Pignoramento crediti alimentari: cos’è, come funziona e limiti

Pubblicato il 12 Marzo 2020 alle 19:00 Autore: Claudio Garau

Pignoramento crediti alimentari: di che si tratta, come funziona e in quali circostanze è applicato. Quali sono i limiti invalicabili?

Pignoramento crediti alimentari cos'è, come funziona e limiti
Pignoramento crediti alimentari: cos’è, come funziona e limiti

Non è la prima volta che parliamo delle procedure di pignoramento, data la loro estrema attualità: quelle con riferimento all’appartamento del debitore, o all’affitto sono solo alcuni esempi. Qui di seguito cerchiamo invece di capire che cos’è il pignoramento per crediti alimentari, come funziona e quali sono i limiti. Facciamo il punto.

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Crediti alimentari: di che cosa si tratta?

I rapporti di credito-debito sono disciplinati con norme che assicurano tutela ai creditori che non vedono soddisfatta la loro legittima pretesa nei confronti dei debitori, nei modi e nei tempi pattuiti. Pertanto è ammesso il pignoramento dei beni riconducibili al patrimonio del debitore, secondo quelle procedure che comunemente prendono il nome di “espropriazione forzata“.

In particolare, la legge ammette il pignoramento anche dei crediti del debitore, che non sono nella sua materiale disponibilità ma che ancora sono in quella di un terzo soggetto, a sua volta debitore del debitore: si tratta della cosiddetta espropriazione presso terzi. In particolare, per i crediti alimentari è ammesso il pignoramento presso terzi sia della pensione (laddove il terzo debitore è l’istituto di previdenza), sia dello stipendio (laddove il terzo debitore sia il datore di lavoro del debitore). Tuttavia, occorre tener ben presente che, in ipotesi di pignoramento per crediti alimentari, stipendio e pensione non possono esser oggetto di pignoramento al 100%, dato che esistono dei limiti massimi.

Infatti, laddove si verta in materia di pignoramento per crediti alimentari, i suddetti limiti sono applicati dal competente giudice dell’esecuzione, in considerazione della quota del credito vantato e della pensione o stipendio pignorato. Ma cosa sono, di fatto, i crediti alimentari?

In buona sostanza, secondo il Codice Civile (art. 433) sono dei diritti dei soggetti che si trovano in stato di bisogno (anche per loro colpa) – e incapaci di provvedere da soli al proprio sostentamento in tutto o in parte – di ricevere prestazioni economiche o assistenza materiale, da parte di soggetti collegati per motivi di adozione, parentela o affinità (coniuge, figli, genitori ecc.). Per logica, il dovere in oggetto scatta anzitutto per chi si trova nel grado e nel legame familiare più vicino (secondo l’ordine qui riportato). Anche il vincolo di gratitudine può giustificare l’insorgenza di crediti alimentari, e dei corrispettivi obblighi, in caso di donazione.

È chiaro che chi reclama gli alimenti, deve tuttavia essere nelle condizioni di poter dimostrare il proprio diritto, perché ad esempio non ha alcun reddito mensile, non è riuscito a trovare lavoro o ha dovuto anzitempo chiudere l’attività commerciale o anche perché sommerso dai debiti.

Tale obbligo di far fronte ai crediti alimentari solitamente viene soddisfatto:

  • ospitando in casa propria l’avente diritto;
  • pagando un assegno alimentare, commisurato alle reali capacità economiche dell’obbligato e allo stato di indigenza del titolare dei crediti alimentari.

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Quali sono i vincoli al pignoramento di tali crediti?

A questo punto veniamo al quesito iniziale: quali sono i limiti al pignoramento dei crediti alimentari? Anzitutto, rimarchiamo che laddove l’obbligato non assista il soggetto in stato di bisogno, potrà subire l’applicazione delle regole di espropriazione forzata, versando cioè in forma coattiva ciò che non ha ancora versato. Di solito, si tratterà di un pignoramento vincolato presso terzi nei confronti dello stipendio o della pensione dell’obbligato:

  • nel caso della retribuzione, le somme percepite dai lavoratori possono essere pignorate – per tutelare i crediti alimentari – nella quota autorizzata dal presidente del tribunale competente, o da un magistrato delegato dallo stesso presidente;
  • nello specifico però se lo stipendio è versato dal datore sul conto conto corrente bancario o postale del lavoratore e l’accredito opera prima del pignoramento, in ogni caso le somme espropriabili potranno essere pignorate per la somma che supera la quota del triplo dell’assegno sociale (per il 2020, l’assegno sociale vale 459.83 euro, pertanto sarà pignorabile la parte di stipendio che supera la somma di 1.379.49 euro);
  • se invece l’accredito si verifica contestualmente al pignoramento o dopo di esso, le somme possono essere oggetto di pignoramento nella misura fissata dal magistrato, come detto sopra;
  • per quanto attiene alla pensione, la legge all’art. 454 c.p.c. ha fissato il limite minimo pignorabile oltre il quale non può essere pignorata la pensione. La soglia in questione è pari a una volta e mezzo l’ammontare dell’assegno sociale e tale cifra subisce una modifica ogni anno. Si tratta infatti del minimo vitale che va lasciato sempre alla disponibilità del debitore e non può essere pignorato. Pertanto, in materia di crediti alimentari e in relazione alla parte di pensione che supera la quota di assegno sociale (459.83 euro), è possibile il pignoramento, ma sempre nella misura disposta dal giudice.

Concludendo, ricordiamo che non sempre le pensioni possono essere pignorate, anche in ragione di crediti alimentari: le pensioni dovute a malattie, invalidità e per far fronte a situazioni di povertà, non sono aggredibili in alcun modo.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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