Sana Cheema è stata strangolata, spezzato l’osso del collo

Pubblicato il 10 Maggio 2018 alle 16:52 Autore: Antonella Cariello
Sana Cheema

Sana Cheema è stata strangolata, spezzato l’osso del collo.

A dire l’ultima parola sarà l’autopsia – autorizzata, a dire di un connazionale di Sana, solo a seguito della crescente pressione mediatica -. I riflettori, così insistentemente puntati sulla vicenda, avrebbero permesso di smentire le ricostruzioni diffuse dal Pakistan, terra natia e triste teatro del delitto della venticinquenne: i responsabili tentavano, infatti, di celarsi all’ombra di una presunta morte naturale.

La storia di Sana Cheema

Il movente dell’uccisione risiederebbe nel rifiuto opposto dalla giovane pakistana, trapiantata a Brescia, di un matrimonio combinato. Insomma, si tratterebbe dell’ennesimo caso di delitto d’onore. Per i  carnefici – suo padre, Mustafa Ghulam, il fratello e uno zio della ragazza – il proposito di omicidio era alimentato anche da una seconda aggravante: tra i piani di Sana figurava anche una vita insieme, in Germania, con il suo ragazzo, le cui origini italiane mal si conciliavano con la dura presa di posizione anti-occidentalista dei Cheema.

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Sana, intanto, stava tornando in Pakistan per ricongiungersi con quelli che il 24 Aprile l’hanno strangolata, per poi seppellirla.  A sobbarcarsi quest’ultimo compito, il cugino della vittima, ora iscritto al registro degli indagati. Ad incastrarli, in primis, il medico che ha siglato il certificato di morte. Il giudice ha perciò autorizzato a procedere con l’autopsia del cadavere. Dopo che quest’ultima ha svelato la rottura dell’osso del collo, le cause del decesso dapprima approntate dai genitori (arresto cardiaco, morte naturale, inadempienza da parte de personale sanitario) non potevano che essere smentite. La loro figlia era stata strangolata.

Le conseguenze dopo la sentenza del Laboratorio forense

Dopo che i medici forensi del Laboratorio del Punjab hanno decretato la verità sul tragico epilogo della vita della giovane italo-pakistana, il decesso ha visto inevitabilmente coinvolto il nucelo familiare. Gli indagati hanno tentato la fuga, ma sono stati bloccati dalle autorità pakistane. Attualmente sussiste per gli imputati lo stato di arresto, con accusa di omicidio volontario e sepoltura senza autorizzazione. Sul versante nostrano, a Brescia, dove nel quartiere Fiumicello la venticinquenne ha a lungo risieduto, la procura ha aperto un’inchiesta, guidata dal sostituto procuratore Ambrogio Cassiani. Il suo intervento prevede una stretta connessione con l’Ambasciata italiana ad Islamabad, così da ottenere ogni documentazione per le indagini del caso.

Antonella Cariello

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