Pensioni ultime notizie: Quota 100 è penalizzante, ecco perché

Pubblicato il 15 Giugno 2018 alle 09:05 Autore: Daniele Sforza
Pensioni ultime notizie: Quota 100 penalizzante

Pensioni ultime notizie: Quota 100 è penalizzante, ecco perché.

Sul tema pensioni ultime notizie vertono sulla Quota 100. Tra un tira e molla verbale, che da un lato ritarda e dall’altro anticipa la misura, si fa un gran parlare anche degli effetti e delle conseguenze di questa proposta. Che per molti è una soluzione definitiva al problema della Legge Fornero. Per altri, però, potrebbe non essere così positivo il cambiamento. Sostanzialmente, Quota 100 potrebbe essere penalizzante soprattutto per certe categorie di lavoratori. Ma per quale motivo?

Pensioni ultime notizie: Quota 100, chi penalizzerebbe?

Quota 100 (e Quota 41) sono le misure scelte per sostituire (e superare) la contestata riforma Fornero. Il governo gialloverde ha già ribadito in più occasioni che la strada verso la controriforma sta per essere percorsa. E in molti attendono che quanto promesso nel programma elettorale si avveri. Quello che però è emerso negli ultimi giorni è anche un’analisi su come sarebbe davvero Quota 100, grazie alla proposta formulata dall’economista leghista Alberto Brambilla. E soprattutto per chi sarebbe favorevole e per chi invece rischia di essere molto penalizzante.

Quota 100 e Quota 41 si basano rispettivamente su un meccanismo di uscita a 64 anni (minimo) e 36 anni di contributi la prima soluzione; e con 41 anni e 5 mesi di contributi la seconda (si dovrebbe infatti parlare di Quota 41 e ½). Inoltre verrebbe messo un tetto alla contribuzione figurativa per massimo 2-3 anni. Non solo: si direbbe anche addio all’Ape sociale, lo strumento usato da diversi soggetti che, viste le difficoltà o le discontinuità della propria carriera, potrebbero comunque permettersi di uscire prima dal mondo del lavoro. Ecco, per quest’ultima categoria di lavoratori Quota 100 non sarebbe conveniente.

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Pensioni ultime notizie: Quota 100 penalizzante, qualche esempio

Qualche esempio viene riportato da PensioniOggi, che considera come la misura potrebbe essere non proprio conveniente per tutti. Ad esempio, consideriamo chi ha almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. “Il documento prevede un ricalcolo dei versamenti con il sistema contributivo di tutte le anzianità maturate successivamente al 1995”. Il sito informa che il calcolo ha meno impatto rispetto all’opzione al sistema contributivo, perché le anzianità maturate fino al 31 dicembre 1995 sarebbero determinate con il sistema retributivo. Questo sistema annullerebbe in un certo senso i 18 anni di contributi al 1995; “ottenendo il calcolo retributivo sino al 1995 e contributivo dal 1996 al pensionamento”. Per chi invece ha un’età contributiva non ancora “maggiorenne” al 31 dicembre 1995 non cambierebbe nulla.

Penalizzate potrebbero esserlo anche le donne; che non solo perderebbero i benefici dell’Ape Social, ma anche gli sconti contributivi per ogni figlio che permettono loro di riscattare gli anni di contributi per un massimo di 2 anni. Resta comunque nel novero delle ipotesi un possibile ventaglio di soluzioni per evitare tali penalizzazioni; non sappiamo se sono già al vaglio del governo, ma una condizione che potrebbe venire incontro alle categorie di lavoratori svantaggiate potrebbe confluire nelle clausole di salvaguardia; o in altre misure di cui forse sentiremo parlare a breve.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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