Una riflessione sulle primarie

Pubblicato il 10 Marzo 2012 alle 10:18 Autore: Matteo Patané
primarie

Ciò che diventa complesso, in questa situazione, è definire proprio chi sono i simpatizzanti. Gli unici documenti di partecipazione alle primarie sono i – leggendari – registri dei parteicpanti alle consultazioni precedenti, che tuttavia non possono in nessun caso fornire né un’indicazione esaustiva sui simpatizzanti né tantomento avere alcun valore ufficiale: una persona è libera di cambiare schieramento a proprio piacimento in qualsiasi momento della propria vita.
È tuttavia vero che le primarie del centrosinistra, così come sono concepite in Italia, sono non solo un’opportunità per il centrosinistra stesso, ma anche per il centrodestra: esse infatti offrono a tutti i cittadini l’opportunità di scegliere il candidato dello schieramento progressista, e non solo all’elettorato di tale area. Un cittadino di centrodestra ha quindi la possibilità di scegliere colui che ritiene “il meno peggio” dello schieramento avverso, oppure la persona che ritiene avrà meno probabilità di vittoria nelle elezioni reali contro il candidato della propria coalizione.
Si tratta di certo di un uso distorto delle primarie, ma un uso comunque plausibile in quanto diretta conseguenza delle regole così inclusive previste per questa tipologia di elezione.

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Quale potrebbe dunque essere la soluzione? Aumentare il contributo offerto dai votanti? Avrebbe il nefasto effetto di trasformare in privilegio una cosa che ora è considerata praticamente un diritto. Blindare le consultazioni ai soli iscritti? Sicuramente vi sarebbero garanzie in termini di tracciabilità che consentirebbero di risolvere in maniera definitiva i problemi precedentemente descritti, tuttavia una simile scelta avrebbe implicazioni tanto pratiche quanto di immagine che renderebbero questa scelta estremamente peggiore dell’attuale configurazione.
In primo luogo, e in un periodo di forti sentimenti antipolitici, la riduzione della partecipazione ai soli iscritti verrebbe interpretata come una scelta puramente d’apparato, scollata dal mondo reale della società civile; il tutto sarebbe enfatizato da un cambio delle regole rispetto ad una situazione di precedente apertura: il concetto stesso della restrizione, più delle nuove regole in sé stesse, sarebbe considerato un modo per rinchiudere il partito in sé stesso, per prendere le distanze dai cittadini e ribadire una volta di più il concetto di casta.
Il secondo problema costituisce invece l’amplificazione di un tema già attuale e scottante, ovvero l’utilizzo delle primarie come regolamento di conti tra personaggi e fazioni interne al partito o alla coalizione. Notoriamente tra i militanti è infatti più probabile individuare persone più familiari con le meccaniche di funzionamento dei partiti che con gli ideali che ne dovrebbero guidare gli intenti, e quindi pronte a orientare il proprio voto più per questioni di equilibri interni da mantenere o da spezzare che per scegliere un candidato realmente valido per l’incarico che dovrebbe ricoprire nella pubblica amministrazione. Ridurre per regolamento la partecipazione alle primarie ai soli iscritti significherebbe quindi trasformare in maniera definitiva questo tipo di elezioni in un vero e proprio congresso di partito, con il suo circo di truppe cammellate e di pugnalate alle spalle.
La presenza della società civile, in proporzioni nettamente maggiori rispetto agli iscritti, funge quindi da sistema di protezione delle primarie stesse contro le storture che deriverebbero da un’eccessiva chiusura del partito in sé stesso.

La realtà è che le primarie, come ogni altro strumento democratico basato sulla reciproca fiducia, sono un’istituzione fragilissima, la cui immagine è terribilmente facile da sporcare con accuse di brogli, di inquinamenti di vario genere o di voto di scambio. Per di più, non essendo un appuntamento istituzionale regolamentato dalla legge, vengono meno tutti quei meccanismi di controllo che regolano il normale svolgimento delle elezioni reali.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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