Rumori notturni: sanzioni, pene e cosa fare per difendersi

Pubblicato il 21 Agosto 2019 alle 13:54 Autore: Claudio Garau

Rumori notturni: che cosa dice la legge in proposito e quali disposizioni rilevano. Come può il privato attivarsi al fine di ricevere tutela e risarcimento

Rumori notturni: sanzioni, pene e cosa fare per difendersi

I rumori notturni, ovvero gli schiamazzi molesti, sono un problema tipicamente estivo, che molto spesso ha conseguenze negative per il legittimo riposo notturno dei cittadini. Vediamo allora cosa dice la legge circa questo fenomeno, quali sanzioni prevede e come può il privato cittadino tutelarsi in queste situazioni.

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Rumori notturni molesti: quali sono e il contesto normativo di riferimento

Sono molte le possibili fonti di rumore che possono nuocere al riposo ed alla salute del cittadino. Tra queste, i rumori dei condomini che magari hanno il volume della musica troppo alto, oppure i rumori del bar sotto casa o provenienti da un appartamento in ristrutturazione.

È necessario però ricordare l‘art. 844 del Codice Civile (“Divieto di immissioni“), il quale dispone che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Insomma ricevere tutela e riuscire a difendersi non è sempre un’operazione così semplice.

D’altra parte soltanto al giudice spetta il potere di stabilire se effettivamente ricorrono rumori notturni molesti. E tale sua valutazione dipenderà dalla loro entità, dall’orario e dal luogo in cui sono prodotti e dalla continuazione nel tempo. Insomma, è il magistrato che valuta, discrezionalmente, decidendo secondo le risultanze di causa. Anzi è proprio la giurisprudenza, al di là della legge vigente, ad aver più volte chiarito i contorni della tutela per il singolo in caso di rumori notturni molesti.

Dal punto di vista normativo, la tutela prevista è penale, civile ed amministrativa, a riprova di quanto il problema dei rumori notturni sia effettivamente tenuto in considerazione dal legislatore. Penalmente, vale l’articolo 659 del Codice Penale, relativo al disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.

Secondo tale disposizione, il privato disturbatore con rumori notturni, rischia una pena consistente nell’arresto fino a tre mesi o il pagamento di una multa fino a 309 euro. Laddove invece il colpevole sia un esercente una professione o mestiere rumoroso, contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell’Autorità, la sanzione pecuniaria sale fino a 516 euro. Per la Corte di Cassazione, nella prima ipotesi il soggetto danneggiato dovrà dimostrare in concreto il rumore notturno molesto; nella seconda ipotesi il disturbo arrecato è dato per presunto, in considerazione dell’esercizio di una professione, oltre i limiti imposti dalla legge.

Sul piano del diritto amministrativo, appare opportuno ricordare che esistono normative speciali, le quali sono mirate a regolare e sanzionare – da un punto di vista squisitamente amministrativo – ipotesi particolari, comunque legate a rumori notturni prodotti durante l’esercizio di una attività (ad esempio quella di un bar o di altro locale notturno). Tra esse, a titolo meramente esemplificativo, ricordiamo la legge n. 447 del 1995 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico“).

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La tutela civilistica in proposito e il risarcimento danni

Dal punto di vista del diritto civile, è ammessa tutela risarcitoria per colui che riceve un danno al riposo o all’attività di lavoro, a causa di rumori notturni molesti. Anzi, il Codice Civile sancisce che i rumori notturni (detti “immissioni” nel linguaggio dell’art. 844 c.c. sopra richiamato), possano considerarsi illeciti, anche a prescindere dal superamento dei limiti di accettabilità previsti dalle normative (amministrative) in materia di inquinamento acustico e ambientale.

La Corte di Cassazione – nuovamente determinante sul tema – ha infatti stabilito che mentre il superamento di tali limiti rende comunque inaccettabili le immissioni sonore, il rispetto degli stessi non è tuttavia sufficiente a renderle in assoluto tollerabili. Insomma il privato può tutelarsi comunque, contro rumori o immissioni che di fatto costituiscano pregiudizio.

Pertanto, secondo il diritto civile, proprietario o inquilino di un immobile possono proporre verso proprietario o locatario di un altro immobile, un’azione innanzi al giudice civile, per ottenere sia l’inibitoria dell’attività rumorosa, sia il risarcimento dei danni che possono derivare dai rumori notturni molesti. Tra le voci di danno che è possibile far valere, certamente quella relativa alla perdita di valore dell’immobile o quello alla salute, inteso come danno non patrimoniale.

In conclusione, è ovviamente il giudice ad avere l’ultima parola in merito, tenendo conto del fatto che i rumori molesti, per rilevare, debbono comunque essere passibili di essere percepiti da una persona con i cinque sensi o, in alternativa, con apparecchi rilevatori. Debbono quindi essere oggettivamente individuabili.

Inoltre, il giudice deve valutare la tollerabilità dei rumori, tenendo sempre conto del modo in cui essi vengono in essere e degli interventi che ne sono all’origine. Deve, cioè, operare un bilanciamento tra le contrastanti esigenze dei proprietari, anche – laddove opportuno – mutando luoghi od opere. Ad esempio, il magistrato potrà imporre di insonorizzare l’ambiente da cui provengono i rumori.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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