Quei consigli dei ministri “d’emergenza”…

Pubblicato il 2 Febbraio 2010 alle 14:08 Autore: Giuseppe Mule
Quei consigli dei ministri “d’emergenza”…

Quei consigli dei ministri “d’emergenza”…

 

Quei consigli dei ministri "d'emergenza"…

Già che ci siamo, perché non affidare a Guido Bertolaso e alla Protezione civile Spa la lotta alla ‘ndrangheta nel calabrese? E ancora: perché non trasformare la criminalità organizzata del Sud Italia, le varie mafie e Cose Nostre, in emergenze nazionali al pari di un cataclisma? In quel caso, tutte le grandi città del Mezzogiorno sarebbero appropriate per ospitare tanti provvidenziali consigli dei ministri.

 

 

La proposta sarà  provocatoria, ma dopo quello tenutosi giovedì scorso presso la Prefettura di Reggio Calabria, convocato come risposta all’attentato al Tribunale e al ritrovamento di un’auto esplosiva lungo il percorso del Presidente Napolitano in visita alla città, viene il dubbio che Berlusconi stia dando il via ad una nuova moda. Infatti, siamo giunti al terzo consiglio dei ministri in meno di due anni di governo che ha luogo fuori dal salone austero di Palazzo Chigi.

Nulla a che vedere con le riunioni del governo Prodi nella legislatura precedente. I conclavi prima nella campagna umbra di San Martino in Campo e poi nella Reggia borbonica di Caserta avevano un po’ il sapore della scampagnata e un po’ quello del seminario da summer school, ma assomigliavano soprattutto a sedute di psicanalisi di gruppo. Nel vivo dei conflitti tra le varie anime del suo tormentato gabinetto, il Professore tentava in periferia un esercizio che nella capitale sembrava impossibile: rinsaldare l’Unione che presto si sarebbe sfasciata tra una sessione di jogging e un pisolino pomeridiano.

Il governo in carica ha scelto invece di trasformare il consiglio dei ministri in una carovana itinerante che funziona come cassa di risonanza per il decisionismo del premier e della sua squadra. L’istituzione che in quanto tale vive di tradizioni, di pratiche e luoghi comuni, è stata oggetto di un radicale restyling con lo scopo di avvicinarsi al popolo che più soffre a causa di eventi calamitosi o per colpa dei suoi cattivi amministratori.

E per dare al popolo, recintato dietro apposite transenne, la possibilità di esprimersi. Manifestazioni di consenso oppure episodi di contestazione fanno da immancabile corollario alle code di ministri con ventiquattrore in mano, esposti nella loro collegialità all’umore popolare.

Napoli era stata eletta scenario del primo consiglio del Berlusconi IV già durante le settimane infuocate della campagna elettorale. Il Cavaliere chiedeva la fiducia degli italiani per risolvere la più grande vergogna che Prodi e compagnia bella avevano provocato all’Italia nel mondo: l’immagine della città partenopea sommersa dai rifiuti, con le popolazioni sulle barricate contro i timidi tentativi del governo centrale di ristabilire un minimo di ordine.

Nell’atmosfera di una città ancora maleodorante, il consiglio napoletano del Maggio 2008 decretò la nomina di Bertolaso a sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti “fermo restando l’attuale incarico e le relative competenze in materia di protezione civile e di grandi eventi”.

 

(per continuare la lettura cliccare su “2”)