A Pechino si è discusso il futuro delle Nuove Vie della Seta. Italia presente

Pubblicato il 29 Aprile 2019 alle 15:59 Autore: Michele Mastandrea

Vie della seta: i dubbi della comunità internazionale e le risposte cinesi. Presente Giuseppe Conte, ma nessun nuovo accordo è stato siglato a Pechino

A Pechino si è discusso il futuro delle Nuove Vie della Seta. Italia presente
A Pechino si è discusso il futuro delle Nuove Vie della Seta. Italia presente

Più di cinquemila delegati da tutto il mondo hanno partecipato a Pechino al secondo Belt and Road Forum per la cooperazione internazionale. Svoltosi dal 25 al 27 aprile, il forum ha discusso delle innovazioni che la dirigenza cinese vuole apportare al suo programma-manifesto geopolitico. Noto come Nuova Via della Seta (o Belt and Road Initiative), il progetto di investimenti infrastrutturali globali da parte cinese è stato oggetto negli ultimi mesi di un profondo scrutinio da parte della comunità internazionale. Erano presenti capi di stato e di governo da 37 paesi, più i leader di organizzazioni come le Nazioni Unite e il Fondo Monetario Internazionale.

In particolare, il forum si è concentrato sui temi che più interessano i diversi stati, cercando di dare risposte riguardo a problematiche come quelle del debito, dell’impatto ambientale, delle ricadute sui mercati del lavoro nazionali, sull’indipendenza politica dei paesi contraenti. Se infatti esistono nell’ambito della Belt and Road evidenti opportunità commerciali per gli attori che vi partecipano, sono stati sollevati negli ultimi mesi molti dubbi rispetto alla sua sostenibilità e ai veri obiettivi politici di Pechino.

Belt and Road Forum: presente anche l’Italia

L’Italia, primo paese europeo e del G7 ad aver firmato un memorandum d’intesa per entrare nel progetto, ha inviato il solo premier Giuseppe Conte a comporre la delegazione nazionale. La firma italiana dello scorso marzo fu pesantemente criticata soprattutto dagli Stati Uniti. Per i quali la Belt and Road è un’arma di ricatto cinese verso il mondo, un cappio stretto al collo secondo le parole del vicepresidente Usa Pence di qualche mese fa.

Conte ha ribadito l’importanza della scelta italiana di aderire al progetto, dato che il nostro paese è “anche per la posizione geografica il terminale naturale della Belt and Road.” Allo stesso tempo, ha strizzato l’occhio agli USA, sottolineando l’attenzione italiana ai termini degli accordi in via di definizione. Conte si è soffermato in particolare sul tema delle tecnologie sensibili come quelle delle reti di telecomunicazione 5G, su cui si sta da mesi consumando un duro scontro tra Pechino e Washington.

Non era presente a Pechino Michele Geraci, il sottosegretario ritenuto il vero artefice dell’avvicinamento tra i due paesi e della firma del memorandum. L’Italia è un paese strategico per la Cina, soprattutto in termini di infrastrutture. Porti come quelli di Genova e Trieste sono nel mirino cinese per la loro posizione favorevole rispetto alle rotte commerciali europee. Durante il forum non sono state però firmati nuovi accordi commerciali tra Roma e Pechino.

La Cina prova a rassicurare sulla sostenibilità della Nuova Via della Seta

Proprio per rispondere allo scrutinio internazionale, il presidente cinese Xi Jinping in un discorso introduttivo ha descritto la BRI come un club “non esclusivo” e che deve necessariamente essere “green”. Xi si è poi scagliato contro la corruzione, annunciando che la Cina “costruirà un sistema di finanziamento e investimento aperto e orientato al mercato.” Il ministro degli Esteri Wang Yi ha poi rincarato la dose parlando di necessità di costruire un partenariato globale all’insegna dello “sviluppo interconnesso”.

La Reuters descrive l’esito del forum come un “ribilanciamento” del progetto di Pechino. Allo stesso tempo però le aperture di Xi potrebbero essere lette nel senso di una mossa politica cinese finalizzata al dimostrare di tenere in conto le necessità degli altri paesi. Affermando così una politica non aggressiva nell’ambito della sua versione della globalizzazione.

Del resto, durante il Forum sono stati siglati accordi per circa 64 miliardi di dollari. Una cifra che rende bene conto dell’importanza del progetto sotto l’ottica del commercio internazionale, e che permette di evidenziarne la vitalità. Negli scorsi mesi molti accordi stretti con stati come la Malesia, il Pakistan, la Sierra Leone sono però stati oggetto di rinegoziazione, sopratutto per motivi legati all’indebitamento di questi paesi.

La Cina, impegnata in un profondo duello con gli Stati Uniti in ambito commerciale, tecnologico, strategico non può rischiare di perdere quote di soft power a livello globale. Il recente Forum di Pechino è stata allora l’occasione per dare nuova aria al progetto, rassicurando i partner internazionali.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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