Genova, il PD e la sindrome delle primarie

Pubblicato il 16 Febbraio 2012 alle 11:30 Autore: Matteo Patané
genova

Come inquadrare allora il caso di Genova?
Sicuramente sarebbe scorretto ricondurre il tutto alle specificità del capoluogo ligure. Genova è la naturale prosecuzione dei fenomeni di Milano, Napoli e Cagliari, che evidenzia una crescente difficoltà da parte del Partito Democratico nell’individuazione dei candidati adatti per i grossi centri, se non in realtà in cui l’amministrazione del partito aveva già raggiunto livelli di consenso bulgari come a Torino o dove il PD riesce a costituire di per sé un sistema di potere come a Bologna. Laddove la carica di sindaco concerne un grosso centro, in effetti, il suo peso ne risulta nettamente accresciuto, trasformando l’incarico amministrativo in incarico politico. Le frequenti dichiarazioni alla stampa di personaggi come Emiliano (sindaco di Bari) o De Magistris (sindaco di Napoli) su temi di politica nazionale ne sono la prova, allo stesso modo delle frequenti comparsate televisive di Pisapia (sindaco di Milano); l’esempio in assoluto più eclatante è tuttavia Renzi (sindaco di Firenze) che ha usato la sua elezione a primo cittadino per ritagliarsi un ruolo di primissimo piano nel partito e in generale sulla scena politica del Paese.
Nella scelta del primo cittadino per città così importanti, dunque, non è inconsueto che elementi come l’appartenenza territoriale, passate esperienze di buon governo, la vicinanza alla popolazione, passino in secondo piano rispetto a criteri di scelta meno nobili quali il parcheggio per un esponente di spicco non eletto ad altra carica, il premio per il dirigente fedele, o altro.
Inoltre, le grandi città sono per definizione mondi in maggiore fermento rispetto ai piccoli centri, luoghi di sperimentazione anche politica e sicuramente i primi luoghi in cui le novità tendono ad affermarsi e consolidarsi.
Il problema del Partito Democratico, quindi, risiede nella capacità di scelta dei candidati, spesso ritenuta da un elettorato comunque piuttosto attento e critico troppo legata da vincoli e strategie di partito – a torto o a ragione – e non nel reale interesse del territorio. A volte con qualche sorpresa: Fassino, la cui candidatura da molti era considerata come una sorta di pensionamento anticipato per lo storico esponente democratico, ha stravinto le primarie a Torino, e non solo per l’appoggio del suo popolarissimo predecessore Chiamparino. Altrove, candidati comunque di rottura come Boeri sono stati scavalcati da candidature ancora più simboliche, vuoi per le proprie qualità vuoi perché in grado di raccogliere gli appoggi più popolari del momento.

Risultati delle primarie 2012 a Genova
(aggregazione per seggio)

All’interno di questa cornice generale è tuttavia d’obbligo evidenziare le peculiarità delle elezioni genovesi.
In primo luogo, il PD ha espresso due candidati, il sindaco uscente – a cui va comunque il plauso di essersi rimessa in gioco dopo un mandato e avere forse creato un precedente per il futuro – Marta Vincenzi e la senatrice cattolica Roberta Pinotti.
Due candidature dalla forza equivalente, che hanno però avuto l’effetto di annullarsi a vicenda, spianando la strada a Marco Doria, professore universitario targato SEL.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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