Sondaggio: la maggioranza dei palestinesi sta con Hamas

Pubblicato il 3 Settembre 2014 alle 19:31 Autore: Piotr Zygulski

Sondaggio: la maggioranza dei palestinesi sta con Hamas

L’ultimo sondaggio condotto tra il 26 e il 30 agosto 2014 dal Palestinian Center for Policy and Survey Research (PSR) tra 1270 soggetti intervistati personalmente in 127 località scelte casualmente ha evidenziato che ci sono stati notevoli sconvolgimenti nell’opinione pubblica a seguito della guerra delle ultime settimane a Gaza.

In particolare, durante il conflitto il Movimento Islamico di Resistenza Hamas ha acquisito una fortissima popolarità, tale che – se si dovessero tenere adesso – avrebbe la vittoria assicurata sia alle elezioni legislative sia a quelle presidenziali.

Tra i dati più significativi del sondaggio, la maggioranza dei palestinesi pensa che Hamas abbia vinto questa guerra contro Israele, ritiene che non sia più realizzabile la soluzione “due popoli-due stati” e sostiene il lancio di razzi su Israele, qualora lo stato sionista non rimuovesse il blocco su Gaza.
Tuttavia, avverte l’istituto di ricerca, “questi cambiamenti potrebbero essere temporanei e nel giro dei prossimi mesi la situazione potrebbe ritornare a come era prima della guerra”. I quesiti del sondaggio possono essere suddivisi in cinque sezioni.

Manifestazione di Hamas

Manifestazione di Hamas

1. GUERRA DI GAZA
Alla domanda su chi abbia vinto la guerra, secondo il 79% è Hamas, il 3% ritiene che il vincitore sia Israele, ma vi è un 17% che ritiene perdenti entrambi gli schieramenti. Chi è responsabile dello scoppio della guerra? Per il 79% sarebbe Israele, per il 5% è Hamas e il 12% attribuisce responsabilità ad entrambi.

Riguardo gli accordi di cessate-il-fuoco, il 63% ritiene che essi soddisfino gli interessi palestinesi, mentre il 34% discorda; il 59% pensa che, rapportati alle perdite umane e materiali subite, tali accordi siano soddisfacenti, il 39% invece è insoddisfatto.

Una larghissima maggioranza, l’86%, è favorevole al lancio di razzi su Israele se il blocco su Gaza non venisse rimosso. Secondo il 60% Hamas non lancia razzi da zone popolate, ma il 30% ritiene che lo faccia. Sulla legittimità di tali operazioni, tuttavia, l’opinione pubblica si spacca a metà: il 49% le ritiene giustificate, il 46% no, percentuale che sale al 59% tra gli abitanti di Gaza, mentre chi risiede in Cisgiordania (West Bank) è più propenso ad accettarle: è il 38% a considerarle non giustificate.

Venendo alla smilitarizzazione di Gaza richiesta da Israele, coloro che vi si oppongono salgono dal 33% di giugno al 57% di agosto; vi è un 27% che la accetterebbe a seguito della rimozione del blocco e dello svolgimento delle elezioni e un 13% che la vorrebbe ma solamente dopo un accordo di pace con Israele. Nonostante ciò, il 54% (a giugno era il 59%) pensa che il Presidente Abbas (noto anche con il nome di Abu Mazen) abbia ragione nell’affermare che il governo di unità nazionale dovrebbe rimettersi agli accordi già esistenti tra OLP e Israele; oggi i contrari sono saliti al 40%. Scendono al 43% (a giugno erano il 53%) coloro che sostengono che l’inclusione di Hamas nell’OLP equivalga ad un riconoscimento implicito del programma di pace proposto dall’OLP e degli accordi esistenti con Israele.

Chi ha consentito alla Striscia di Gaza la possibilità di resistere contro Israele? Per il 28% è l’Iran, seguito dalla Turchia (21%) e Qatar (15%); un 25% nomina altri attori sulla scena geopolitica ma solo il 9% include anche l’Egitto, i cui negoziati vengono apprezzati solo da un palestinese su quattro: il 52% li ritiene negativi e il 22% neutrali.

