Crisi di governo in Italia: soluzioni, cosa succede e quando si vota

Pubblicato il 9 Agosto 2019 alle 08:34 Autore: Daniele Sforza

Lo strappo alla fine c’è stato e si può già parlare di crisi governo in Italia. E adesso cosa succede? Quando si vota e quali sono le soluzioni previste?

Crisi di governo in Italia: soluzioni, cosa succede e quando si vota

Il matrimonio tra Lega e Movimento 5 Stelle non è durato un quinquennio come i più ottimisti speravano. Invece, a ridosso delle discussioni sulla prossima Legge di Bilancio, la tensione a Palazzo Chigi ha raggiunto il culmine ed è esplosa quella che era nell’aria già da un po’ di tempo: la crisi di governo. Affronteremo i dettagli di questa crisi aperta dal leader leghista Matteo Salvini in altri articoli e approfondimenti durante la giornata: in questo articolo, invece, andiamo a vedere cos’è tecnicamente una crisi di governo e cosa può succedere adesso.

Crisi di governo: cos’è

Ma cos’è una crisi di governo? È quando il governo in carica, dopo aver perso la fiducia della maggioranza che lo sostiene, presenta le sue dimissioni. Una crisi può essere parlamentare (che di fatto dipende dalla sfiducia del Parlamento) ed extraparlamentare (si tratta di dimissioni volontarie del governo per cause comunque dipendenti dalla maggioranza). I motivi extraparlamentari riconducono principalmente a condizioni critiche del presidente del Consiglio o perfino morte, ma anche alle scelte politiche interne ai partiti di governo, ai dissidi tra Presidente della Repubblica (o Corte Costituzionale) e governo e infine a un importante numero di parlamentari che si “coalizza” per far cadere la maggioranza.

Come ricorda La Legge Per Tutti, riportando anche alcuni esempi storici occorsi nel nostro Paese, la crisi di governo può essere determinata da una decisione tra il Presidente del Consiglio e i partiti che formano la maggioranza di modificare l’accordo di governo (si tratta però di una crisi che spesso si risolve velocemente). Ben più imprevedibile è quando la crisi è causata dalla tensione tra il Governo e uno o più partiti che formano la coalizione. C’è poi la cosiddetta “assunzione di responsabilità” che sostanzialmente segue a una elezione che potrebbe essere amministrativa e che decreta di fatto un risultato significativo in termini negativi per il governo attualmente in carica.

Cosa succede dopo una crisi

Visto che il Parlamento non può svuotarsi e interrompere i lavori in corso fino alle nuove elezioni politiche, il governo dimissionario resta in carica fino alla data delle nuove elezioni. In realtà, queste ultime non rappresentano la sola e unica soluzione possibile. Le conseguenze di una crisi possono ricondurre a più soluzioni, invero. Il rimpasto è di fatto una di quelle alternative che ha salvato un governo dalla caduta: si tratta semplicemente di sostituire alcuni ministri e personalità politiche che non godono più della fiducia della maggioranza.

C’è poi la questione di fiducia, che è stata sovente utilizzata dai governi recenti negli ultimi anni, e che fa dipendere il futuro del governo in carica (e quindi dal Paese) dalla fiducia o sfiducia della propria maggioranza al momento di decidere, ad esempio, su un disegno di legge. “In questo senso”, scrive Edizioni Simone, “la questione di fiducia rappresenta uno strumento di pressione e di persuasione, giacché costringe i parlamentari della maggioranza a conformarsi alla disciplina di partito, pena la perdita della loro carica e dei benefici pensionistici derivanti se tale carica non copre l’intero arco della legislatura”.

La sfiducia individuale

Fino a poco tempo fa non era possibile la mozione di sfiducia individuale nei confronti di un ministro. Tuttavia, negli ultimi anni, e più precisamente dal 1986 (l’allora ministro verso il quale era stata presentata una mozione di sfiducia era Giulio Andreotti), quando l’articolo 115 del regolamento della Camera stabilì che per quanto riguardava le mozioni di sfiducia individuale bisognava seguire lo stesso iter della sfiducia al governo. Con la sentenza n. 7/1996, come ricorda OpenPolis, la Corte Costituzionale “ha posto definitivamente fine alla questione affermando che, se una camera approva una mozione di sfiducia individuale, vi è l’obbligo di dimissioni”.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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