Tutto ciò che c’è da sapere sui risultati delle elezioni in Spagna

Pubblicato il 29 Aprile 2019 alle 22:58 Autore: Alessandro Faggiano

Le elezioni generali spagnole celebrate il 28 aprile aprono definitivamente la strada alle europee. Ecco gli scenari e l’analisi della storica giornata.

Tutto ciò che c'è da sapere sui risultati delle elezioni in Spagna
Tutto ciò che c’è da sapere sui risultati delle elezioni in Spagna

Le elezioni generali spagnole celebrate il 28 aprile aprono definitivamente la strada alle europee e anticipano le tendenze di ciò che potrebbe succedere a fine maggio. Questo, per lo meno, nel contesto iberico. Il Partito Socialista guidato da Pedro Sánchez – attuale primo ministro e inquilino della Moncloa – ha migliorato notevolmente il risultato di 3 anni fa. Pedro Sánchez è riuscito nell’impresa di risalire la china dopo una rovinosa caduta. E adesso, “Pedro il bello” (come l’hanno definito su altre note pagine giornalistiche italiane) ha le chiavi della formazione del prossimo esecutivo. Una cosa è certa: Nella Moncloa non ci sarà bisogno di fare alcun trasloco.

Gli scenari possibili: non c’è solo il governo progressista di coalizione

Come detto, il gran vincitore di questa tornata elettorale del 28A è Pedro Sánchez. Nonostante il PSOE abbia ottenuto quasi il doppio dei seggi rispetto al secondo partito – il Partido Popular di Pablo Casado -, si è ben lontani dalla maggioranza assoluta. Pertanto, i socialisti dovranno cercare quantomeno degli appoggi esterni. Vediamo tutti gli scenari verosimilmente percorribili. In tutti i casi, stiamo parlando di un esecutivo a guida socialista.

Cresce il peso specifico dei partiti nazionalisti dopo le elezioni in Spagna

Da un lato, abbiamo l’opzione del governo di coalizione di sinistra. Ovvero: esecutivo composto da PSOE e Unidas Podemos (con quest’ultimo come “socio” di minoranza). Necessario l’appoggio esterno di PNV + Bildu e Compromís (Valencia) o del solo ERC (esquerra Republicana). Il partito di Oriol Junqueras ha stravinto le elezioni in Catalogna e godranno di un altissimo peso specifico. Ai 15 deputati eletti da ERC, si aggiungono – nell’orbita nazionalista – i 7 di JxCAT (junts por Catalunya) di Carles Puigdemont.

Nonostante il patto PSOE + UP sia stato caldeggiato fin dall’inizio – in particolare, dal leader di Podemos, Pablo Iglesias -, sembra che i socialisti cercheranno la via del governo di minoranza. Ovvero: solo il PSOE al governo, ma con appoggi esterni puntuali. In questo contesto, Sánchez potrebbe giocare una doppia partita verso il centro (Ciudadanos) e la sinistra (Podemos).

Il patto che “non s’ha da fare?”

Proprio l’alleanza di centro – PSOE + Ciudadanos – avrebbe i numeri necessari per la maggioranza assoluta (180 deputati; lì, dove il “magic number” è fissato a 178). Tuttavia, questa opzione sembra essere scartata sia dai socialisti che dal partito neoliberista. Ci sarebbero, come minimo, delle ragioni elettoralistiche di fondo. In occasione del discorso celebrativo di Pedro Sánchez, il pubblico socialista – festante in calle Ferraz – ha espresso il suo rotondo “no” all’alleanza con Ciudadanos (“con Rivera no”) e “si” a Podemos (“sì se puede, sì se puede”, motto della formazione di Pablo Iglesias). L’appoggio di Podemos al PSOE nell’ultimo anno ha garantito a Pedro Sánchez di arrivare alla Moncloa senza passare dalla porta principale (ovvero, dalle elezioni generali) e, allo stesso tempo, di portare avanti una serie di riforme fortemente progressiste (come l’incremento del salario minimo di 150 euro, l’aumento più alto nella storia della democrazia spagnola). Il riavvicinamento tra gli elettorati di riferimento “complica” il patto tra PSOE e C’s.

La frammentazione ha colpito la destra nelle elezioni in Spagna

Evento più unico che raro, la frammentazione ha colpito la destra iberica, piuttosto che la controparte progressista. Nel complesso, la destra si presentava con PP, Ciudadanos e Vox (rispettivamente conservatori, neoliberisti e ultranazionalisti). Dall’altro, c’erano solo due forze in gioco: PSOE e Unidas Podemos.

