Libia: pronti a combattere… parola di Tex Willer

Pubblicato il 17 Febbraio 2015 alle 12:21 Autore: Raffaele Masto

Si parla in queste ore con grande superficialità di un intervento militare italiano in Libia. Se ne parla come se fossimo nel Far West, come se il Mediterraneo fosse il Colorado dell’ottocento. Al ministro degli esteri Gentiloni è addirittura uscita una frase che sembra essere di Tex Willer: “Siamo pronti a combattere” – ha detto.

Sconfiggere l’Isis, e poi?

Riconosco che il fatto di avere sulla vicinissima sponda sud del Mediterraneo un paese lacerato come la Libia, con alcune porzioni di territorio in mano a miliziani dello Stato Islamico, è inquietante.

Riconosco anche che qualcosa bisogna fare. Personalmente non sono contrario a priori ad un intervento militare. Anzi, ritengo che sarà addirittura necessario impegnarsi in tal senso. Ma personalmente so che si tratta di una cosa seria e che l’intervento militare, da solo, è rischioso, potrebbe essere inutile o addirittura controproducente.

Lo sa il nostro ministro degli esteri? Lo sa la squadra della nostra diplomazia? Hanno una visione storica di questi anni? Afghanistan? Iraq? Mali? Costa D’Avorio? Lo sanno che l’intervento militare in sé è la cosa più semplice, ma farlo per ottenere dei risultati è un’altra cosa? E quali risultati si propone l’Italia con un intervento militare? Sconfiggere i miliziani dell’Isis, certo. E dopo?

Ecco un primo problema: si caccia l’Isis e poi si lascia che in Libia il governo, gli islamici, i laici e tutte le fazioni che li rappresentano regolino i loro conti a suon di kalashnikov? No, gli interventi militari si fanno avendo chiara una exit strategy, cioè un modo per uscirne dopo avere ottenuto i risultati perseguiti. Per l’Italia quali sono?

libia gentiloni

Quale exit strategy?

La Francia queste cose le sa far bene (dal suo punto di vista, ovviamente). In Costa D’Avorio è intervenuta e ha messo al potere il proprio candidato, Alassane Ouattara. In Mali, senza un mandato dell’Onu, ha fermato gli islamisti un attimo prima che arrivassero a Bamako. Poi ha fatto fare le elezioni, ha sponsorizzato il proprio candidato e lo ha messo al potere.

L’Italia ha una idea di quali sono i propri uomini nel ginepraio libico? E poi la Libia è troppo importante perché il resto dell’Europa (la Francia in particolare), gli Stati Uniti, i paesi arabi, le cosiddette potenze emergenti come la Russia le lascino avere una propria exit strategy. Sicuramente altre e più potenti nazioni avranno i propri uomini e le proprie soluzioni. Bisognerà negoziare, inevitabilmente.

Ecco perché la frase di Gentiloni sembra buttata lì. Sembra la frase di un ministro che vorrebbe fare avere all’Italia un ruolo da grande potenza con il comando di una operazione militare alla quale partecipano nazioni che di solito svolgono loro il ruolo di potenze al comando.

Come dicevo, personalmente penso che Jihadisti e Qaedisti nel mondo vadano fermati. Con la loro visione oscurantista e razzista sono veramente un pericolo, sono i nazisti del terzo millennio e vanno combattuti non solo perché potrebbero arrivare da noi con attentati e conquiste, ma anche perché vorrei vivere in un mondo solidale capace di schierarsi e fare qualcosa per le vittime vere di questi folli invasati, cioè le popolazioni civili dei paesi colpiti dalla loro avanzata. Popolazioni che sono di religione islamica e che sono le prime vittime.

L'autore: Raffaele Masto

Giornalista di Radio Popolare-Popolare Network. E' stato inviato in Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa dove ha seguito le crisi politiche e i conflitti degli ultimi 25 anni. Per Sperling e Kupfer ha scritto "In Africa", "L'Africa del Tesoro". Sempre per Sperling e Kupfer ha scritto "Io Safiya" la storia di una donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio. Questo libro è stato tradotto in sedici paesi. L'ultimo suo libro è uscito per per Mondadori: "Buongiorno Africa" (2011). E' inoltre autore del blog Buongiornoafrica.it
Tutti gli articoli di Raffaele Masto →