Riforma del lavoro, Renzi convoca i sindacati. Parte la “strategia della divisione”?

Pubblicato il 5 Ottobre 2014 alle 17:54 Autore: Riccardo Bravin

Mossa strategica di Matteo Renzi che a sorpresa convoca per la prima volta i sindacati martedì a Palazzo Chigi. In vista del possibile voto di fiducia per eliminare la discrezionalità del giudice sui licenziamenti disciplinari, così come annunciato a Londra e a Ferrara, l’incontro con i sindacati potrebbe avere un grande peso.

Ma l’intento di Renzi potrebbe anche essere quello di dividere i sindacati proprio alla vigilia delle manifestazioni di piazza che sono state annunciate a cominciare da quella della Cisl del 18 ottobre, considerando che i temi, già annunciati nella direzione del Pd, appaiono quanto mai cruciali: legge sulla rappresentanza sindacale, contratti di secondo livello, salario minimo. Il criterio che Renzi punterebbe ad applicare è quello della prevalenza del contratto aziendale rispetto a quello nazionale, rispolverato a seguito dell’ultimo incontro fra il premier e il manager Fiat Sergio Marchionne.

Sacconi, che nella finanziaria del 2011 inserì un articolo sulla derogabilità del contratto nazionale ha così commentato: “Il governo ha il dovere di recepire i criteri di rappresentatività che le parti hanno definito nella loro autonomia, incentivando la contrattazione aziendale e territoriale attraverso il ripristino di una tassazione di favore per il salario in essa deciso”.

Renzi sembra quindi orientato al superamento del disegno di legge presentato ad agosto dal giuslavorista di Scelta Civica, Pietro Ichino che prevedeva la possibilità della prevalenza del contratto sindacale su quello nazionale solamente se sottoscritto dai sindacati che rappresentino la maggioranza. Renzi vorrebbe anche favorire la contrattazione di secondo livello attraverso l’applicazione di benefici fiscali.

Diverse le reazioni dei sindacati. La CGIL pur volendo una legge che recepisca l’accordo si dichiara contraria al tentativo di scardinare la contrattazione nazionale. La FIOM ha invece già discusso di una legge sulla rappresentanza con il premier, ma vorrebbe un referendum per capire se recepire l’accordo con i confederali. La CISL, infine, non vorrebbe fughe in avanti sulla rappresentanza e si dichiara favorevole al secondo livello di contrattazione.