TTIP, il trattato di libero scambio USA-UE, i benefici, chi si oppone e perchè

Pubblicato il 8 Settembre 2014 alle 14:42 Autore: Gianni Balduzzi

Come spesso accade a temi riguardanti l’economia e gli esteri, se ne parla poco, ma riguarda direttamente in nostro futuro, ovvero le trattative per il TTIP, il Trattato di libero scambio USA-UE, ora chiamato anche TAFTA, perchè include anche EFTA e NAFTA, una grande opera di liberalizzazione e abolizioni di tariffe e regolamentazioni che ostacolano il commercio tra i due lati dell’Atlantico, una materia complessa e soprattutto molto controversa

La Commissione Europea ha affidato a uno studio indipendente, realizzato dal Centre for Economic Policy Research di Londra, che nel 2013 ha prodotto un’analisi per determinare gli eventuali vantaggi di questo trattato.

Secondo il Centro di ricerca, i vantaggi del libero scambio sarebbero nel corso del tempo di ben 120 miliardi di euro per la UE, di 90 miliardi per gli USA, e di 100 miliardi per tutto il mondo. L’export della UE verso gli USA aumenterebbe del 28%, ovvero di 87 miiardi, e le’xport totale di UE e USA aumenterebbero del 6% nella Ue e del 8% negli USA

Questo si tradurrebbe in 545€ in più all’anno di reddito disponibile per una famiglia di 4 persone in Europa e di 655€ in USA. In parte provenienti anche dai posti di lavoro agguntivi provocati da una maggiore attività economica e guadagni in produttività, e semmpre secondo lo studio solo ta lo 0,2% e lo 0,5% delle persone dovrebbero cambiare lavoro o settore a causa delal concorrenza aumentata dei prodotti oltreoceano.

Previsioni ottimiste, certo, che però derivano dalla considerazione, che come vediamo nel prospetto seguente, l’interscambio di beni, servizi, e investimenti tra UE e USA è tra i più grossi al mondo

EU USA interscambio

E nonostante si tratti di aree economiche con simili caratteristice, economie mature, i massimi standard di vita nel mondo, una struttura produttiva non molto dissimile, tuttavia sono ancora presenti barriere tariffarie, seppure molto diverse per settore:

tariffe usa ue

Come si vede sono decisamente le tariffe UE ad essere maggiori, e soprattutto in due segmenti non certo secondari, i veicoli a motore e il cibo.

Tuttavia è soprattutto nelle “non tariff barriers”, le barriere non tariffarie, che si annidano gli ostacoli al libero commercio, ovvero tutta quella serie di regolamenti, prescrizioni, leggi restrittive che limitano limportazione di prodotti fabbricati con regole diverse. Nel 2009 Ecorys aveva calcolato per la Commissione Europea quanto queste impattassero come percentuale sul costo e quindi sulla competitività dei prodotti:

NTB costs

Qui sono le barriere americane ad essere leggermente superiori e in ogni caso il loro peso si sente più nei beni che nei servizi, si noti come il settore agroalimentare, così importante per l’Italia, è colpito.

Il Centre for Economic Policy Research ha quindi calcolato l’impatto che una liberalizzazione, anche non totale, avrebbe sui vari settori, anche in proporzione al peso che gli USA hanno nell’export europeo, ed è evidente che non sono tanto alcuni servizi o prodotti in cui l’intescambio con gli USA fa la parte del leone a beneficiarne di più ma altri con una importanza media e però un impatto forte delle barriere, ovvero i veicoli a motore, seguiti dal food:

market impact

 

Tuttavia è proprio il fatto che le barriere tarrifarie ormai sono in media solo del 3%, e che è evidente che la gran parte della liberalizzazione consisterebbe nell’alleggerimento o cancellazione di barriere di altro tipo, come regolamenti, restrizioni, procedure, come misure di sicurezza, leggi sulla protezione dei consumatori, ecc. che provoca le maggiori opposizioni, soprattutto in Europa, perchè si teme possa risultare in un allentamento delle imponenti misure di sicurezza e protezione che notoriamente la UE adotta per i beni prodotti o importati. Riassumendo in modo grossolano mentre negli USA è permesso tutto ciò che non è rpvato faccia male, nella UE è vietato tutto ciò che non è ancora provato sia innocuo, per un principio di precauzione. I principali imputati sono i cibi e le colture OGM (da Organismmi Geneticamente Modificati). Gli esempi tuttavia sono molti, per esempio il permesso di lavare le carcasse di polli con cloro, che nella UE non c’è, e dovrebbe essere garantito se si volesse rendere omogenee le legislazioni.

