Da TFS a TFR: trattamento liquidazione, quando è uguale

Pubblicato il 4 Dicembre 2018 alle 09:57 Autore: Daniele Sforza
Da Tfs a Tfr trattamento liquidazione
Da TFS a TFR: trattamento liquidazione, quando è uguale

Ultime notizie su Tfs e Tfr con la sentenza n. 213/2018 della Corte Costituzionale in merito alla disparità di trattamento nella liquidazione dei dipendenti in regime di Tfs e Tfr. Risulta infatti infondata la questione la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 26 (comma 19) della Legge n. 448/1998, nell’ottica di una eventuale violazione degli articoli 3 e 36 della Costituzione italiana. Secondo la sentenza è stato infatti trovato un punto di equilibrio fondamentale, che non inficia sull’uguaglianza del trattamento, ma anzi la rafforza.

Passaggio da Tfs a Tfr: cosa dice la Legge n. 448/1998

Andiamo a vedere cosa dice il succitato articolo 26 comma 19 della Legge n. 448/1998. Infatti, qui si legge quanto segue. “Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si provvede a disciplinare l’accantonamento, la rivalutazione e la gestione dell,15 per cento dell’aliquota contributiva relativa all’indennità di fine servizio prevista dalle gestioni previdenziali di appartenenza da destinare alla previdenza complementare del personale che opta per la trasformazione dell’indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto”. Inoltre, “con il medesimo decreto si provvederà a definire, ferma restando l’invarianza della retribuzione complessiva netta e di quella utile ai fini pensionistici, gli adeguamenti alla struttura retributiva e contributiva conseguenti all’applicazione del trattamento di fine rapporto, le modalità per l’erogazione del Tfr per i periodi di lavoro prestato a tempo determinato, nonché quelle necessarie per rendere operativo il passaggio al nuovo sistema del personale” assunto dal 1° gennaio 1996.

Da Tfs a Tfr: cosa dicono gli articoli 3 e 36 della Costituzione

Era stata dunque sollevata la questione di legittimità costituzionale, poiché si presupponeva, in tali termini, la violazione degli articolo 3 e 36 della Costituzione. Più nel dettaglio, nell’articolo 3 si legge quanto segue. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ma soprattutto “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Invece, l’articolo 36 della Costituzione recita così. “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

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Passaggio da Tfs a Tfr: cosa dice la Corte Costituzionale

Insomma, leggendo quanto sopra riportato, si andava a sollevare la questione della parità di trattamento nella liquidazione dei lavoratori dipendenti in regime di Tfs (assunti entro il 31 dicembre 2000) e quelli in regime di Tfr (assunti dal 1° gennaio 2001). Con la sentenza n. 213 dello scorso novembre, però, la Corte Costituzionale ha rigettato i presupposti di violazione. La Corte ha ribadito che la garanzia della parità di trattamento consiste proprio in quel principio di invarianza della retribuzione complessiva netta, arricchita peraltro dai meccanismi di perequazione discussi in sede negoziale. Questo principio, di fatto, non contrasta né con la questione della parità sociale, né con la dignità retributiva, visto che sotto quest’ultimo aspetto è da considerare il trattamento retributivo nel suo complesso.

“La decurtazione della retribuzione del personale in regime di Tfr non si atteggerebbe come un contributo previdenziale obbligatorio”, si è pronunciata la Corte. “Ma sarebbe l’unico strumento, di valenza eminentemente perequativa, atto a evitare un indebito vantaggio per il personale in regime di Tfr e a garantire il principio dell’invarianza della retribuzione, riconducendo a eguaglianza i regimi retributivi e contributivi e scongiurando nuovi oneri a carico del bilancio statale”.

Inoltre, se non ci fosse la citata decurtazione, “si determinerebbe un aumento della retribuzione lorda ai fini fiscali e, in pari tempo, della retribuzione netta e si produrrebbe una disparità di trattamento economico fra dipendenti aventi la stessa retribuzione complessiva”. E questo sì che andrebbe in contrasto con gli articoli della Costituzione chiamati in causa. Infine, “la decurtazione sarebbe recuperata in virtù di un incremento figurativo ai fini previdenziali e del calcolo del trattamento di fine rapporto, meccanismo correttivo finalizzato a evitare pregiudizi ai dipendenti in regime di Tfr”.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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