Hamas, dicevamo, ha una larghissimo sostegno popolare: quasi tutti i palestinesi (il 94%) sono soddisfatti delle sue capacità militari per contrastare Israele, l’89% apprezza la sua campagna comunicativa e il 78% ammira la sua difesa della popolazione civile di Gaza.

Ecco ora una classifica di fiducia nei principali soggetti palestinesi coinvolti durante la guerra: primeggia Hamas con un sostegno da parte dell’88%, segue con il 78% Khaled Mesh’al, leader politico del movimento; l’OLP è al 44%, il governo al 43%, il Presidente Abbas scende in due mesi dal 50% al 39%, l’ANP è al 36% e il fanalino di coda spetta al Primo Ministro Rami al-Hamdallah (di al-Fatah) che convince solo il 35% dei palestinesi. Da notare che Abbas è più popolare a Gaza (49%) che non in Cisgiordania (33%), mentre la situazione di inverte per Mesh’al, la cui popolarità è all’83% in Cisgiordania e al 70% – comunque molto alta – nella Striscia di Gaza.

2. IL GOVERNO PALESTINESE DI RICONCILIAZIONE E IL SUO RUOLO DOPO LA GUERRA
Da giugno 2014 la Palestina ha un governo di riconciliazione, sorto a seguito dell’accordo tra al-Fatah (che prima governava in Cisgiordania) e Hamas (che governava la Striscia di Gaza). Sale l’ottimismo sul successo della riconciliazione dal 62% al 69%,i pessimisti sono invece il 28%. Soddisfatto dell’operato del governo – a tre mesi dall’insediamento – è il 46% dei palestinesi, tanti quanto coloro che sono insoddisfatti. Il 60% preferirebbe passare ad un governo di unità nazionale con la partecipazione dei leader delle maggiori fazioni politiche, mentre per il 34% la modalità attuale è da mantenere. Anche qui possiamo notare una differenza tra chi vive in Cisgiordania, più portato a sostenere un governo di unità nazionale (66%), e chi nella Striscia di Gaza, dove questa proposta è sì accolta, ma con minore entusiasmo (49%).

Sul controllo del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, il 51% vorrebbe che fosse affidato al governo di riconciliazione, ma il 38% preferirebbe lasciarlo ad Hamas, percentuale che scende al 25% tra i gazawi, che circa due su tre (il 64%) lo vorrebbero sotto controllo governativo. Analogamente, il 48% di tutti i palestinesi desidererebbe che fosse il governo di riconciliazione a controllare le frontiere con l’Egitto, mentre il 39% afferma che dovrebbe essere Hamas a farlo; riguardo i confini con Israele, il 45% auspica un controllo governativo e il 41% lo vorrebbe assegnare ad Hamas. Nella Striscia di Gaza è il 56% a pensare che debba essere il governo a vigilare sul confine egiziano e per il 49% anche su quello israeliano.

Secondo il 44% dei palestinesi la responsabilità per la ricostruzione della Striscia di Gaza dovrebbe ricadere sul governo di riconciliazione; il 39%, invece, preferirebbe fosse Hamas ad assumersene l’onere. È l’83% a sostenere che il governo di riconciliazione debba pagare gli stipendi al pubblico impiego che ha servito il precedente governo di Hamas; a ciò vi si oppone il 13% dei palestinesi. Due su tre (65%) vorrebbe incaricare il governo di riconciliazione di supervisionare il lavoro degli impiegati gazawi nel settore della pubblica sicurezza che hanno operato sotto Hamas, mentre il 29% non è d’accordo e vuole invece che sia Hamas a controllarli. A Gaza il rapporto tra chi sostiene la prima ipotesi e chi propende per la seconda è 72 a 24. Ciononostante, in due mesi sale dal 66% al 72% la percentuale di coloro che sostengono che sino alle prossime elezioni, previste per questo inverno, le forze di polizia e di sicurezza debbano restare sotto il controllo di Hamas.