La netta vittoria dei socialisti deriva non tanto da uno spostamento deciso della cittadinanza spagnola verso la sinistra (PSOE + UP superano di poco la somma di voti di PP + Ciudadanos + Vox), quanto dalla divisione di quello che è stato soprannominato come “il trio dei costituzionalisti”. Gli effetti della frammentazione si sono avvertiti, in particolare, nelle piccole circoscrizioni: lì, dove il sistema elettorale opera con effetti maggioritari (nonostante la legge di reparto, la formula D’Hondt, sia tendenzialmente proporzionale). Nonostante la differenza tra i partiti nazionali di sinistra e destra sia di poco più di 200.00 voti, in termini di seggi è vittoria netta per l’arco progressista: 165 a 147. Si segnala come il partito più pregiudicato tra i 5 “grandi” di questa tornata elettorale sia proprio il neo-entrato Vox, il quale “paga” un seggio ben 110.000 voti, rispetto ai 60.000 del PSOE o ai 66.000 del PP.

Gli argomenti chiave del 28A

Mai come in questa tornata elettorale, l’immigrazione, l’indipendentismo e l’unità nazionale sono stati al centro dell’agenda politica e mediatica. Vox ha sviluppato il suo discorso elettorale a partire dal contrasto con il mondo musulmano, sancito dall’utilizzo reiterato della reconquista. Se da un lato si parla della corruzione culturale del Paese, dall’altro si rimarca il pericolo rappresentato dai partiti indipendentisti che vogliono rompere la Spagna. In questi termini, Vox ha marcato l’agenda mediatica e garantendosi, così, un exploit notevole (passando dallo 0,2% delle elezioni del 2016 al 10,3% del 28A). Proprio la polarizzazione sulla questione territoriale ha favorito ERC e JxCAT, partiti indipendentisti che hanno accapparato la maggioranza dei seggi ripartiti in Catalogna.

Ampio risalto è stato dato al femminismo e all’uguaglianza di genere, tema cruciale per tutti e cinque i principali partiti nazionali. Sul finire della campagna, è entrata – in maniera decisa – la complicata questione riguardante l’eutanasia. L’unico partito assolutamente contrario è stato Vox, che si è distinto rispetto agli altri due partiti della destra iberica.

Elezioni Spagna: il PP è il grande sconfitto. Fine di un ciclo?

Per un PSOE in ascesa, c’è un PP in declino. I due partiti che hanno segnato l’epoca democratica vivono situazioni diametralmente opposte. Il PP è incalzato da Ciudadanos e sembra che proprio il partito di Albert Rivera sarà il successore dei popolari. Ciò comporterebbe un cambio sostanziale nelle gerarchie della destra spagnola: dai popolari conservatori, si passerebbe alla supremazia dei neoliberisti di Rivera (di destra dal punto di vista economico, progressisti sui diritti civili). Vox potrebbe incalzare lo stesso PP per il segmento elettorale più conservatore, sfidandoli in particolare nella Spagna rurale, dove Vox ha ottenuto risultati notevoli.

Elezioni Spagna: Podemos decisivo ma in netto calo

Dall’altro lato, Unidas Podemos si conferma essere una formazione in crisi e perde quasi 30 deputati. Le lotte intestine tra Iglesias e il suo ex-numero 2, Íñigo Errejón, hanno debilitato fortemente il partito morado. Tra i momenti topici che marcano la flessione di Podemos, ricordiamo l’acquisto di uno chalet dal valore di 600.000 euro da parte del leader del partito, Pablo Iglesias, e sua moglie – nonché portavoce alla Camera dei Deputati – Irene Montero. L’acquisto dello chalet fu visto come un tradimento verso le classi popolari e fece crollare la fiducia nei leader della nuova sinistra spagnola.

Nonostante la crisi conclamata, Podemos potrebbe giocare un ruolo assolutamente determinante nella formazione del nuovo governo a trazione socialista e, financo, ottenere qualche dicastero, per sancire un’unione alla portoghese.

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L'autore: Alessandro Faggiano

Caporedattore di Termometro Sportivo e Termometro Quotidiano. Analista politico e politologo. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi di Salerno e con un master in analisi politica conseguito presso l'Universidad Complutense de Madrid (UCM).
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