Il futuro dell’Afghanistan dopo l’accordo per la presidenza

Pubblicato il 22 Settembre 2014 alle 08:46 Autore: Antonio Scafati

Ad Ashraf Ghani Ahmadzai la carica di presidente e ad Abdullah Abdullah un ruolo simile a quello di primo ministro ancora da definire. L’Afghanistan prova a voltare pagina. Dopo mesi di tensioni, ieri i due sfidanti al ballottaggio di metà giugno hanno firmato un accordo che darà vita a un governo di unità nazionale.

Secondo l’intesa, Abdullah Abdullah assumerà un ruolo di rilievo nel governo afghano ma il potere resterà comunque nelle mani del presidente Ghani. Rimangono da definire molti dettagli non marginali a partire proprio dalle competenze che avrà Abdullah.

Karzai, in carica dalla fine del 2001, ha presenziato alla firma dell’accordo specificando di “non aver avuto alcun ruolo nella sua definizione”. Un ruolo attivo l’hanno avuto invece gli Stati Uniti. Il segretario di Stato John Kerry è stato spesso in Afghanistan in queste ultime settimane passando diverse ore con Ghani e Abdullah. L’accordo di ieri, ha scritto il Time, “è una vittoria per Kerry”.

“La firma di questo accordo politico aiuta a chiudere la crisi politica in Afghanistan e restaura la fiducia” ha commentato il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, aggiungendo che il governo americano “è pronto a lavorare insieme per assicurarne il successo”.

Ashraf Ghani Ahmadzai (al centro)

Ashraf Ghani Ahmadzai (al centro)

Photo by IsafmediaCC BY 2.0

“L’accordo sul nuovo governo di unità nazionale segna la prima transizione democratica di potere nella storia dell’Afghanistan e spero consentirà finalmente una partecipazione ampia e condivisa alla gestione del Paese e delle sue istituzioni” ha commentato Federica Mogherini. “Al presidente Ghani e al nuovo governo, cui auguro buon lavoro, non mancherà mai il sostegno dell’Italia”

Uno dei primi compiti di Ghani sarà quello di firmare con gli Stati Uniti un accordo bilaterale che permetterà di lasciare un numero ristretto di truppe (circa 10.000) in Afghanistan anche nel 2014. Ghani ha già detto che lo farà.

L’Afghanistan resta ancora un paese in fase di transizione. L’economia del paese è estremamente debole e ha bisogno di finanziamenti dall’estero per non sprofondare. La disoccupazione è alta. Il processo democratico che avrebbe dovuto portare alla scelta del successore di Karzai si è inceppato subito: la decisione di ieri è frutto soprattutto di accordi tra le parti, non solo di voti – su cui del resto rimangono dubbi e incertezze.

Il risultato è secondo il New York Times “molto lontano dalla democrazia ma è comunque importante perché consentirà al governo di avere i poteri per combattere i talebani e riunire una popolazione segnata da decenni di guerre”.

Resta però da vedere se l’accordo funzionerà. La freddezza con la quale ieri Ashraf Ghani Ahmadzai e Abdullah Abdullah hanno messo le loro firme mostra come tra i due i rapporti sono e restano difficili. Se non collaboreranno, se il patto firmato ieri non dovesse reggere, l’Afghanistan rischierebbe di precipitare in quel burrone di violenze sul cui ciglio cammina da mesi.

Immagine in evidenza: photo by NinaraCC BY 2.0

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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