Il mercato del lavoro italiano, tra contraddizioni e false credenze

Pubblicato il 16 Settembre 2014 alle 11:39 Autore: Emanuele Vena
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Disoccupazione nascosta, bassa produttività, mercato del lavoro contraddittorio. E’ quanto emerge da un’analisi pubblicata da ‘Repubblica’ a proposito del Sistema Italia. Un quadro a tinte fosche e pieno di anomalie.

MERCATO DEL LAVORO CONTRADDITTORIO – Bassa occupazione, alto protezionismo. In questa frase si potrebbe condensare la contraddittorietà del mercato del lavoro italiano, che sconta un alto tasso di disoccupazione a fronte di una solida protezione di chi ha un impiego permanente. A risentirne maggiormente sono ovviamente i giovani, il cui tasso di disoccupazione è a livelli allarmanti. Il tutto mentre l’aumento di stipendi e salari risulta paradossalmente più rapido che in Germania, laddove però – a differenza che in Italia – il livello di consumi non pare accusare il colpo. Smentendo quindi la teoria che vede l’aumento dei salari quale stimolo ai consumi.

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FALSE CREDENZE – C’è poi tutto il sistema di false credenze, a partire da chi considera la disoccupazione italiana sì elevata ma minore rispetto ad altri importanti partner europei come Spagna e Francia. In realtà va sottolineata la disparità di fondo, basata sulla presenza altrove di un sussidio di disoccupazione, che spinge i senza lavoro a dichiarare pubblicamente la propria condizione. Molto diversa la situazione italiana, dove il sussidio spetta quasi integralmente ai cassaintegrati, i quali – ironia della sorte – per le statistiche risultano occupati. Da qui emerge la solita discrepanza tra tasso di disoccupazione e disoccupazione reale, data dall’alto numero di persone che preferiscono uscire dal computo della ‘forza lavoro’, decidendo di non iscriversi agli uffici per l’impiego.

POSTI DI LAVORO – Un’altra falsa credenza è legata al paragone tra Spagna ed Italia a proposito della creazione dei posti di lavoro, che vede la crescita spagnola legata ad una maggior precarizzazione delle forme contrattuali. In realtà, dati alla mano, dal 2000 in poi in Spagna il numero di contratti con tali forme è in diminuzione rispetto al totale dei contratti stipulati. Esattamente all’opposto che in Italia.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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