Il PD tra responsabilità e immobilismo

Pubblicato il 4 Febbraio 2012 alle 10:17 Autore: Matteo Patané
immobilismo pd

Non deve quindi stupire che le insormontabili difficoltà nel conciliare punti di vista e istanze diametralmente opposti abbiano deprezzato e depotenziato l’offerta politica del partito; nel tentativo di non scontentare nessuno, il PD ha condannato sé stesso, almeno nei suoi primi anni di vita, all’inerzia politica.
Fatto forse ancora più grave, il PD ha rinunciato alla mission insita nella definizione stessa di partito, ovvero rappresentare una parte della popolazione e le sue richieste. In parte il problema deriva dalla nascita del tutto peculiare della formazione: trattandosi di una fusione dall’alto di due forze preesistenti e di antichissima estrazione, è mancato quello zoccolo duro ideologico che porta un movimento oltre quella soglia critica necessaria per trasformarlo in partito di rilevanza nazionale (si veda ad esempio la Lega Nord). Per di più, le due forze che hanno dato origine al PD erano rivali ai tempi della Prima Repubblica, e fondendosi hanno dovuto mettere da parte una fetta consistente del loro patrimonio ideologico fondativo, senza tuttavia sostituirlo con un’adeguata sintesi.
Mancando quindi la base ideologica, il PD non è stato in grado di seguire il naturale percorso evolutivo di un partito, ovvero la propugnazione e la difesa del suo corpus di idee in modo da renderlo maggioritario nel Paese; al contrario, il PD si è via via aperto a settori sempre più ampli della società (le candidature delle elezioni 2008 sono il più fulgido esempio del fatto) fino a scivolare nell’immobilismo.

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Sebbene la gestione di Pierluigi Bersani abbia in parte mitigato questo scenario, a livello percettivo il Partito Democratico è ancora visto come una formazione molle e senza idee, né sarà facile modificare tale sensazione nell’attuale situazione di appoggio al Governo Monti.
Il Partito Democratico è una formazione giovane – sebbene politicamente parlando non lo siano i suoi esponenti di spicco – eppure questa non può essere una scusa per non avere una vera posizione politica.
Se il richiamo alla responsabilità porta all’inclusione di ogni istanza sociale e quindi all’immobilismo, è giunto il momento che il PD ponga dei confini, rinunci alla conquista di fasce elettorali incompatibili tra loro e si dia un’identità ed una collocazione politica precisa. Solo in quel momento potrà davvero definirsi un vero partito di governo.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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