Licenziamento pubblici e privati: diritti lavoratore, ecco cosa chiedere

Pubblicato il 27 Settembre 2019 alle 13:57 Autore: Claudio Garau

Licenziamento in area pubblica e privata: quali diritti, di tipo economico, possono essere rivendicati dal lavoratore licenziato verso il datore di lavoro?

Licenziamento pubblici e privati: diritti lavoratore, ecco cosa chiedere
Licenziamento pubblici e privati: diritti lavoratore, ecco cosa chiedere

Il momento del licenziamento è sempre delicato: chi lo vive, perde il lavoro e si trova costretto a cercarne un altro sperando di trovarlo – magari con caratteristiche simili al precedente – nel più breve tempo possibile. Vediamo però cosa la legge riconosce al lavoratore in caso di licenziamento, ovvero quali diritti può comunque rivendicare nei confronti del datore di lavoro.

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Licenziamento e diritti: che cosa la legge riconosce al lavoratore?

Il datore di lavoro ha, entro certi limiti, facoltà di licenziare un lavoratore, impedendo che il rapporto di lavoro con l’azienda, possa andare avanti. Tuttavia la normativa giuslavoristica riconosce al lavoratore allontanato una serie di diritti di natura propriamente economica. Anzitutto all’ex dipendente spetta il cosiddetto trattamento di fine rapporto (TFR), vale a dire la liquidazione, sempre che questi non abbia scelto l’accredito mensile della somma in busta paga.

L’interessato può domandare il versamento del TFR all’azienda, se la scelta è stata quella di farlo maturare in questa sede, oppure al fondo di previdenza complementare cui, previamente, il lavoratore ha scelto di destinarlo. Le quote annue di TFR sono 12, una per ogni stipendio mensile: pertanto non sono calcolate la tredicesima e l’eventuale quattordicesima. In estrema sintesi, il TFR è quantificato, all’atto del licenziamento, ottenendo il montante totale con la somma della retribuzione annua divisa per 13,5. Tale montante va poi aggiornato anno dopo anno, seguendo l’ “indice di rivalutazione”, fissato in misura pari al 75% dell’inflazione più 1,5% fisso. Un calcolo che può apparire complesso, ma che nella realtà pratica non lo è.

Altro fattore di natura economica da non dimenticare, in caso di licenziamento, è la richiesta dell’accredito della tredicesima e dell’eventuale quattordicesima, laddove il contratto collettivo di riferimento la preveda. Nell’ipotesi il lavoratore sia stato impiegato a tempo parziale, in caso di part-time orizzontale (si lavora tutti i giorni, ma meno ore) la tredicesima matura normalmente; in caso invece di part-time verticale (alcune giornate sono full-time, altre non si lavora), la legge impone che la tredicesima scatta soltanto se nel corso del mese, il lavoratore svolge almeno 15 giorni di lavoro.

Anche in caso di ferie non godute o godute solo in parte, al lavoratore licenziato spetta il diritto di ottenere il corrispettivo in denaro da parte dell’azienda. Analogamente, la legge riconosce un ulteriore corrispettivo all’ex-dipendente, per i permessi non goduti nell’ambito della durata del rapporto di lavoro.

Nel caso di licenziamento senza preavviso da parte del datore di lavoro, l’ex-dipendente ha diritto di ricevere un’indennità sostitutiva, vale a dire l’indennità di preavviso. Ricordiamo che il preavviso di licenziamento è il periodo di tempo che intercorre tra la comunicazione del licenziamento e l’ultimo giorno di lavoro in azienda. Tale periodo va, per legge, comunicato dal datore di lavoro direttamente nella lettera di licenziamento. Ma l’indennità in oggetto non spetta in caso di licenziamento per giusta causa.

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Inoltre, vi sono dei diritti che, in caso di licenziamento, possono essere rivendicati anche verso lo Stato. Si tratta della Naspi, ovvero l’indennità di disoccupazione, che vale quando il lavoratore ha perso il lavoro non per sua volontà (appunto perché licenziato), è disoccupato e ha dato Centro per l’impiego la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e alle attività formative, di orientamento e di politica attiva al lavoro. Tra i requisiti per ottenerla, occorre che il lavoratore abbia svolto un impiego per almeno 30 giorni entro 12 mesi e abbia versato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 mesi.

In conclusione, ricordiamo la possibilità di ottenere l’assegno di ricollocazione, vale a dire uno strumento che supporta ed aiuta le persone disoccupate (anche i licenziati) a migliorare le proprie possibilità di ricollocarsi nel mercato del lavoro; esso consiste in un importo, una sorta di voucher, da utilizzare presso i soggetti che forniscono servizi di assistenza intensiva personalizzata per la ricerca di occupazione (centri per l’impiego o enti accreditati ai servizi per il lavoro).

L’importo dell’assegno è versato non alla persona disoccupata, bensì all’ente che dà il servizio di assistenza alla ricollocazione, ed esclusivamente se la persona trova lavoro. L’importo oscilla da un minimo di 250 euro ad un massimo di 5.000 euro, in base al tipo di contratto di riferimento e al grado di difficoltà per ricollocare la persona disoccupata.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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