Il Piccolo Principe: una storia di legami. Trama e recensione di un classico senza tempo

Pubblicato il 23 Gennaio 2018 alle 13:46 Autore: Salvatore Mirasole
il piccolo principe

Una storia di legami: Il Piccolo Principe.  Trama e recensione

Pubblicato il 6 aprile 1943 a New York in lingua inglese e, dopo qualche giorno, in francese, Il Piccolo Principe è ad oggi uno dei libri più letti della storia, secondo solo a pochi libri come la Bibbia o il Capitale di Marx. Il segreto del suo successo probabilmente sta nella sua straordinaria capacità di comunicare, con una dolcezza impari, a chiunque senza nessuna distinzione: a lungo considerato letteratura per l’infanzia, Il Piccolo Principe è un classico che in realtà non conosce età anagrafica.

Una storia di legami: Il Piccolo Principe, la trama

Il piccolo principe abita su un pianeta poco più grande di una casa. Su questo pianeta ci sono tre vulcani, due attivi e uno spento, alti fino al ginocchio, di cui il piccolo principe si prende cura con pazienza ed amore. Quello spento lo usa ogni tanto come sgabello per guardare le stelle, gli altri pianeti e, soprattutto, i tramonti. Il piccolo principe adora i tramonti e, grazie al suo pianeta che è piccolino, può vedere più tramonti al giorno. Una volta ne ha visti quarantaquattro. Un giorno sul pianeta del piccolo principe spunta un fiore, una bellissima rosa, una rosa vanitosa e orgogliosa: tra i due è amore a prima vista. Ma come si sa, la vita degli innamorati è dura e piena di incomprensioni. Dopo una sciocca lite, il piccolo principe decide di andare via alla ricerca di nuovi amici su altri pianeti.

Il Piccolo Principe è la storia di questo viaggio, dei volti che il suo protagonista incontra e del pensiero incessante che egli rivolge al suo amato fiore. Il racconto è però narrato dal punto di vista di un aviatore (nota bene: anche Saint-Exupéry fu aviatore) che si è perso nel deserto, luogo in cui egli incontra l’erratico principino e, con il quale, nascerà una breve ma profonda amicizia, così profonda che anche dopo che i due si diranno addio, all’aviatore basterà guardare il cielo e le sue stelle per ricordarsi del suo “ometto”.

Una storia di legami: il Piccolo Principe, la poetica dell’invisibile

Ma il Piccolo Principe non è solo la storia di un viaggio, di un’astrale Odissea compiuta da un giovane esploratore: è un delicato inno a recuperare le cose troppe spesso dimenticate. L’amore e l’amicizia, in primo luogo. E queste cose non si trovano davanti agli occhi, perché si vede solo col cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi, dice la volpe quando rivela al piccolo principe il suo segreto. Da quel momento in poi, il richiamo all’invisibile è una presenza costante nel libro, il quale ruota intorno a quest’idea. La si ritrova finanche nelle parole dell’aviatore, simbolo dell’adulto che si è dimenticato una cosa importante: essere bambino. Che si tratti della casa, delle stelle o del deserto, quel che fa la loro bellezza è invisibile, dice l’adulto onde infine malinconicamente ammettere che egli vede solo la scorza, l’importante è invisibile agli occhi.

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Ma cos’è questo invisibile di cui tanto si parla nel libro?

Nelle sue peregrinazioni, il piccolo principe giungerà presso un giardino di rose. La tristezza si fa presto strada nel suo cuore: egli credeva di avere un fiore unico, eppure davanti a lui se ne trovavano cinquemila, tutte uguali, in un solo giardino. Il piccolo principe, triste e deluso, se ne va a piangere steso sull’erba. Sarà la volpe, qualche pagina dopo, a guidarlo fino all’agnizione finale: è il tempo la bellezza che opera invisibile e che rende la rosa unica al cuore del piccolo principe; il tempo che egli ha speso con lei, prendendosene cura, proteggendola dai pericoli, i bruchi che la volevano divorare, il vento che batteva forte contro di essa. Ogni ricordo prezioso, il passato, ed ogni ricordo che andrà a posarsi nei loro cuori, il futuro. Questo sfugge agli occhi, e per estensione a qualsiasi altro organo di senso, ma non al cuore.

Una storia di legami: il Piccolo Principe, a Léon Werth quando era bambino

Il Piccolo Principe è un libro di apparenti contraddizioni: è a suo modo tragico e malinconico, ma allo stesso tempo carico di energia positiva nel suo invito alla vita e a sorridere, a ricordare le cose dimenticate. Un invito che forse l’autore fa in primo luogo a se stesso: non dimenticare il suo amico più caro al mondo, Léon, che all’epoca in cui il libro viene pubblicato si trova nel pianeta Francia diviso dai nazisti, mentre l’autore si trova nel pianeta America, a New York. Tra i due vi è un legame profondo, anche su un piano letterario, sebbene abbiano ben poco in comune: lo stile di Léon è surreale ed egli stesso ha tendenze anarchiche, ciononostante Saint-Exupéry nutre profonda stima nei suoi confronti, ne apprezza l’essenza del suo surrealismo che è, in prima istanza, ricerca della verità.

Egli però non riesce a stare lontano dalla patria e dagli affetti a lungo e agli inizi del 1943 si unisce alle Forze Aeree della Francia libera motivando la sua scelta con volontà di soffrire e pertanto riunirsi a coloro che gli sono cari, come egli stesso ammette. Ma Antoine De Saint- Exupéry non vivrà abbastanza a lungo da vedere conclusa la guerra e godere quindi della pace con i suoi cari, con il suo Léon: scompare in volo senza lasciar traccia il 31 luglio del 1944. Solo cinque mesi dopo, Léon vedrà il libro di cui egli stesso è la musa.

Nel leggere Saint-Exupéry occorre tener presente la storia di questo stretto e tragico legame che si riflette in ogni rapporto di coppia che incontriamo tra le pagine de Il Piccolo Principe, perché è sotto l’influsso emotivo di un’amicizia a distanza, vissuta da pianeti diversi, che il libro viene concepito e portato alla luce.

Salvatore Mirasole

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