamente intesa, con cui si dovrà fare i conti, sempre che media e studiosi vogliano occuparsene e non scambino per emergenze altri fenomeni mediatici che non lo sono.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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