Matrimoni gay: negli Usa il matrimonio uguale per tutti

Pubblicato il 27 Giugno 2015 alle 14:06 Autore: Guglielmo Sano

Matrimoni gay: negli Usa la Corte Suprema ha reso incostituzionali le leggi di alcuni stati che li proibivano, adesso sono legali in tutto il paese.

Matrimoni gay: Quattordicesimo emendamento

I giudici della Corte Suprema (5 voti favorevoli e 4 contrari) hanno decretato, in base al quattordicesimo emendamento della Costituzione (uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), che non si possono vietare i matrimoni tra persone dello stesso sesso: gli stati che proibivano i matrimoni omosessuali dovranno riconoscere quelli celebrati fuori dai loro confini.

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è riconosciuto in 37 stati americani oltre che dal governo federale (l’amministrazione Obama è a favore dell’equiparazione sin dal 2011): prima della sentenza era espressamente vietato, invece, in 13 stati. Secondo un recente sondaggio, realizzato da Gallup, i cittadini americani favorevoli al matrimonio sessuale sono circa il 55% (nel 1996 erano appena il 27%).

matrimoni gay

Matrimoni gay: La fine del “Defense of Marriage Act”

Risale al 1996 la promulgazione di un controverso disegno di legge in materia: nel “Defense of Marriage Act” il matrimonio veniva definito come esclusivamente “eterosessuale”, inoltre, sulla questione dei matrimoni gay, sospendeva il tradizionale vincolo di reciprocità tra gli stati (per cui uno stato si impegna a riconoscere le leggi di un altro).

Prima del giugno 2013 (quando la Corte Suprema si è espressa in favore del riconoscimento da parte dell’esecutivo federale), insomma, se una coppia gay si sposava in Massachussetts (dove il matrimonio omosessuale è permesso dal 2004) e poi si trasferiva in uno stato dove la loro unione non veniva riconosciuta perdeva il diritto ai 1049 benefit fiscali e pensionistici garantiti dal governo di Washington.

In seguito alla sentenza del giugno 2013, molte corti federali minori avevano legalizzato il matrimonio gay (argomentando che la ratio della sentenza introduceva il riconoscimento anche livello statale). Tuttavia, nel novembre 2014, la Corte d’appello Federale con giurisdizione in Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee ha confermato il divieto sancito dalle leggi dei 4 stati suddetti. La “frattura” tra quest’ultima decisione e quella di tutte le altre corti federali ha determinato il decisivo intervento della Corte Suprema.

L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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