Riforma Centro per l’Impiego M5S: costi e modifiche nei dettagli

Pubblicato il 15 Maggio 2018 alle 14:37 Autore: Camilla Ferrandi
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Riforma Centro per l’Impiego M5S: costi e modifiche nei dettagli

Le trattative programmatiche per la formazione del governo procedono. Movimento 5 Stelle e Lega hanno messo su banco le proposte guida delle rispettive campagne elettorali. In merito a queste, si ricercano accordi, compromessi, per la stesura di un programma di governo comune.
Come più volte ribadito nelle ultime settimane, l’intesa è ricercata soprattutto su due temi, tra i cardini della campagna elettorale sia dei cinquestelle che dei leghisti: reddito di cittadinaza e flat tax.
Ora, per quanto riguarda l’accordo sul reddito di cittadinanza, che i rumors dicono chiuso su assegno da 780 euro e possibilità di rifiutare fino a tre proposte di lavoro, questo dovrebbe comprendere, in un’ottica di rilancio dell’occupazione, quanto prospettato da M5S nel proprio programma elettorale, quello votato dagli iscritti sulla piattaforma Rosseau: la riforma dei Centri per l’impiego.

Riforma Centri per l’impiego, l’idea del M5S

Come si legge nei ’20 punti per l’Italia del MoVimento 5 Stelle’, il programma con cui i pentastellati si sono presentati alla competizione elettorale del 4 marzo, riformare i Centri per l’impiego è azione prioritaria per “far incontrare davvero domanda e offerta di lavoro e garantire formazione continua a chi perde l’occupazione. Con la flex security le imprese sono più competitive e le persone escono dalla condizione di povertà”.

Reddito di cittadinanza al via nel 2019, M5S-Lega trattano sull’importo

“Nella nostra proposta sul reddito di cittadinanza – a parlare Luigi Di Maio – prevediamo una spesa di 2,1 miliardi di euro a questo scopo”, ovvero per il rilancio dei Cpi. Infatti, con il reddito di cittadinanza, il centro per l’impiego rappresenterebbe struttura imprescindibile per l’accesso al sussidio di disoccupazione stesso. Ogni potenziale beneficiario dovrebbe iscriversi ai Cpi e iniziare un percorso di ricerca attiva di occupazione; frequentando corsi di formazione e facendo colloqui con gli operatori dei centri. Quest’ultimi, da parte loro, avrebbero il compito di individuare fino a tre possibili offerte di lavoro da proporre ai beneficiari entro le quali gli stessi dovrebbero scegliere, pena l’annullamento del sussidio.

Riforma Centri per l’impiego, i numeri

Che i Centri per l’impiego abbiano dimostrato la loro inefficacia e inefficienza è indubbio. E, a dimostrazione, basta un solo dato: circa il 75% degli iscritti è disoccupato da oltre un anno. Al Sud la percentuale sale all’80%. E tra gli occupati, solo il 3,4% ha trovato lavoro grazie ai servizi dei Cpi. Del resto, come evidenzia l’osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro nel rapporto ‘Dal Welfare al Workfare. Le politiche attive come strumento di contenimento della spesa sociale per la disoccupazione’; “solo una minima quota di percettori di politiche passive ha ricevuto servizi di politiche attive. E una quota ancora più contenuta ha ricevuto un’opportunità occupazionale che ha permesso al sistema degli ammortizzatori sociali di risparmiare e al disoccupato di trovare lavoro”.

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L'autore: Camilla Ferrandi

Nata nel 1989 a Grosseto. Laureata magistrale in Scienze della Politica e dei Processi Decisionali presso la Cesare Alfieri di Firenze e con un Master in Istituzioni Parlamentari per consulenti d'assemblea conseguito a La Sapienza. Appassionata di politica interna, collaboro con Termometro Politico dal 2016.
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