Il sottosegretario De Caro indagato per ‘spese pazze’. Lui: sono solo 500 euro al mese

Pubblicato il 4 Marzo 2014 alle 14:39 Autore: Redazione
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Sembra che i sottosegretari siano la spina nel fianco di Matteo Renzi. Bersagliato da più parti politiche e da alcuni giornali, il governo dell’ex sindaco di Firenze vacilla quotidianamente. Ieri il caso Gentile. Oggi l’episodio del sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Umberto Del Basso De Caro, esponente del Partito Democratico. Si difende o almeno ci prova con un’intervista a La Repubblica.

Concetto Vecchio, editorialista de La Repubblica, parte forte chiedendo al diretto interessato (Del Basso De Caro) se abbia intenzione di dimettersi. E la risposta non può essere più schietta di altre: “non ci penso affatto”. Vecchio ‘protesta’: “ma lei è inquisito”, sostiene. La difesa afferma, invece, come sia “indagato, precisiamo, ma per una cosa che fa vomitare, una cosa per la quale non c’è la legge, non c’è il regolamento, e quindi non c’è nemmeno il reato”.

umberto del basso de caro

Tirando le somme di quanto è successo, lo scorso luglio la procura di Napoli aveva iscritto nel registro degli indagati ben 57 Consiglieri regionali campani, compreso Del Basso De Caro allora capogruppo regionale. L’accusa del pm Novelli ha riguardato l’utilizzo “fondo per il funzionamento dei gruppi regionali” per ‘spese pazze’ e personali. L’attuale sottosegretario si auto-scagiona sostenendo come siano solo “cinquecento euro al mese! Nessuno mi obbligava a rendicontare 11mila euro in tre anni: sai come hanno cambiato la vita a un poveraccio come me. Ma se c’era la legge che me lo imponeva io secondo lei non facevo la scheda carburante? Che poi chi mai chiederebbe le mie dimissioni? L’opinione pubblica? E’ questo sentimento popolare ora è sconcertato dal mio avviso di garanzia?

Vecchio fa la domanda delle domande quando chiede ad un nervoso Del Basso De Caro se un indagato possa essere sottosegretario: “cento volte” è la risposta. “È solo un cittadino sottoposto a indagine, non è né imputato né condannato. E allora il ministro Lupi non dovrebbe dimettersi?” L’allora capogruppo dem sostiene come il reato non esista: “una norma opaca e di dubbia interpretazione”. Ma è peggio: la norma non c’è proprio”. Chiude come avesse appena cominciato: “il reato non esiste”.

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