Abu Mazen

L’attuale Presidente Mahmud Abbas (noto anche con il nome di Abu Mazen)

3. ELEZIONI PRESIDENZIALI E LEGISLATIVE
L’attuale Presidente è Mahmud Abbas (Abu Mazen) del partito al-Fatah, eletto nel 2005. Sia lui che il suo partito perdono consensi negli ultimi mesi.  Invece, nel Consiglio Legislativo Palestinese (il Parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese), che non viene rinnovato dal 2006, è Hamas ad avere la maggioranza assoluta dei seggi.

Se oggi si candidassero tutti i partiti per le elezioni legislative si recherebbe alle urne il 78% dei palestinesi. Di questi, il 46% voterebbe Hamas, il 31% al-Fatah e il 7% per altri; resta indeciso il 17% dell’elettorato. Due mesi fa il rapporto era invertito, con Hamas al 32% e al-Fatah al 40%. Nella Striscia di Gaza Hamas vincerebbe 44 a 36 e in Cisgiordania il distacco sarebbe molto maggiore: lì sono 20 i punti percentuali che separano il 47% di Hamas dal 27 di al-Fatah. La maggioranza (69%) vorrebbe che le elezioni si tenessero entro sei mesi, il 14% preferirebbe che fossero tra un anno o più, il 12% invece non vuole elezioni.

Invece, per quanto riguarda le elezioni presidenziali, se i due candidati fossero il presidente uscente Mahmud Abbas e Isma’il Haniyeh di Hamas e, finirebbe 32% a 61% a favore di Hanyeh, segnando così un’inversione dei rapporti rispetto a due mesi fa. Abu Mazen (Abbas) a Gaza otterrebbe il 43% dei consensi e il 25% in Cisgiordania, Hanyeh perciò vincerebbe ovunque, con una maggioranza del 53% nella Striscia di Gaza e con quella del 66% in Cisgiordania. L’affluenza è prevista al 71%.

Anche qualora lo scontro fosse tra Marwan Barghouthi – leader dell’intifada, militare e politico di al-Fatah che vive in un carcere israeliano di massima sicurezza dal 2002 – e Haniyeh, sarebbe nuovamente il candidato di Hamas a vincere con il 49% contro il 45%: è la prima volta in 8 anni che la popolarità di Haniyeh supera quella di Barghouthi, che pure continua ad esercitare una notevole influenza dalla prigione. Nel sondaggio precedente, infatti, tra Barghouthi e Haniyeh si sarebbe conclusa 58 a 38. L’affluenza sarebbe al 77%.

Se fossero tre i candidati in lizza, ossia Isma’il Hanyeh, Marwan Barghouthi e Mahmud Abbas, essi otterrebbero rispettivamente il 48%, il 29% e il 19% dei voti, con un’affluenza che si attesterebbe all’80%. A giugno invece avrebbe vinto Barghouthi con il 36%, seguito da Hanyeh al 33% e Abbas al 28%.

4. CONDIZIONI INTERNE
A seguito della guerra, i giudizi positivi per le condizioni nella Striscia di Gaza scendono dal 24% di due mesi fa al 20% odierno, restano invece invariati al 32% quelli per la Cisgiordania. La percezione della sicurezza nella Striscia di Gaza cala notevolmente dal 64% al 22%; nello stesso periodo cala leggermente anche quella in Cisgiordania dal 51% al 47%. I gazawi che vorrebbero trasferirsi in un’altra nazione sono il 43%, mentre in Cisgiordania è il 20% degli abitanti a essere propenso a emigrare.

Con il 37%, il canale televisivo più visto da tutti i palestinesi è Al-Aqsa, la TV ufficiale di Hamas,seguita da al-Jazeera (21%), Palestine TV (16%), Ma’an-Mix (11%), e al-Arabiya (5%). Circa le condizioni economiche della propria zona di residenza, si aspetta un miglioramento il 35% degli abitanti della Cisgiordania e un peggioramento il 33%. Tuttavia, nella Striscia di Gaza prevale di misura maggiore l’ottimismo, con un 56% fiducioso in un miglioramento e un 20% che si attende un ulteriore peggioramento.

gaza palestina

5. PROCESSO DI PACE
Solo il 47% crede che vi siano medie o alte possibilità di proseguimento dei negoziati israelo-palestinesi: il 51% pensa che queste possibilità siano basse o nulle.
La soluzione che prevede la creazione di due stati autonomi per due popoli (two-state solution), quello israeliano e quello palestinese, divide a metà l’opinione pubblica e vede calare il suo consenso: se due mesi fa era sostenuta dal 54% degli intervistati, oggi la percentuale è scesa al 49%, con un 50% che vi si oppone.

