Sfratto per morosità casa popolare: quando si configura e procedura

Pubblicato il 5 Agosto 2019 alle 21:15 Autore: Claudio Garau

Sfratto per morosità casa popolare: quali sono i motivi, chi può domandarlo e quali caratteristiche peculiari ha la procedura.

Sfratto per morosità casa popolare quando si configura e procedura
Sfratto per morosità casa popolare: quando si configura e procedura

Non è la prima volta che parliamo di sfratto nell’ambito dei contratti di locazione, un argomento senza dubbio attuale, diffuso e delicato. Vediamo di seguito cosa è meglio sapere in relazione alle procedure di sfratto per morosità in relazione alle case popolari.

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Sfratto per morosità casa popolare: di che si tratta e qual è la fonte di riferimento

Lo sfratto per morosità, in via generale, è quella procedura intrapresa per riavere la disponibilità del proprio immobile, a seguito del mancato pagamento dei canoni mensili pattuiti all’interno di un contratto di locazione o di affitto ad uso abitativo o commerciale. Fonte normativa essenziale di questa procedura è l’articolo 658 c.p.c. (“Intimazione di sfratto per morosità“). Insomma lo sfratto è intimato in tutte le circostanze in cui il conduttore, cioè il soggetto che ottiene in affitto un certo immobile, non paga il canone previsto al locatore, vale a dire il proprietario dell’immobile. Come accennato, ciò vale anche nelle ipotesi in cui sia in gioco una casa popolare, ovvero un’abitazione di proprietà pubblica, assegnata ai soggetti meno abbienti e con pagamento di un canone calmierato e proporzionato al reddito percepito da chi la abita. In particolare, nel caso l’inquilino sia nullatenente, il canone potrà anche essere soltanto pari a pochi euro.

Obblighi e cause che conducono allo sfratto casa popolare

Insomma i meno abbienti hanno comunque diritto ad un tetto, messo a disposizione dallo Stato per finalità di solidarietà e di lotta alla povertà. D’altra parte però, per ottenere e continuare ad abitare in una casa popolare, sono necessari alcuni requisiti di reddito e soprattutto, come accennato, il pagamento di una somma di denaro a titolo di canone di locazione. Dal punto di vista dell’iter, la procedura di sfratto ordinaria non vale per le case popolari: cambiano infatti i motivi e l’evoluzione dell’iter. Sono diversi i requisiti che, se violati, possono condurre allo sfratto per morosità casa popolare. Non soltanto il mancato pagamento dei canoni, ma anche, ad esempio, l’abuso nell’occupare una casa popolare, pur essendo già proprietari di altro appartamento, è causa legittima di sfratto; lo è anche un reddito che sia, in un secondo tempo, aumentato e che pertanto non autorizza più a restare nell’alloggio dello Stato. Altri obblighi da rispettare, al fine di non incorrere nello sfratto per morosità, saranno quelli connessi al pagamento delle spese per gli spazi comuni, ovvero attinenti al condominio. Inoltre è vietato il subaffitto o la cessione dell’appartamento ad un’altra persona, diversa dal destinatario. Insomma, vivere in una casa popolare non comporta assoluta libertà, ma anzi il diritto a continuare a restarci prevede il rispetto di vari obblighi.

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Come funziona l’iter?

L’iter è diverso da quello ordinario, dato che agisce contro l’inquilino lo Stato, non un cittadino comune. È una legge lontana nel tempo a disciplinarlo, denominata Regio Decreto n. 1165 del 1938, ovvero il testo unico disposizioni sull’edilizia popolare ed economica. Pertanto, gli istituti che hanno in gestione le case popolari, nelle circostanze di mancato pagamento del canone, possono domandare lo sfratto per morosità, con ricorso diretto al presidente del tribunale. Al ricorso va per legge allegata una dichiarazione del presidente dell’istituto, che deve comprovare la morosità dell’inquilino e il contratto di affitto registrato secondo le indicazioni normative. Di seguito il magistrato, con provvedimento di decreto di ingiunzione, intima il debitore a pagare entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione. Altrimenti, in caso di mancato pagamento, sarà attivato lo sfratto. Il decreto è titolo per procedere sia alla esecuzione sui beni mobili del debitore, sia allo sfratto. Vero è però che contro il decreto in oggetto, l’inquilino moroso può, entro il termine di quaranta giorni dalla notifica dello stesso, fare opposizione innanzi allo stesso giudice del decreto. L’opposizione non sospende l’esecuzione, ma il giudice può, in casi gravi e senza pregiudizio della decisione finale, con nuovo decreto sospendere l’esecuzione del primo decreto. Ciò fino alla sentenza sul giudizio di opposizione.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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