Giornata mondiale dei diritti umani: le ferite aperte della società globale

Pubblicato il 10 Dicembre 2016 alle 17:57 Autore: Alessandro Faggiano
diritti umani

Giornata mondiale dei diritti umani e le ferite aperte della società globale

Sono passati quasi 60 anni dalla firma sulla dichiarazione universale dei diritti umani. Correva l’anno 1948: il mondo cercava di ricucire le dolorose e strazianti ferite provocate dalla seconda guerra mondiale. Nella fase di assestamento tra la fine della guerra e la definitiva ripartizione del mondo per zone di influenza (blocco statunitense capitalista contro blocco sovietico comunista) si firma l’importante dichiarazione universale dei diritti umani. Lo si fa a Parigi, capitale della Francia e patria della difficoltosa messa in atto dei principi liberali di uguaglianza, giustizia e fraternità. Proprio questi tre principi sono i capisaldi della dichiarazione, disposti nel primo dei 30 articoli di uno dei documenti più rilevanti delle Nazioni Unite.

Cosa contiene la dichiarazione universale sui diritti umani

Il primo articolo della Carta cita: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” Come detto anteriormente, la Carta si basa sui valori liberali, partoriti (nell’ambito teorico) dalle eminenze intellettuali inglesi e francesi. Se i primi due principi rappresentano il massimo diritto inviolabile dell’uomo, la fratellanza rappresenta – in maniera emblematica – il vivere civile, frutto (in parte) della stessa ideologia repubblicana. Almeno sotto il punto di vista delle teorie sulla cittadinanza, contrasta con l’idea liberale stessa, radicata nello status sociale e giuridico.

Il primo articolo introduce ciò che verrà ripreso più dettagliatamente negli altri ventotto (senza includere l’ultimo, il trentesimo, che fa da chiusura). Si fa riferimento (testualmente) alle disuguaglianze di genere, alla discriminazione per ragioni politiche, etniche o per orientamento sessuale. Per ogni disuguaglianza citata (tanto che nasca dal potere politico, come dall’interno della stessa società) possiamo trovare una moltitudine di esempi concreti del mondo moderno. Dalle epurazioni in Turchia, passando per la violenza culturale ed endemica degli Stati Uniti d’America. Chissà sia superfluo citare il dramma che vive il popolo siriano da un lustro a questa parte. Per la stessa ONU, il 2016 è stato un anno disastroso. Da Est a Ovest, passando per le ‘fratture immaginate’ che dividono Nord (avanzato, industrializzato e progressista) e Sud (arretrato, autoritario e reazionario) la dichiarazione universale dei diritti umani rimane spesso inascoltata, zittita da chi non è capace di ascoltare. La Carta garantisce anche la libertà di espressione, parola e pensiero. Tutela il diritto alla difesa e a un giusto processo, oltre a promuovere il governo rappresentativo e la democrazia liberale (art. 21.3)

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La dichiarazione del ’48 può davvero essere universale?

Lo spirito della Carta è pervaso dall’ideologia liberale, che ha accompagnato (e accompagna, tuttora) l’Europa e l’Occidente come segno ideologico distintivo. La centralità dell’individuo (rispetto alla comunità e alla Res Publica) e del relativo interesse egoistico, combinato con l’integrazione del modello economico capitalista, riduce notevolmente la capacità di mettere in pratica i 30 punti della dichiarazione del ’48. Il principio di solidarismo (e, quindi, di fratellanza) cozza frontalmente con l’ideologia liberale e il modello economico dominante, fondato sulla competizione e il libero mercato. È un contrasto che risulta evidente, ed è facile comprendere la gerarchia dei principi e valori che dirigono l’attività economica e politica.

Se per alcuni temi, il successo è possibile (e doveroso), su altri fronti sembra irrealistico pensare in un suo pieno compimento. Tutti gli articoli che trattano il tema del lavoro, della giusta retribuzione, del diritto allo svago e alle ferie (dall’art.21 all’art.25) sono vessati, flagellati, dal neoliberismo. Il modello economico partorito da Milton Friedman e colleghi ha prodotto – secondo autorevoli esperti (tra cui il noto Manuel Castells) – una forbice di disuguaglianza economica e sociale paragonabile a quella del secondo dopoguerra. In definitiva, alcuni degli obiettivi esposti nella Carta sono ancora lontani, lontanissimi. Ciò nonostante, non si può prescindere dai valori umani. Al giorno d’oggi, siamo abituati a quantificare economicamente il ‘peso’ dell’umanità, dell’accoglienza e dell’uguaglianza, dimenticando l’inestimabile valore del solidarismo, dell’altruismo e del bene comune.

L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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