Quella distanza tra il Pd e governo sul licenziamento economico

Pubblicato il 2 Aprile 2012 alle 07:32 Autore: Livio Ricciardelli
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E dunque la base di ragionamento per l’esecutivo è che il licenziamento economico è sbagliato se utilizzato per coprire un’altra modalità di licenziamento. Per fare un esempio: se un datore di lavoro si inventa un motivo disciplinare per il licenziare il suo operaio ma in realtà si scopre che si tratta di un mero motivo economico che ha spinto a quel gesto, il lavoratore deve essere indennizzato dalle 15 alle 27 mensilità. Sostanzialmente il datore di lavoro paga per il bluff, per aver mentito il lavoratore sulle vere ragioni che hanno spinto al licenziamento.

Perché dunque, a parte l’indennizzo, non il reintegro? Perché, assodato che non si tratta per esempio di un licenziamento disciplinare ma di carattere economico, chiedere il reintegro per motivi economici equivale sostanzialmente all’impossibilità da parte del datore di lavoro di licenziare un dipendente per motivi diversi da quelli discriminatori e disciplinari.

E forse questo ragionamento per il governo Monti rappresenterebbe la fine di una certa idea di libero mercato e di impresa privata.

In questa contraddizione stanno le distanze tra Pd e governo Monti sul tema dei licenziamenti. Distanze che però, per il bene del paese, sarebbe bene colmare in fretta.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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