Reddito di cittadinanza e rifiuto lavoro, scattano i controlli. Quali sono

Pubblicato il 4 Giugno 2019 alle 21:45 Autore: Claudio Garau

Reddito di cittadinanza e rifiuto dell’offerta di lavoro: che cosa prevede la legge attuale in merito, chi svolge i controlli e quali sanzioni ci sono.

Reddito di cittadinanza e rifiuto lavoro, scattano i controlli. Quali sono
Reddito di cittadinanza e rifiuto lavoro, scattano i controlli. Quali sono

Il reddito di cittadinanza, si sa, fa gola anche a tanti finti disoccupati, vale a dire lavoratori in nero che contano di nascondere al Fisco la loro attività professionale al fine sia di non pagare in contributi e le tasse, sia di intascare – indebitamente – il sussidio in oggetto. Vediamo come la legge vigente intende combattere il problema.

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Reddito di cittadinanza: la fonte normativa, i controlli e le sanzioni

È chiaro che una tale misura di sostegno e di lotta alla povertà, deve essere destinata soltanto a chi ne ha un bisogno effettivo, facendo riferimento, sempre e comunque, ai rigorosi parametri fissati dal legislatore, in merito ai requisiti per l’accesso a tale sussidio. Pertanto tutti coloro che, per intascare il reddito di cittadinanza, diano allo Stato informazioni o dati falsi, saranno puniti con pene severe, anche fino a 6 anni di reclusione. In verità, la normativa sulla misura di sostegno in oggetto (d.l. n. 4 del 2019, recante il titolo “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni“) non reprime soltanto la dichiarazione falsa tout-court, ma anche l’atteggiamento pigro di chi, destinatario del reddito di cittadinanza, rifiuti un’offerta di lavoro. In queste circostanze, infatti, la persona sarà segnalata alla Guardia di Finanza per gli opportuni controlli. È legittimo il dubbio che la pigrizia nasconda un lavoro in nero.

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In particolare, le sanzioni in questi casi, non sono certamente di poco conto. Tutti coloro che siano stati beccati, dopo i controlli di rito, a lavorare in nero, oppure anche con un contratto di lavoro in cui il dato sullo stipendio risulta più basso rispetto a quello realmente percepito (si fa riferimento a quello che è definito “finto part time”), saranno adeguatamente sanzionati. Si tratta della reclusione da 1 a 3 anni per mancata comunicazione della variazione del reddito da lavoro, nelle circostanze in cui l’ammontare del reddito derivante dal lavoro comunque svolto, comporti la revoca o la diminuzione del beneficio. La pena aumenta, arrivando fino a 6 anni di detenzione in carcere, in tutti i casi in cui il reddito di cittadinanza è stato ottenuto indebitamente, con dichiarazioni o documenti falsi.

Insomma, se è vero che da un lato il legislatore ha inteso venir incontro a tutti i cittadini in oggettiva difficoltà economica, dall’altro lato è altrettanto vero che ha ritenuto opportuno prevedere rigorose regole per l’accesso al reddito di cittadinanza e rigorose sanzioni per tutti coloro che vorrebbero avvalersi del reddito di cittadinanza, come ulteriore entrata rispetto a quella risultante dal lavoro in nero.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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