Grecia: continuano le privatizzazioni ma le crescita non arriva

Pubblicato il 29 Settembre 2016 alle 13:20 Autore: Luca Scaglione
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Grecia: continuano le privatizzazioni ma le crescita non arriva

Di ieri la notizia dell’approvazione da parte del parlamento del nuovo fondo per le privatizzazioni. Provvedimento di certo non amato dal ministro Tsakalotos, ma che ciononostante ha dovuto avallare dichiarando che farà di tutto per mantenere l’acqua pubblica. Il fondo pare infatti che sarà composto dalle aziende statali dell’acqua (EYDAP ed EYATH), il porto del Pireo, OSE e la rete ferroviaria, oltre alla PPC (energia elettrica) e l’azienda del trasporto metropolitano di Atene. L’obiettivo è quello di cercare di venderle bene e in fretta per mantenere gli impegni presi con UE ed FMI, e vedersi sbloccati la tranche di 2,8 miliardi di aiuti pattuiti.

grecia, syriza

Grecia: continuano le privatizzazioni ma le crescita non arriva

Ovviamente i sindacati già promettono battaglia contro la nuova ondata di privatizzazioni, ma questa non sembra essere la più grande preoccupazione di un governo che affronta problemi ben più gravi. La ripresa com’è ovvio continua a tardare rispetto alle previsioni e ciò, unito alla lentezza nell’implementare riforme sottoscritte ma ancor più dure per un paese che ha già sofferto tantissimo gli effetti recessivi dei tagli targati Troika, mette in allarme i creditori e riaccende il dibattito tra FMI e Commissione europea.

Il FMI, dopo l’ammissione di aver sbagliato di molto le previsioni di crescita dell’economia greca al tempo del primo “salvataggio”, chiede di consentire una decurtazione maggiore del debito greco che avendo raggiunto il 180% in rapporto al PIL con la stagnazione e l’asfissia della produzione non potrà mai essere ripagato in tutto il suo ammontare. “Un ulteriore consolidamento del bilancio è necessario (…) ma gli attuali obiettivi restano irrealistici” afferma il Fondo Monetario internazionale avendo come chiaro destinatario le istituzioni europee.

Anche l’export – sempre secondo l’FMI – non sembra essere stato rilanciato dalla pesantissima svalutazione interna degli ultimi anni. Proprio la deflazione salariale – via disoccupazione ça va sans dire – del 30% si è rivelata inefficace sia rispetto alla diminuzione del rapporto deficit/Pil, dato che ha causato una contrazione del PIL nominale maggiore del 30%, sia nei confronti del rilancio dell’export data la fragilità dell’apparato produttivo ellenico che non ha ben retto allo shock.

Purtroppo per la Grecia, i governi sono costretti continuamente a fare i conti col passato e fintanto che questa situazione di default tecnico persiste gli spazi di manovra sono pressoché inesistenti. Questa constatazione però non impedisce di giudicare in modo negativo le iniziative internazionali del governo come la “Conferenza euro-mediterranea” di qualche settimana fa.

Una sinistra di governo che vuole ottenere credibilità non può più contare sulla retorica del rilancio del federalismo europeo. Le condizioni politiche per un’unione fiscale, per standard retributivi comuni, per un’efficace unione bancaria, per strumenti come eurobond o soltanto per evitare l’odiosissimo dumping fiscale interno all’eurozona non ci sono, come ricordato da Zingales in una recente intervista rilasciata a Repubblica. E non è con appelli o strette di mano a favor di telecamera che si può pensare di condurre una battaglia politica di tale portata.

Come dimostrano le parole sprezzanti del ministro tedesco Schauble all’indomani del summit “euro-mediterraneo”, proseguire per questa strada serve solo a soffiare sull’odio intra-europeo, alimentando tensioni nazionalistiche e allontanando le possibilità concrete di dialogo. Rimane fondato il timore che ancora una volta si fraintenda la lezione di realismo politico che la posta in gioco dovrebbe impartire; e che nessuna forza politica sia in grado di farsi portatrice di proposte serie in merito alla sostenibilità democratica dell’Unione.

Non è credibile pensare di fare i conti senza il principale avversario di una maggiore integrazione europea: la Germania che non vuole “prendersi carico” dei debiti degli altri membri e che legittimamente difende un assetto a lei congeniale. Al contrario le prossime notizie dal versante greco – e non solo – saranno sempre le solite: i conti non vanno, la ripresa stenta, ci vuole un vera unione federale …

Luca Scaglione