Un altro campo controverso è la libertà di ricerca del shale gas tramite il fracking, che ha ormai preso piede e sta rendendo pienamente indipendenti dal punto di vista energetico gli USA. In Europa vi è moltissimo timore delle conseguenze ecologiche, oltre che della possibilità di provocare piccoli terremoti, che queste tecniche includono.

Inoltre, e questo è forse l’aspetto più rilevante perchè trasversale a tutti i settori, vi sarebbe l’istituzionalizzazione degli arbitrati che già ora in alcuni Paesi, come in Germania esistono per trattare i contrasti tra multinazionali investitrici e stati qualora le prima denunci un cambiamento degli accordi e delle condizioni garantite dal Paese per l’investimento, come una nuova legislazione ambientale o sul lavoro. Questi arbitrati diverrebbero la regola bypassando i tribunali nazionali, sia in USA che nella UE per regolare le vertenze. Sempre basandosi sull’applicazione della minore regolamentazione possibile. Per esempio alcuni costruttori di centrali nucleari hanno citato in giudizio lo Stato tedesco per la decisione improvvisa di rinunciare al nucleare, oppure viene citato dal Guardian, tra i giornali critici del trattato, il caso della Philip Morris che ha citato o Stato australiano per la legge che vieta l’esposizione di marchi sulle sigarette sostituendoli con immagini scoraggianti (ogani distrutti, bocche paiagate dal cancro, ecc), atto che violerebbe il dititto alla proprietà del brand.

I fautori di questi arbitrati si difendono dichiarando che non è possibile che una singola azienda straniera si sottoonga a un giudizio di parte in cui il sistema giudiziario statale avrebbe un bias favorevole al proprio Paese piuttosto che essere imparziale.

Altre meno giustificabili paure riguardano l’eliminazione di sussidi, laddove esistano, ad alcuni settori come la produzione cinematografica e culturale, per esempio questo è un tema molto dibattutto in Francia, dove si vuole mantenere quella chiamata “l’eccezione francese”, ovvero la sovvenzione statale di produzioni di qualità, o presunte tali.

La realtà però è una, ben diversa, c’è sfiducia, e disinformazione, il 99% degli europei pensa che i regolamenti UE sul cibo siano più sicuri di quelli USA, mentre il 70% degli americani pensa lo stesso dei propri rispetto a quelli europei. Gli americani temono la concorrenza di Paesi come Romania e Bulgari e delle loro leggi sul lavoro meno restrittive e i loro salari bassi, gli europei temono invece il “liberismo selvaggio” delle multinazionali americane. Non vi è informazione sugli OGM, al di là del populismo, impazzano le leggende metropolitane sui rispettivi modelli sociali, dall’ccuso di essere “trash” a ciò che è americano, alle opinioni sulla pigrizia europea.

Nel frattempo le altre aree del mondo, non solo i BRICS, ma tutta l’Asia e gran parte dell’Africa e del Sudamerica avanzano economicamente, cambiando completamente modelli sociali ed economici in pochissimi anni, gli stessi che impiegano in Occidente a decidere se una singola riforma del lavoro può essere introdotta o se adottare o meno gli OGM, e aumentando il proprio reddito e tenore di vita, quelo stesso che è in declino nei nostri Paesi.

L'autore: Gianni Balduzzi

Editorialista di Termometro Politico, esperto e appassionato di economia, cattolico- liberale, da sempre appassionato di politica ma senza mai prenderla troppo seriamente. "Mai troppo zelo", diceva il grande Talleyrand. Su Twitter è @Iannis2003
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