Tennis: la Next Generation e la difficoltà di succedere ai grandi trentenni

Pubblicato il 29 Aprile 2018 alle 12:01 Autore: Redazione
ATP World Tour Finals

Tennis: la Next Generation tennis e la difficoltà di succedere ai grandi trentenni

Sono lontani i tempi in cui i diciassettenni Boris Becker, Mats Wilander e Michael Chang trionfavano rispettivamente a Wimbledon (1985) e al Roland Garros (nell’82 e nell’89). Oggi è sempre meno frequente osservare nei tornei del circuito maggiore partite di fase avanzata aventi come protagonisti giocatori provenienti dalla cosiddetta Next Generation, quella dei nati dal 1996 (anno da cui erano ammessi i tennisti migliori per giocare le Next Gen ATP Finals dell’anno scorso).

Il circuito maschile sembra essersi fermato a una decina di anni fa, quando emersero vari giocatori nati negli anni ’80, con pochi ricambi nel corso dell’ultimo periodo.

Questa è la situazione attuale, ma quali sono i motivi per cui ragazzi che a livello giovanile mostrano grande talento, poi, alle prime stagioni da professionisti, rimangono nella mediocrità e non riescono a sfondare?

Tennis: cause della debolezza della Next Generation

Le cause sono numerose e di vario genere. A livello giovanile gli allenatori lavorano molto più che altro su due colpi, il servizio e il dritto, che a quei livelli portano molti risultati, senza curare altri aspetti del gioco, che diventano poi importanti quando si diventa professionisti. Un esempio è Milos Raonic, giocatore che con questi due fondamentali ha vinto molto nel circuito giovanile, salvo poi avere difficoltà negli anni successivi; poi i risultati sono arrivati, grazie a un lavoro intelligente e mirato, ma sarebbero potuti arrivare prima, con un lavoro differente a livello juniores.

Il tennis attuale, inoltre, richiede molto dal punto di vista fisico e privilegia giocatori con un corpo imponente e muscoloso, e alti. Sembrano decontestualizzati i ragazzi della Next Gen, che invece sono magri e carenti dal punto di vista della massa muscolare, a parte qualche rara eccezione.

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Altro punto da tenere in considerazione è la tattica utilizzata nel corso delle partite: recentemente ho assistito alla partita di Denis Shapovalov di primo turno al torneo di Montecarlo. Il ragazzo, considerato dagli esperti un talento cristallino e vincitore nel 2016 di Wimbledon juniores, è parso spaesato sulla terra rossa, senza un piano tattico e sembrava giocasse tutti i punti alla stessa maniera, mentre una delle regole base di questo sport è che le palle hanno importanza diversa a seconda del punteggio, e quindi vanno affrontate in maniera differente. Il risultato è stata una netta sconfitta in due set per il canadese, autore di diversi errori nonostante qualche soluzione da urlo, tanto che Paolo Bertolucci, che commentava in televisione la partita, più volte ha affermato che il ragazzo avrebbe bisogno di un soggiorno in Spagna per imparare a giocare su quella superficie, di cui gli spagnoli sono maestri.

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Un eccesso di cure e protezione

Non bisogna trascurare anche il fatto che spesso i giovani vengono subito esaltati, troppo coccolati, per cui si montano la testa e dimenticano quella umiltà che soprattutto nel tennis è fondamentale se si vuole diventare veramente grandi; ad esempio Richard Gasquet, ex bambino prodigio del tennis francese, dopo la sua vittoria numero 500 nel circuito maggiore, ha affermato umilmente di essere il peggior tennista ad aver raggiunto questo risultato.

Certo si è in un periodo storico in cui ci sono dei fenomeni eccezionali come Nadal e Federer, che l’anno scorso si sono spartiti equamente i 4 Slam a oltre 30 anni, ma, in un momento in cui il tennis maschile è falcidiato dagli infortuni e in cui, negli ultimi mesi, molti tennisti non eccezionali hanno ottenuto i migliori risultati della loro carriera, forse qualche nuova faccia potrebbe avere la sua occasione per mettersi in luce.

Cesare Fabrizi

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