Il 53% crede che per creare uno stato palestinese accanto a quello di Israele la soluzione più efficace sia quella del confronto armato; solo il 22% è fiducioso nei negoziati politici e il 20% propende per la resistenza non-violenta.

Il 62% dei palestinesi ritiene che la two-state solution non sia più praticabile a causa dell’espansione delle colonie israeliane, mentre il 35% pensa che possa essere ancora attuabile. Tuttavia solo il 24% considera l’alternativa di un unico stato per i due popoli, rigettata dal 75% dei palestinesi. Due mesi fa invece la “one-state solution” era supportata dal 31%.

L’81% dei soggetti teme che gli israeliani possano distruggere le proprie abitazioni, confiscare le terre o colpirli fisicamente. La stessa percentuale crede che l’aspirazione di lungo periodo di Israele sia quella di annettere tutto il territorio occupato nel 1967, espellendo tutta la popolazione residente o comunque negandole i diritti politici. D’altro canto, il 63% pensa che l’aspirazione di lungo periodo dell’OLP e dell’ANP sia quella di recuperare parte o l’intera terra occupata nel 1967.

Il 57% dei rispondenti approva l’uccisione dei tre bambini israeliani rapiti, mentre il 42% vi si oppone; l’approvazione è maggiore a Gaza (69%) che non in Cisgiordania (42%), dove il 52% era contrario. L’opinione pubblica si interroga su chi li abbia uccisi: il 32% accusa Israele, il 30% attribuisce la responsabilità ad Hamas, il 21% a un palestinese che avrebbe agito per conto proprio e il 2% ad al-Fatah.

In assenza di negoziati praticabili, l’85% è d’accordo nell’aderire a più organizzazioni internazionali, l’84% sosterrebbe l’adesione alla Corte Criminale Internazionale, il 62% auspica l’alternativa di una resistenza non-violenta, il 60% sostiene il ritorno ad una intifada armata (due mesi fa era solo il 40%), il 42% vorrebbe la dissoluzione dell’ANP e il 24% vorrebbe passare dalla soluzione dei due stati a quella di un unico stato.

Il 61% crede che le manifestazioni di piazza possano contribuire a far terminare l’occupazione israeliana, ma una maggioranza più ampia, il 72%, vorrebbe estendere l’approccio armato di Hamas anche in Cisgiordania.

Coloro che sostengono l’approccio di Hamas anche per la Cisgiordania sono il 70% della zona stessa e il 74% della popolazione gazawa. Le iniziative di boicottaggio dei prodotti israeliani che hanno alternative locali vedono la partecipazione dell’82% dei palestinesi, che sono ritenute inefficaci solo da un palestinese su dieci (11%).

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L'autore: Piotr Zygulski

Piotr Zygulski (Genova, 1993) è giornalista pubblicista. È autore di monografie sui pensatori post-marxisti Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, oltre a pubblicazioni in ambito teologico. Nel 2016 si è laureato in Economia e Commercio presso l'Università di Genova, proseguendo gli studi magistrali in Filosofia all'Università di Perugia e all'Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), discutendo una tesi su una lettura trinitaria dell'attualismo di Giovanni Gentile. Attualmente è dottorando all'Istituto Universitario Sophia in Escatologia, con uno sguardo sulla teologia islamica sciita, in collaborazione con il Risalat Institute di Qom, in Iran. Dal 2016 dirige la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Interessato da sempre alla politica e ai suoi rapporti con l’economia e con la filosofia, fa parte di Termometro Politico dal 2014, specializzandosi in sistemi elettorali, modellizzazione dello spazio politico e analisi sondaggi.
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