Russiagate news: nuove prove contro Flynn, cosa è successo

Pubblicato il 8 Novembre 2017 alle 14:51 Autore: Massimo Borrelli
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Russiagate news: nuove prove contro Flynn, cosa è succcesso

La vicenda Russiagate è stata presentata come una serie di ipotesi e supposizioni sin dall’inizio. Lo scandalo ora in realtà coinvolge anche alcune attività legate ai Clinton. È divenuta sempre più probabile anche la versione che raccontava il Russiagate come un complotto ordito ai danni di Trump, outsider assoluto delle scorse presidenziali.

Ma cos’è realmente successo e quali potrebbero essere le sue conseguenze?

Russiagate: l’inizio

Le elezioni dello scorso novembre sono state tra le più entusiasmanti. Donald Trump, outsider assoluto, alla fine è riuscito a trionfare sulla favorita Hillary Clinton. La campagna elettorale però è stata condita più volte da colpi di scena e colpi bassi. Trump dal canto suo si è portato dietro la nomea di candidato supportato dalla Russia di Vladmir Putin, ipotesi del tutto da chiarire. In questo turbinio di avvenimenti e sospetti, l’FBI decide, all’inizio del 2017, di avviare un indagine per chiarire cos’è successo.

Russiagate: l’indagine dell’FBI

Il primo guizzo da scandalo arriva nel marzo 2016 quando Trump, nomina Paul Manfort manager della campagna elettorale e Carter Page come consulente. Entrambi vengono accostati alla Russia. In seguito nell’agosto 2016 Manfort, sarà licenziato da Trump. Durante l’inchiesta di Mueller si è scoperto però che i legami di Manafort con la Russia risalivano al 2014 e coinvolgevano i fratelli John e Tony Podesta. Il primo dei due è il plenipotenziario dei Clinton, infatti era il capo della campagna elettorale della Clinton e fu lui a parlare nelle veci della Clinton la notte delle elezioni.

Gli sviluppi della vicenda: il ruolo di Flynn

È proprio Micheal Flynn ad accendere la miccia dello scandalo, il quale, nel corso di un colloquio con il vicepresidente Mike Pence omette di dichiarare di aver discusso, assieme all’ambasciatore russo Sergey Kislyak, delle sanzioni inflitte a Mosca. Una omissione che costa a Flynn il posto per il quale era stato scelto.

Russiagate: uno scandalo in continua evoluzione

A quel punto il presidente decide di licenziare il numero uno dell’FBI Comey, avendo ricevuto un suggerimento in tal senso da Rod Rosenstein (Deputy Attorney General), quindi si apre una nuova fase. Dopo il licenziamento di Comey, arriva il mandato di comparizione per Flynn, il quale dovrà testimoniare sui rapporti avuti con Mosca. Comey sotto giuramento dichiara che Trump gli aveva detto di sperare che la vicenda Flynn si chiudesse senza ulteriori strascichi. Lo stesso Comey in quella circostanza non è in grado di dire se quella espressione di speranza fosse o meno una forma di pressione indebita, e dichiara di sperare a sua volta che qualcuno indaghi, cosa che succede appunto con l’assegnazione del caso a Mueller.

Quest’ultimo riceve un mandato estremamente ampio, senza un particolare capo di imputazione, e senza limiti sulle persone da indagare ne sul tempo a ritroso dove è autorizzato a scavare. In effetti l’accusa di aver cercato di interferire con la giustizia augurandosi che le cose si concludessero per il meglio per Flynn (di cui lui aveva una buona opinione) cade quasi subito, oltretutto lui in qualità di “commander in chief” aveva anche il potere di chiedere che una indagine venisse chiusa, quindi se davvero avesse voluto avrebbe potuto anche ordinare di farlo.

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Trump non rischia

Con l’emergere delle nuove prove contro Flynn anche la situazione per Trump si complica, sebbene non ci siano prove contro il presidente. Il procuratore Mueller afferma che Flynn sarebbe stato implicato nell’organizzazione di una azione ai danni di un avversario di Erdogan. Attualmente, come già ribadito, Trump non rischia nulla, dato che non esistono inchieste a suo carico. Anche Hillary Clinton sta attendendo con ansia gli sviluppi della questione, anche perché in contemporanea c’è stato lo scandalo Fusion GPS nel quale risulta che il partito democratico sotto la sua guida abbia finanziato con 12 milioni di dollari la creazione di un falso dossier contro Trump da usare in campagna elettorale (il famoso dossier del “golden shower” pubblicato da Bazzfeed e poi rilanciato dalla CNN, molto criticata in quella circostanza anche da media schierati a sinistra come la MSNBC)

È già possibile parlare di impeachment?

In questo momento è senz’altro da escludere l’ipotesi impeachment. Non ci sarebbero gli estremi per procedere. In tutta la storia degli Stati Uniti due presidenti si sono salvati una volta finiti sotto accusa. Prima Andrew Johnson nel 1868, poi Bill Clinton nel 1998. Nixon invece fu costretto a dimettersi nell’ambito del caso Watergate del 1974, ma va fatto notare che i democratici (partito a lui avverso) avevano in quella circostanza maggioranze molto forti sia alla Camera che al Senato.

Curiosità: perché gli scandali americani hanno sempre come suffisso la parola “gate”?

Per citarne alcuni famosi come Climategate, Cablegate, Sexgate, Watergate e infine Russiagate. Tutti con un suffisso comune che però, in realtà, non è riconducibile a complotti, scandali o scoop. L’abitudine di apporre il suffisso gate viene dal giornalismo americano. Non è dato sapere se è per assenza di fantasia o per pigrizia. Possiamo senz’altro dire però, che il termine viene coniato nel 1974 nell’ambito dello scandalo Watergate. L’inchiesta in quegli anni nacque quando alcuni partecipanti del complotto, furono arrestati e condotti agli uffici del partito Democratico, ospitati all’hotel Watergate, il quale, a sua volta, prende quel nome trovandosi davanti al fiume Potomac “porta d’acqua”. Per tale motivo, tutto, è divenuto, in seguito “gate”.

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L'autore: Massimo Borrelli

Nato a Salerno, laureato in Giurisprudenza, ho frequentato il Master in Diritto delle Telecomunicazioni a Madrid. Da sempre appassionato di Politica e Web, sono riuscito a conciliare queste due passioni dedicando il mio tempo libero al Termometro Politico, testata online indipendente e senza bandiere. Seguilo su Twitter @borrellimassimo e su G+ Massimo Borrelli
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