Coronavirus e lavoro in nero: ecco perché i lavoratori rischiano il carcere

Pubblicato il 13 Marzo 2020 alle 14:35 Autore: Daniele Sforza

Il lavoro nero è una delle vittime predilette dal Coronavirus, stando alle ultime disposizioni elencate nel DPCM dell’11 marzo 2020. Ecco perché.

Carcere
Coronavirus e lavoro in nero: ecco perché i lavoratori rischiano il carcere

Il lavoro nero è una delle vittime del Coronavirus: come ben saprete, le ultime disposizioni governative impongono di portare sempre con sé il modello di autocertificazione Coronavirus (o al massimo sarà fornito dalle forze dell’ordine). Tale modello serve a giustificare il motivo della propria uscita: ricordiamo infatti che è possibile uscire di casa solo quando è strettamente necessario (ad esempio, per fare la spesa), o per esigenze lavorative. In ogni caso le forze dell’ordine che fermano le persone che escono da casa sono tenute a fare controlli in tempo reale o successivi: se il soggetto beccato fuori sta mentendo, rischia grosso, anche e soprattutto a livello penale.

Coronavirus e lavoro nero: chi rischia il carcere e perché

Da qui il “problema” dei lavoratori in nero, che da un lato non possono giustificare la propria uscita per esigenze lavorative e dall’altro non possono mentire. Una contraddizione, un paradosso, che colpisce soprattutto baby sitter, colf e badanti (ma non solo), considerando anche che stando a dati Istat relativi al 2017 l’incidenza del lavoro irregolare (una buona parte di questo è in nero) è molto alta nel settore dei servizi e in particolare nel settore dei servizi alla persona.

Fare la spesa in due al supermercato: quando serve l’autocertificazione?

Da una parte il soggetto che compila e firma l’autocertificazione non può dire di non stare andando a lavorare, altrimenti rischia di essere arrestato (fino a 3 mesi di carcere, più ammenda fino a 206 euro) per false dichiarazioni e attentato alla salute pubblica nel caso in cui il soggetto sia in condizione di quarantena perché febbricitante o positivo al virus. Dall’altra, qualora dica di andare a lavorare e poi si scopre che tale lavoro è in nero, il committente rischia ulteriormente grosso, stando alla normativa vigente che stabilisce sanzioni economiche pesanti per chi sfrutta i lavoratori.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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