Hamas: una campagna per la riabilitazione come partner negoziale

Pubblicato il 14 Marzo 2015 alle 16:27 Autore: Piergiuseppe Parisi

Era il 17 dicembre scorso quando il Tribunale dell’Unione Europea (uno degli organi che compongono il sistema Corte di Giustizia dell’Unione) decideva di annullare la posizione comune del Consiglio dell’Unione Europea di inserire Hamas, formazione politica che governa la Striscia di Gaza, in una “black list” di organizzazioni terroristiche, stabilita dal Consiglio stesso al fine di bloccarne i finanziamenti e capitali. A poco meno di tre mesi dalla decisione, Hamas lancia una campagna social su Twitter, sotto l’hashtag #AskHamas, al dichiarato fine di migliorare l’immagine del movimento sui social media.

La campagna su Twitter

La campagna su Twitter è stata lanciata lo scorso venerdì e dovrebbe durare cinque giorni. I leader del movimento islamista palestinese vorrebbero, in tal modo, cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale, europea in particolare, sulla natura del movimento stesso. Non un’organizzazione terroristica, ma un movimento di liberazione nazionale, recita il primo tweet.

Non è un caso che la campagna sia stata lanciata in questi giorni. Infatti, il Consiglio dell’Unione Europea aveva già annunciato che entro tre mesi dalla decisione del 17 dicembre avrebbe impugnato la stessa.

I commenti critici

Tuttavia, l’iniziativa social sembra si stia ritorcendo sui suoi promotori. Ancor prima che il primo evento live fosse inaugurato (titolato “Pulizia culturale: modulare la storia e il retaggio della Palestina”), messaggi sarcastici venivano inviati tramite Twitter da tutto il mondo.

Alcuni di questi fanno eco, senza troppe cerimonie, agli accadimenti della scorsa estate, quando, durante l’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza, fonti ufficiali israeliane accusavano il movimento di fare uso di scudi umani o di nascondere armi negli ospedali.

Altri ancora presentano un tono derisorio e alludono a presunte contraddizioni interne nella strategia del movimento islamista. In tutta risposta, Hamas ha messo in guardia gli utenti di Twitter da simili messaggi, attribuendone la paternità a sionisti e filo-israeliani, i quali vorrebbero far credere che il tweet “non sia un tweet ma un missile”.

hamas

E non sono venuti a mancare commenti che attribuiscono la campagna stessa o, in alternativa, i messaggi denigratori al Mossad.

Precedenti

Si ricordi, peraltro, che Hamas aveva trovato una legittimazione, da parte dell’Egitto di Morsi, dell’Unione Europea e persino degli Stati Uniti, nel corso dei negoziati condotti durante l’operazione militare israeliana “Colonna di Difesa”, nel novembre 2012.

Legittimazione che ha perso terreno tra i paesi arabi nel corso dell’ultima offensiva israeliana, dell’agosto 2014, quando proprio l’Egitto, nonché gli Stati del Golfo, sembravano aver ritirato il loro appoggio al movimento islamista. A conferma di ciò, a fine febbraio 2015, una corte del Cairo dichiarava Hamas un’organizzazione terroristica.

Taluni sospettano che una simile decisione sia stata progettata ad arte da parte dell’establishment egiziano, al fine di poter permettersi concessioni meno gravose (si ricordi che l’Egitto impone dure restrizioni sulla Striscia di Gaza già da tempo), nell’ottica di un avvicinamento tra la Fratellanza Musulmana, il Qatar e la Turchia, sotto l’egida dell’Arabia Saudita. Il tutto mentre in Israele si discute circa la possibilità di erigere un altro muro, onde sigillare la Striscia.

Una riflessione finale

Che Hamas debba essere preso in considerazione come partner nei negoziati a venire non sembra in dubbio, visto l’appoggio di cui gode tra la popolazione palestinese. In quest’ottica, gli attacchi sui social e l’isolamento politico e fisico di cui è vittima sembrano essere controproducenti per il futuro. Non volendosi con ciò negare le colpe che anche il movimento islamista dovrebbe assumersi.

Piergiuseppe Parisi

L'autore: Piergiuseppe Parisi